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vescovo cattolico italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Luigi Bardone (Pavia, febbraio 1505 – Pavia, agosto 1588) è stato un teologo italiano[1]. E' noto per aver presentato i dogmi del Concilio di Trento di fronte all'imperatore Carlo V [2].
Luigi, nato dal nob. Giacomo e Bianca De Inzago, di antica e aristocratica famiglia di Pavia[3] - i Bardone compaiono iscritti già nel quattrocento nell'elenco delle famiglie nobili e patrizie pavesi nella persona del notaio ducale Carlo Bardone - compì gli studi di teologia probabilmente presso la locale facoltà teologica pavese dove fu poi Professore e Preside.
Divenne prima prevosto della chiesa di San Giovanni in Borgo e successivamente, da giovane professore di teologia dell'Università di Pavia, fu membro attivo e costante della facoltà teologica pavese, di cui fu decano. Nell'ambiente universitario divenne noto per la padronanza di otto lingue straniere tra cui l'ebraico, l'aramaico, il greco e il latino, come rileva lo storico Luca Contile. Fu professore e docente di oratoria greca e latina all'Università di Pavia dal 1559 al 1567.[4] Probabilmente fu candidato al ripristino della cattedra accademica di ebraico che taceva da quarant'anni e che avrebbe portato a Pavia il programma di insegnamento definito "trilingue" secondo il modello nato a Lovanio per impulso di Erasmo da Rotterdam.
Fu erudito oratore e scrisse vari trattati di teologia; fu membro insigne di numerose accademie, tra cui l'accademia degli Affidati con il nome "Il remoto" e con il motto hac venena fugantur.[5] Per le sue doti fu chiamato prima dal cardinale Gasparo Contarini a lavorare con lui a Roma presso il papato e più volte in Germania, e successivamente dal cardinale Gambara che lo volle a Roma ad affrontare le sfide più ardue sui dogmi del Concilio di Trento. La sua storia personale si intreccia con quella del Concilio di Trento.[2] Lavorò a lungo per "presentare personalmente" i nuovi dogmi del Concilio a Carlo V, imperatore in aperto contrasto con papa Paolo III. Quella del Contarini e del Bardone rappresentava l'ala riformatrice più moderata. Lavorò molto alla parte teologica della prima fase del concilio: si occupò di riaffermare il simbolo niceno-costantinopolitano, di fissare i canoni della Sacra Scrittura, di accettare come ufficiale la versione della Bibbia detta Vulgata.[6] Inoltre approfondì la dottrina sulla giustificazione e sul peccato originale. Si adoperò per affermare la dottrina generale dei sette sacramenti, ritenuti istituiti da Gesù Cristo ed efficaci indipendentemente dalla loro esecuzione (ex opere operato).[7] Ebbe un ruolo fondamentale nell'esame critico e teorico sui sacramenti del battesimo e della confermazione.[8]
Luigi nel 1573 divenne rettore della parrocchia di Santa Maria Nova e in tale sede ebbe un giudizio favorevole da parte del visitatore apostolico Angelo Peruzzi, vescovo titolare di Cesarea di Bitinia, durante la sua visita nella diocesi di Pavia del 1576.[9]. Divenne Protonotario Apostolico[2] durante le intense attività romane.
Lo stemma della famiglia Bardone, raffigurante un leone rosso e giallo con martello, è stato trovato in una lapide nella chiesa di San Giovanni in Borgo di Pavia, che fu successivamente demolita per ampliare il collegio Borromeo. Luigi lasciò tutti i suoi bene ai suoi nipoti che ebbero vari possedimenti in Oltrepò (a Casteggio, Montebello della Battaglia, Fortunago e Montalto pavese) e si imparentarono con le famiglie più' illustri della nobiltà pavese e parmigiana, tra cui i Malaspina - Pietro Bardone sposò nei primi del 1700 Giovanna Malaspina, figlia di Antonio Maria, marchese di Orezzoli.[10]
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