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Mario Leoni

scrittore, commerciante e politico italiano (1847-1931) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Mario Leoni, pseudonimo di Giacomo Albertini (Torino, 2 maggio 1847Torino, 2 maggio 1931), è stato un commediografo, giornalista e politico italiano, fondatore del teatro piemontese.[1]

Dati rapidi Giacomo Albertini, Deputato del Regno d'Italia ...
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Biografia

Riepilogo
Prospettiva

Durante la sua vita, Mario Leoni svolse numerose attività, quali il commesso e poi il proprietario di un negozio di stoffe.[2]

Si dedicò anche alla vita politica e fu eletto come deputato al Parlamento e, per oltre un ventennio, assessore e consigliere comunale nella sua città.[2]

Inoltre Leoni collaborò con molti giornali e riviste, e contemporaneamente si appassionò al teatro, dapprima come autore in italiano e successivamente in dialetto.[2]

Amante del teatro, iniziò la sua carriera di autore scrivendo Il divorzio di una vedova in italiano e poi in dialetto, in opere di protesta sociale, caratterizzate dall'approfondimento della realtà contemporanea, dal linguaggio ricco di parole realistiche, anche gergali, di battute ironiche e beffarde, che nonostante qualche ingenuità si misero in evidenza per le novità dei contenuti,[3] che portarono Leoni ad essere paragonato a Vittorio Bersezio, scrittore noto per i ‘romanzi sociali’ ispirati al naturalismo di Émile Zola, e per la sua sensibilità per i problemi sociali e i contrasti di classe.[4]

Il professore Gianrenzo Clivio disse di Leoni:

«Meraviglia che di questo autore manchi almeno una scelta delle opere teatrali a stampa e l’assenza di uno studio critico serio sui suoi lavori: certo, egli ci sembra, fra gli autori del teatro piemontese, uno dei più valorosi, attento e sensibile alle suggestioni del naturalismo francese ed intelligentemente impegnato a ritrarre obiettivamente i mali e i malati morali della società.[2]»

Il 12 luglio 1871 esordì con successo al teatro Balbo con i I bancarôtié (Ij bancarottieri), incentrata sull'egoismo e sulle negatività del mondo degli affaristi senza scrupoli.[3]

L'anno seguente scrisse in endecasillabi il dramma storico Luisa d’Ast (1872).[2]

Nel 1875 realizzò Ij mal marià, basato sulle crisi famigliari causate dalla mancanza di buoni sentimenti.[2]

Dopo di che si dedicò ad un altro tema drammatico, come quello dell’alcolismo con 'L bibi (Il bicchierino di acquavite, 1877).[3]

Nel 1878 espanderà la sua analisi sui problemi sociali occupandosi di alcolismo, teppismo e violenza, nel dramma Ij baraba.[2]

Il suo capolavoro risultò Ij mal nutrì (Gli affamati), dramma sociale del 1886 focalizzato sullo sfruttamento dei contadini.[3]

Tra le sue ultime opere significative, si può menzionare la Bela Gigôgin (1911), dedicata alla storia risorgimentale.[3]

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Opere principali

  • Ij bancarôtié (1871);
  • Luisa d’Ast (1872, atto unico, in endecasillabi);
  • Ij mal marià (1875);
  • 'l bibi (1877, in quattro atti);
  • La fija dël bòrgno (dramma in tre atti);
  • L' Saut dla bela Auda (prosa a carattere storico);
  • Ij baraba (1878);
  • Ij mal nutrì (1886);
  • An nòm dla lege (1888, dramma in quattro atti);
  • Bela Gigôgin (1911);
  • Le prime viòle (atto unico);
  • Chi ch'a l'é la morosa d'Gemelli (scherzo in versi).
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Note

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

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