Maestro di Castelsardo
pittore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il Maestro di Castelsardo (fl. XV-XVI secolo) è stato un pittore iberico attivo tra la fine del XV e il primo decennio del XVI secolo.



Attività
Riepilogo
Prospettiva
La sua produzione consistette in retabli tardogotici di tipologia aragonese, fortemente influenzati dalla coeva pittura fiamminga e sfiorati dai primi influssi del classicismo rinascimentale. Sono presenti sue opere in Italia (Sardegna e Calabria), Francia (Corsica), Spagna (Catalogna) e Regno Unito (West Midlands). La Sardegna è luogo di conservazione o di originaria destinazione della maggior parte delle tavole giunte fino ai nostri giorni: ciò si legherebbe agli indirizzi politici del re della Corona d'Aragona (di cui faceva parte anche il Regno di Sardegna); in particolare alla gestione dei territori di realengo[1], moltiplicatisi, nell'isola, a partire dal 1477, quando Giovanni II assunse per sé e per i suoi successori i titoli di Marchese di Oristano e Conte del Goceano[2]. In questa logica si inserisce anche l'affidamento di molte diocesi sarde a vescovi aragonesi, diversi dei quali direttamente legati all'arcidiocesi di Saragozza[3].
Il nome di convenzione "Maestro di Castelsardo" è stato coniato da Enrico Brunelli all’inizio del secolo scorso[4], a partire dalle tavole conservate nella chiesa di Sant'Antonio Abate a Castelsardo. La sua identità è stata, nel tempo, molto discussa; altrettanto controversa risulta la natura del corpus in riferimento al luogo in cui vennero realizzate le opere (ma oggi si tende a crederle frutto di un singolare fenomeno di esportazione dall'Aragona). I nomi proposti per rivelare chi si celasse dietro la sua personalità artistica sono stati numerosi: il maiorchino Martí Torner[5]; il catalano Bernat Goffer[6]; il sardo Gioacchino Cavaro o il lombardo Giacomo da Milano[7]; una bottega collettiva composta da individui di risultanza documentale[8]; infine, Joan Barceló, omonimo e forse figlio del pittore catalano vissuto in Sardegna (doc. 1485-1516)[9] e che fu autore del Retablo della Visitazione della Pinacoteca Nazionale di Cagliari.
Recentemente, è stata proposta l'identificazione del Maestro di Castelsardo con l'artista di Saragozza Jaime Lana (doc. 1478-1506), in seguito ad un rigoroso percorso di ricerca archivistica e allo studio di un elemento decorativo esclusivo degli artisti della capitale aragonese e presente in quasi tutte le opere del corpus del Maestro di Castelsardo: "le dorature a rilievo (embutido) che prevedono, in molti casi, sottili anelli umbonati, intercalati a coppie o, più raramente, a triadi di perline di piccola dimensione, disposti in serie, soprattutto lungo i bordi dei manti e delle vesti"[10]. Tale motivo, assente in tutti gli altri contesti iberici, insieme alle relazioni con il territorio sardo di un nutrito numero di individui frequentati dal Lana (anche in riferimento a commissioni artistiche), ne rendono alquanto verosimile l'identificazione con il misterioso artista. Ciò risulta supportato anche dalla prossimità che il pittore aragonese ebbe con le più alte sfere del potere, a partire dall'ingresso nella bottega di Tomás Giner, artista di possibile origine catalana, che nel 1473 risultava al servizio del futuro Ferdinando il Cattolico[11]. Alla morte del Giner, Jaime Lana ne proseguì la vicenda professionale - assumendo la direzione della bottega[12] - ma anche quella umana, unendosi in matrimonio con la vedova, Isabel González (†1505). Così come il Giner, anche Jaime Lana appare, nei documenti, a stretto contatto con le élites politiche (quasi sempre legate agli ambienti dei conversos) e con artisti di calibro internazionale al servizio di Isabella la Cattolica, come il miniaturista francese Rupert Alexandre o il rinomato ritrattista Michel Sittow (originario di Tallin ma formatosi per diversi anni a Bruges), entrambi dimoranti per qualche tempo a Saragozza. Anche questi elementi concorrono a rendere credibile l'identificazione con il Maestro di Castelsardo.
Opere
Riepilogo
Prospettiva
Opere conservate o documentate in Italia:
- Retablo di Sant’Antonio Abate (Castelsardo, Museum Ampuriense)[13] e Santo diacono (Sassari, Mus’A), che potrebbe aver fatto parte del medesimo retablo;
- Retablo dei santi Giovanni Battista e Pietro Apostolo, altrimenti detto Retablo “minore” di Saccargia (Codrongianos, Museo Ce.Do.C.);
- Retablo dei santi Pietro e Paolo (Tuili, chiesa parrocchiale)[14];
- Retablo della Porziuncola (Cagliari, Pinacoteca Nazionale), proveniente dalla chiesa di Santa Maria de Jesus del capoluogo sardo[15];
- predella del Retablo maggiore di Ardara, integrata in un complesso di tavole risalenti a data prossima al 1515 (Ardara, basilica di Nostra Signora del Regno)[16];
- Predella con Apostoli (frammenti), ritrovata come materiale di reimpiego in due altari barocchi della chiesa di Santa Chiara di San Gavino Monreale (Ales, Museo Diocesano)[17];
- Annunciazione (episcopio di Iglesias);
- San Francesco rinuncia ai beni terreni, di provenienza sconosciuta, è stata acquistata qualche tempo fa sul mercato antiquario catalano (Cagliari, coll. privata)[18];
- Pietà, di provenienza sconosciuta (non più reperibile, nota attraverso documentazione fotografica)[19];
- porzione di predella con Sant’Antonio di Padova, anch’essa di provenienza sconosciuta, un tempo facente parte di una collezione privata barese e nota attraverso documentazione fotografica;
- Matrimonio mistico di Santa Caterina e san Brunone di Colonia: costituisce la più recente addizione al corpus, la tavola sembrerebbe presente ab antiquo nella chiesa di Santa Caterina di Badolato (Calabria)[20].
Opere conservate in Spagna, Francia e Inghilterra:
- Madonna del Latte, di provenienza sconosciuta (Barcellona, MNAC);
- Calvario, ugualmente di provenienza sconosciuta (già coll. priv. Roura e recentemente donato al Museo Diocesano di Tarragona);
- tre tavole del Retablo di san Vincenzo di Sarrià (Barcellona, MNAC)[21];
- Calvario e Retablo dei santi Bonaventura da Bagnoregio e Antonio di Padova (Santa Lucia di Tallano, Corsica, chiesa parrocchiale);
- Vergine col Bambino, angeli e donanti, probabile tavola centrale del Retablo della Porziuncola (Birmingham, City Museum and Art Gallery)[22].
Stile
Riepilogo
Prospettiva
Quella del Maestro di Castelsardo risulta una formula calligrafica legata allo stereotipo hispano-flamenco[23], universalmente diffuso nella penisola iberica durante il regno dei Re Cattolici. Lo stile adottato dal Maestro comprende:
- stilemi desunti dalla miniatura franco-fiamminga;
- ampio utilizzo di modelli incisori tedeschi, fiamminghi e francesi, tratti anche da illustrazioni librarie;
- la verosimile conoscenza diretta di prototipi pittorici fiamminghi di cui è nota la diffusione, anche in copia, nella penisola iberica;
- iconografie ispirate alle opere del pittore valenciano Joan Reixac;
- ipotetica conoscenza del San Michele di Orihuela di Paolo di San Leocadio[24];
- possibili prestiti iconografici legati alla cultura classicista italiana di contesto ligure, toscano e veneto;
- chiaroscuro degli incarnati di tono "scultoreo", affine a quanto esperito in pittura nelle province di Burgos e Palencia;
- interesse per il ritratto realistico, in contrasto con l'immagine di "donante" ancora diffusa a quei tempi nella penisola iberica;
- caratteristiche della struttura ad intaglio ligneo dei retabli (mazonería) e del polvarolo accostabili alle tipologie diffuse in Aragona e nel regno di Navarra[25];
- dorature a pastiglia secondo l'uso invalso a Saragozza nella seconda metà del Quattrocento e fino agli inizi del secolo successivo.
Note
Bibliografia
Altri progetti
Wikiwand - on
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.