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Il massacro di Dassa (in croato: pokolj na Daksi) fu un episodio della seconda guerra mondiale nel quale i partigiani jugoslavi giustiziarono 53[1] (o secondo alcune fonti 48[2]) persone accusate di collaborare con gli ustascia, sull'isola di Dassa, poco lontano da Ragusa.
Massacro di Dassa massacro | |
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L'isola di Dassa | |
Tipo | esecuzione capitale |
Data | 24-25 ottobre 1945 |
Luogo | Dassa (Ragusa) |
Stato | Jugoslavia |
Obiettivo | Ustascia |
Responsabili | Partigiani jugoslavi |
Conseguenze | |
Morti | 48 o 53 |
Mappa di localizzazione | |
Quando i partigiani jugoslavi arrivarono a Ragusa, nell'ottobre del 1944, la strapparono ai tedeschi (che l'avevano conquistata in seguito all'armistizio di Cassibile) e arrestarono più di 300 persone. In seguito ne selezionarono 53 o 48, tra cui il sindaco di Ragusa, Niko Koprivica, e il parroco locale, Petar Perica, e li portarono sull'isola di Dassa, poco lontano dalla città.
Gli avvenimenti non furono mai chiariti e i responsabili non furono mai processati.[3] Nel 2009 la fossa comune fu ritrovata dalle autorità croate e gli esami del DNA hanno confermato l'identità di 18 vittime (su un totale di 53 corpi).[4]
Nel 2010 i corpi rinvenuti delle vittime sono stati sepolti.[5]
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