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La lotta greca (in greco antico: πάλη?, pálē) fu il più popolare sport organizzato dell'antica Grecia. Veniva assegnato un punto quando un lottatore toccava terra con la schiena, l'anca, la spalla, o era costretto a lasciare la zona di lotta. Erano necessari tre punti per vincere la partita.
Una posizione particolarmente importante in questa forma di lotta era quella in cui uno dei concorrenti giaceva sul ventre con l'altro sulla sua schiena che cercava di strangolarlo. L'atleta che stava sotto doveva cercare di afferrare un braccio di quello che gli stava sopra e cercare di farlo girare sulla schiena mentre l'atleta che era sopra doveva cercare di completare il soffocamento senza essere schienato dall'avversario.
La lotta fu il primo concorso aggiunto ai Giochi olimpici che non era una gara podistica. Venne aggiunto nel 708 a.C.[1]. Le gare si svolgevano secondo un torneo ad eliminazione fino a quando un lottatore veniva incoronato vincitore. L'area di lotta era un pletro quadro. Questo evento faceva parte del pentathlon. La lotta era considerata come la migliore espressione di forza di tutte le gare ed era rappresentata, nella mitologia greca, da Ercole.
Milone di Crotone fu uno dei più famosi lottatori dell'antichità. In una serie di giochi, nessuno osò sfidarlo, ma mentre camminava sulla skamma (zona di lotta) scivolò e cadde a terra venendo contestato dalla folla che sosteneva che non doveva essere incoronato perché era caduto. Egli sostenne che doveva essere incoronato perché era caduto solo una volta, mentre le regole richiedevano che cadesse almeno tre volte[2]. Leontisco di Messene fu anch'egli un campione famoso. Non era noto per le sue buone capacità di lotta, ma per le sue doti di flessione delle dita superiori alla norma. Egli era in grado di piegare l'avversario fino al punto di squalifica e vinse due campionati con questa tecnica[2].
Queste erano le regole del Palé:[3]
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