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psicologa statunitense Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Marsha Marie Linehan (Tulsa, 5 maggio 1943) è una psicologa statunitense.
Terza di sei figli, durante l'adolescenza le fu diagnosticata la schizofrenia in un istituto psichiatrico di Hartford[1]. Entrata all'Università Loyola di Chicago, nel 1968 conseguì il baccellierato in psicologia, nel 1970 la laurea e nel 1971 il dottorato in psicologia sociale e sperimentale della personalità; nel periodo alla Loyola svolse l'attività di lettrice.
Tra il 1971 e il 1972 si trasferì a Buffalo, dove entrò nel servizio di prevenzione e crisi da suicidio, divenne assistente universitaria all'Università di Buffalo e svolse attività di ricerca scientifica sulla modificazione del comportamento all'Università Stony Brook. Nel 1973 fu chiamata dall'Università Loyola come assistente universitaria fino al 1975 e contemporaneamente lavorò ugualmente come assistente universitaria alla Università Cattolica d'America fino al 1977.
Nel 1977 si spostò all'Università del Washington, in qualità di assistente universitaria nel dipartimento di psichiatria e scienze del comportamento, nel 1983 fu nominata professoressa associata e nel 1989 professoressa ordinaria di psicologia e professoressa incaricata di psichiatria e scienze comportamentali; è andata in pensione nel 2019 con il titolo di professoressa emerita[2].
Tra il 2000 e il 2001 è stata presidentessa dell'Associazione per il progresso della terapia comportamentale ed è stata presidentessa della Società di psicologia clinica; è membro dell'Associazione statunitense di psicologia e dell'Associazione statunitense di psicopatologia.
Come psicologa clinica ha elaborato la terapia dialettico comportamentale, una forma particolare di terapia cognitivo-comportamentale, per la cura del disturbo borderline di personalità[3].
Più specificatamente, la terapia dialettico comportamentale combina teorie, metodi e diverse tecniche mutuate dalla terapia dell'accettazione e dell'impegno, dal programma di riduzione dello stress basato sulla mindfulness e dalla filosofia dialettica[4][5].
La terapia dialettico comportamentale si compone di cinque moduli, ciascuno somministrato con frequenze diverse e in funzione del singolo caso in cura. I moduli sono: terapia individuale, training di gruppo per l'apprendimento di abilità e capacità relazionali, meeting tra terapeuti per l'analisi del singolo caso e gestione del transfert e controtransfert, coaching telefonico nei casi di necessità, psicoeducazione somministrata a persone affini e significative del paziente[6].
L'approccio dialettico fa riferimento alla teoria e alla tecnica utilizzata dal terapeuta che agisce simultaneamente su due obiettivi: aiutare il paziente a non giudicare negativamente sé stesso e quindi a tollerare lo stress della propria condizione patologica e al tempo stesso motivarlo e aiutarlo ad apprendere nuove abilità a capacità (skill) che consentiranno una migliore regolazione delle proprie emozioni e di avere relazioni interpersonali più soddisfacenti, aspetti che quando manifestati dal paziente in modo disfunzionale, lo conducono verso la patologia psichica[7].
Sebbene inizialmente implementata per la cura di pazienti con ideazione suicidaria cronica e autolesionismo non suicidario, la terapia dialettico comportamentale è risultata efficace con altre tipologie di disturbi mentali, risultando anche apprezzata nelle terapie di sostegno e di abilitazione/riabilitazione, attraverso l'utilizzo prevalente del training di gruppo per l'apprendimento di abilità e capacità relazionali[8][9].
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