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militare italiano (1826-1895) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Luigi Candido Grazioso Ferrari (Castelnuovo Magra, 3 ottobre 1826 – Castelnuovo Magra, 22 ottobre 1895) è stato un militare e politico italiano, pluridecorato appartenente all'Armata Sarda e poi al Regio Esercito, è divenuto celebre per aver ferito Giuseppe Garibaldi sull'Aspromonte. Già decorato con due Medaglie d'argento e una bronzo al valor militare, per il fatto d'armi sull'Aspromonte fu decorato con la Medaglia d'oro al valor militare.
Luigi Candido Grazioso Ferrari | |
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Nascita | Castelnuovo Magra, 3 ottobre 1826 |
Morte | Castelnuovo Magra, 22 ottobre 1895 |
Dati militari | |
Paese servito | Regno di Sardegna Italia |
Forza armata | Regia Armata Sarda Regio Esercito |
Arma | Arma di Fanteria |
Corpo | Bersaglieri |
Reparto | 6º Battaglione, 4º Reggimento bersaglieri |
Anni di servizio | 1845-1862 |
Grado | Tenente |
Guerre | Prima guerra d'indipendenza italiana Seconda guerra d'indipendenza italiana |
Battaglie | Battaglia di Goito Battaglia di Novara (1849) Battaglia di San Martino Giornata dell'Aspromonte |
Decorazioni | vedi qui |
i dati sono tratti da Ho sparato a Garibaldi[1] | |
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Nacque a Castelnuovo Magra il 3 ottobre 1826, figlio di Bartolomeo e Letizia Fazzi,[N 1] si arruolò volontario nel corpo dei bersaglieri nel 1845, partecipando come caporale alla prima guerra d'indipendenza italiana, nella quale fu promosso al grado di sergente. Si distinse nel combattimento di Goito[2] e successivamente nella sfortunata giornata di Novara[3] Nella seconda guerra d'indipendenza, aggregato al 5º battaglione bersaglieri,[4] fu insignito della Medaglia d'argento al valor militare per il valore dimostrato nella battaglia di San Martino del 24 giugno 1859.[5]
Si distinse nell'assedio di Ancona del 1860,[6] nel quale riuscì ad aprire le porte della città, ottenendo una seconda Medaglia d'argento al valor militare.[7] Nel prosieguo della campagna fu promosso tenente e decorato con la Medaglia di bronzo al valor militare[8] per essersi distinto durante l'assedio di Gaeta e posto a comandare una compagnia del 6º battaglione.
Nell'agosto del 1862 la sua compagnia venne aggregata al contingente comandato dal colonnello Emilio Pallavicini di Priolo, inviato a fermare la marcia di Giuseppe Garibaldi alla volta di Roma.[9] Dopo aver intercettati i garibaldini nei pressi del comune di Sant'Eufemia d'Aspromonte, le due formazioni si fronteggiarono scambiandosi alcuni colpi di fucile, prima della "soluzione pacifica" ordinata dallo stesso Garibaldi.[9] Un colpo di fucile da lui sparato raggiunse Garibaldi al malleolo e,[10] pochi secondi dopo, il tenente dei bersaglieri subì un colpo dallo schieramento avverso che gli causò un'identica ferita, per la quale subì poi l'amputazione del piede.[9]
Insignito di Medaglia d'oro al valor militare[N 2] il 30 settembre 1862[11] e congedato, tornò a risiedere nel paese natio, dove fu nominato sindaco e circondato dalla considerazione dovuta a un pluridecorato.[12] Almeno fino a quando non si venne a sapere la reale motivazione di quell'ultima medaglia, imprudentemente diffusa da un ex commilitone.[N 3] Da quel momento divenne bersaglio[9] di improperi e insulti di patrioti, repubblicani e socialisti residenti nella zona[13] tanto da doversi trasferire a La Spezia.[14] Qualche tempo rientrò definitivamente a Castelnuovo Magra, ricoprendo ancora l'incarico di sindaco fino a che si spense il 22 ottobre 1895.[15]
La sua storia è stata raccontata dai discendenti Marco Ferrari e Arrigo Petacco nel libro Ho sparato a Garibaldi. La storia inedita di Luigi Ferrari, il feritore dell'Eroe dei due Mondi[1].
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