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politico spagnolo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Margarita Nelken (Madrid, 5 luglio 1894 – Città del Messico, 8 marzo 1968) è stata una scrittrice, critica d'arte e politica spagnola, nota intellettuale e figura centrale nel primo movimento femmista spagnolo degli anni Venti e Trenta del Novecento.
Margarita Nelken | |
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Deputata del Parlamento della Repubblica Spagnola | |
Durata mandato | 1931 – 1939 |
Dati generali | |
Partito politico | PSOE (1931-1936) PCE (1936-1942) |
Firma |
Come membro del PSOE ottenne un seggio come deputato nelle tre legislature della Seconda Repubblica. Guidò il primo sciopero delle donne nelle fabbriche di tabacco; nel 1931 incoraggiò la rivolta contadina di Castilblanco (Badajoz, provincia per la quale era stata eletta deputata) e nel 1934 la rivolta asturiana che le costò la cessazione dell'immunità parlamentare e un anno di esilio, trascorso in parte in Unione Sovietica. Il 7 novembre 1936, durante la guerra civile, guidò la resistenza di Madrid dalla radio, dalle strade e dalla stessa sede del governo, riparato a Valencia. Entrò a far parte del Partito Comunista di Spagna (PCE), da cui verrà espulsa sei anni dopo. Dopo la fine della guerra, andò in esilio in Messico, dove morì.[1]
La sorella, Carmen Eva Nelken, è stata un'attrice e scrittrice, conosciuta con lo pseudonimo di Magda Donato.[2]
María Teresa Lea Nelken y Mansberger nasce a Madrid nel 1894. I suoi genitori, proprietari di una gioielleria, sono di origine ebraico-tedesca. Studia musica, pittura, lettere; impara a parlare correntemente francese, tedesco e inglese, oltre allo spagnolo nativo[3]. All'età di 15 anni, scrive il suo primo articolo sugli affreschi di Goya della chiesa di Sant'Antonio della Florida a Madrid per la prestigiosa rivista d'arte londinese The Studio[4], seguito poco dopo da un articolo su El Greco pubblicato su Le Mercure de France.
Nel 1919 fonda in un quartiere di Madrid la "Casas Niños de España" che accoglie i figli delle madri lavoratrici single o maritate per offrire loro sostegno durante l'orario di lavoro e negli anni Venti tiene una rubrica su donne e femminismo nella rivista Blanco y Negro.[5]
Insegna per quindici anni il corso annuale di pittura al Museo del Prado e per lungo tempo ricopre la carica di membro del Museo di Arte Moderna di Madrid.
Margarita Nelken frequenta i circoli intellettuali più famosi del tempo, dove è nota per la sua vasta cultura e la sua conoscenza delle lingue. Le è stata attribuita la prima traduzione di Kafka in spagnolo, La metamorfosis, pubblicata in forma anonima nella Revista de Occidente nel 1925.
La prima fase della sua produzione letteraria (1919-1931) è legata alla sua militanza femminista.[6] Nel 1919 pubblica il suo primo libro, La condición social de la mujer en España che desterà scandalo nella società dell'epoca: ad una maestra che farà conoscere il libro ai suoi studenti, il Ministero sospenderà lo stipendio e il posto di lavoro; il vescovo della diocesi dichiarerà la sua totale avversione per quest'opera, di cui si arriverà a discutere anche in Parlamento.[7]
I suoi lavori includono il romanzo La trampa del arenal (1923), diversi racconti - fra cui Un suicidio (1923), El viaje a Paris (1925) El Orden (1931) - che trattano in modo spensierato diversi aspetti legati alla condizione femminile, e alcuni saggi, biografie di scrittrici e donne politiche spagnole: Maternología y puericultura (1926), En torno a nosotras (1927), Las escritoras españolas (1930), La mujer ante las Cortes Constituyentes (1931).[5]
La seconda fase riguarda più strettamente la sua attività politica (1931-1939) e le sue convinzioni ideologiche, a cui resterà legata anche dopo l'esilio e l'espulsione dal PCE (1939-1943): Por qué hicimos la revolución (1936), in cui analizza le cause e le conseguenze della rivoluzione delle Asturie, Las torres del Kremlin (1943), una difesa a oltranza del sistema stalinista e dell'apparato sovietico, seguita l'anno successivo dall'opera poetica Primer frente dedicata all'Armata Rossa a cui si era unito il figlio Santiago dopo la fine della guerra civile spagnola.[8][9]
L'esilio in Messico e il suo lavoro come critica d'arte la porteranno ad una ripresa della produzione - quasi esclusiva - di saggi artistici (1940-1968), come Escultura mexicana contemporánea (1951), Historia gráfica del arte occidental (1953), El expresionismo mexicano. Expresionismo en la plástica mexiacana de hoy (1964). Un'eccezione è rappresentata dal libro Los judíos en la cultura hispánica, ripubblicato in Spagna nel 2009.[10]
Nel 1931 diventa membro del Partito socialista. Candidata alle elezioni dell'ottobre 1931 per l'Agrupación Socialista di Badajoz,[2] viene eletta al Parlamento.[11] Vince anche le elezioni del novembre 1933 e del febbraio 1936. Sebbene sia una femminista, è contraria al voto per le donne, ritenendo che esse avrebbero votato seguendo le indicazioni del marito, del padre o del confessore.[12]
Fervida sostenitrice della riforma agraria, è vittima degli attacchi della destra per le sue origini ebraico-tedesche e le sue convinzioni femministe. Dopo la rivoluzione asturiana del 1934 viene accusata di ribellione militare e lascia la Spagna. Mentre è in esilio, vive a Parigi e visita la Scandinavia e l'Unione Sovietica, raccogliendo fondi per le vittime della repressione.
Tornata in Spagna nel 1936, dopo l'inizio della guerra civile spagnola, rimane a Madrid, dove è promotrice della difesa della città[5] e organizzatrice - ai fini della loro protezione - del trasferimento dei tesori artistici di Toledo nella Banca di Spagna. Fa parte del raggruppamento di donne antifasciste e dell'Associazione internazionale degli intellettuali antifascisti. È giornalista di guerra per i giornali Crónica, Estampa e Mundo Obrero e tiene discorsi radiofonici per tenere alto il morale dei miliziani. Delusa dalla leadership di Largo Caballero durante la difesa della capitale, nel dicembre del 1936 lascia il PSOE e si unisce al Partito Comunista (PCE), da cui sarà però espulsa nel 1942 per essersi opposta alla proposta politica dell'Unión Nacional Española (UNE) promossa dalla Presidente del PCE Dolores Ibárruri Gómez.[1]
Le sue convinzioni politiche non muteranno: nel 1943 scrive Las torres del Kremlin, una difesa senza ripensamenti del sistema stalinista e dell'apparato sovietico, seguito l'anno successivo dall'opera poetica Primer frente dedicata all'Armata Rossa a cui si era unito il figlio Santiago che sarebbe morto combattendo sul fronte russo a Mitrofanovka.[5]
Alla fine della guerra civile spagnola è costretta con la sorella ad andare in esilio in Messico, dove troverà lavoro come critica d'arte. L'ostracismo che le verrà riservato negli ambienti rivoluzionari, a causa della sua espulsione dal PCE, non le consentirà di seguire il movimento pittorico più importante del Messico, il muralismo, rappresentato dai pittori Diego Ribera e David Alfaro Siqueiros, membri del Partito Comunista messicano, e la orienterà verso altre tendenze: avanguardia, espressionismo, futurismo, geometrismo astratto.
In Messico scrive per diverse riviste d'arte, come Hoy, Presente, Excelsior, Tribuna Israelita, pubblica diversi saggi in cui descrive la produzione artistica messicana e un libro intitolato Los judíos en la cultura hispánica (1953), ripubblicato dall'editore Hebraica in Spagna nel 2009.[1]
La morte dei suoi due figli - Santiago nel 1944, combattendo nell'Armata Rossa durante la seconda guerra mondiale, e Magda nel 1956, vittima di un cancro - l'hanno immersa in una crisi profonda. Si lamentò che la direzione del PCE, e in particolare Dolores Ibárruri, non l'avesse informata in tempo della morte del figlio. Furono le autorità sovietiche che, alla fine della guerra, lo fecero e le consegnarono la loro decorazione presso l'ambasciata sovietica a Città del Messico. In Messico tornò in contatto con figure dissidenti del PCE come Enrique Líster, che la apprezzava profondamente, e altre personalità esiliate come il suo vecchio amico Luis Jiménez de Asúa, esiliato a Buenos Aires e presidente della Repubblica in esilio dopo la morte di Diego Martínez Barrio. La sua corrispondenza e il suo archivio si trovano nell'Archivio Storico Nazionale di Madrid.
Muore a Città del Messico il 9 marzo 1968.
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