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Massacro di Menai è un nome dato da Richard Williams Morgan (1815-1889) alla relazione di Tacito riguardo al massacro di Druidi sull'isola di Anglesey sotto il comando di Gaio Svetonio Paolino durante la conquista romana della Britannia tra il 60 e il 61 d.C.. Secondo Morgan questa carneficina provocò una guerra di religione nel Paese, dalla quale il druidismo non si riprese mai.[1][2]
Massacro di Menai parte della conquista della Britannia | |||
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Isola di Anglesey | |||
Data | 60-61 d.C. | ||
Luogo | isola di Anglesey | ||
Esito | Vittoria romana | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
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Effettivi | |||
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Perdite | |||
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Voci di battaglie presenti su Wikipedia | |||
Il termine "Menai" fa riferimento allo stretto di Menai che separa l'isola dalla terraferma.
Questo fu un evento chiave che portò alla rivolta di Budicca poiché Paolino attaccando l'isola lasciò il resto del Paese aperto agli attacchi.[3]
Tacito è l'unica fonte riguardo a questo attacco e non si conoscono fatti oltre a quelli contenuti negli Annali (14.30) e nella relazione successiva riguardo alla rivolta di Budicca nella Storia romana di Cassio Dione (62. 1-11). Questo è quanto riportato da Tacito:
«[Paolino] si preparò ad attaccare l'isola di Anglesey che aveva una forte popolazione ed era un rifugio per i fuggitivi. Fece costruire navi a fondo piatto per far fronte alle acque basse ed alle profondità incerte del mare. Così la fanteria attraversò il fiume, mentre i soldati della cavalleria la seguivano attraversando un guado e nuotando a fianco ai cavalli quando l'acqua era troppo profonda. Sulla riva opposta stava l'esercito nemico con il suo vasto numero di guerrieri armati, mentre, fra le file schierate, le donne, in abito nero come le Furie, con i capelli scomposti, agitavano le torce. Attorno, i druidi, alzando le mani al cielo e lanciando imprecazioni terribili, spaventavano i nostri soldati con uno spettacolo sconosciuto così che, come paralizzati, stettero immobili, esposti ai colpi dei nemici. Poi, sollecitati dalle acclamazioni del loro generale e dagli incoraggiamenti reciproci di non scoraggiarsi davanti ad una truppa di donne deliranti, portarono avanti i vessilli, sconfissero ogni resistenza, avvolsero il nemico fra le fiamme delle loro stesse torce. Una forza quindi sottomise i vinti, e i loro sacri boschi, soggetti a superstizioni disumane, furono distrutti. Ritennero veramente un dovere distruggere i loro altari, che erano stati coperti con il sangue dei prigionieri, nel consulto delle proprie divinità, attraverso le viscere umane.»
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