Lo scudo di Eracle
poema attribuito a Esiodo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Lo scudo di Eracle (in greco antico: Ἀσπὶς Ἡρακλέους?, Aspìs Hērakléous) (originariamente intitolato semplicemente Lo scudo)[1] è un poemetto greco arcaico di 480 versi esametri,[1][2][3] un tempo ritenuto di Esiodo, ma già da Aristofane di Bisanzio non attribuito a lui.[1]
Lo scudo di Eracle | |
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Titolo originale | in greco antico: Ἀσπὶς Ἡρακλέους? |
Altri titoli | Lo scudo |
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Autore | Pseudo-Esiodo |
1ª ed. originale | VII secolo a.C. |
Genere | poema |
Lingua originale | greco antico |
Ambientazione | mitologia greca |
Ispirazione
Il poema prende spunto dalla descrizione omerica dello scudo di Achille nel libro XVIII dell'Iliade. La descrizione dell'Iliade viene ripetuta tal quale, cambiandone solo una parola.
(greco antico)
«ἐν δ' Ἔρις ἐν δὲ Κυδοιμὸς ὁμίλεον, ἐν δ' ὀλοὴ Κήρ
ἄλλον ζωὸν ἔχουσα νεούτατον, ἄλλον ἄουτον,
ἄλλον τεθνηῶτα κατὰ μόθον ἕλκε ποδοῖιν·
εἷμα δ' ἔχ' ἀμφ' ὤμοισι δαφοινεὸν αἵματι φωτῶν.[4]»
«ἐν δ' Ἔρις ἐν δὲ Κυδοιμὸς ὁμίλεον, ἐν δ' ὀλοὴ Κήρ
ἄλλον ζωὸν ἔχουσα νεούτατον, ἄλλον ἄουτον,
ἄλλον τεθνηῶτα κατὰ μόθον ἕλκε ποδοῖιν·
εἷμα δ' ἔχ' ἀμφ' ὤμοισι δαφοινεὸν αἵματι φωτῶν.[4]»
(italiano)
«C'era Contesa, c'era Tumulto e la Parca Funesta,
che un uom teneva, or ora ferito, ed incolume un altro
e un altro, ai pie' ghermito, tirava, già morto, pel campo
e tutta rossa di sangue sugli omeri aveva la veste[5]»
«C'era Contesa, c'era Tumulto e la Parca Funesta,
che un uom teneva, or ora ferito, ed incolume un altro
e un altro, ai pie' ghermito, tirava, già morto, pel campo
e tutta rossa di sangue sugli omeri aveva la veste[5]»
diventa
(greco antico)
«ἐν δ' Ἔρις ἐν δὲ Κυδοιμὸς ἐθύνεον, ἐν δ' ὀλοὴ Κήρ
ἄλλον ζωὸν ἔχουσα νεούτατον, ἄλλον ἄουτον,
ἄλλον τεθνηῶτα κατὰ μόθον ἕλκε ποδοῖιν·
εἷμα δ' ἔχ' ἀμφ' ὤμοισι δαφοινεὸν αἵματι φωτῶν.[3]»
«ἐν δ' Ἔρις ἐν δὲ Κυδοιμὸς ἐθύνεον, ἐν δ' ὀλοὴ Κήρ
ἄλλον ζωὸν ἔχουσα νεούτατον, ἄλλον ἄουτον,
ἄλλον τεθνηῶτα κατὰ μόθον ἕλκε ποδοῖιν·
εἷμα δ' ἔχ' ἀμφ' ὤμοισι δαφοινεὸν αἵματι φωτῶν.[3]»
(italiano)
«Correva[6] Contesa, correva Tumulto e la Parca Funesta,
che un uom teneva, or ora ferito, ed incolume un altro
e un altro, ai pie' ghermito, tirava, già morto, pel campo
e tutta rossa di sangue sugli omeri aveva la veste»
«Correva[6] Contesa, correva Tumulto e la Parca Funesta,
che un uom teneva, or ora ferito, ed incolume un altro
e un altro, ai pie' ghermito, tirava, già morto, pel campo
e tutta rossa di sangue sugli omeri aveva la veste»
Trama
Il poema inizia con la celebrazione di Alcmena, madre di Eracle, e prosegue con la battaglia di Ercole contro Cicno, sanguinario brigante figlio di Ares, ma gran parte è dedicata alla descrizione dello scudo dell'eroe.
Da segnalare la ricerca costante dell'orrido.
Attribuzione e datazione
La breve premessa posta in cima all'opera nei manoscritti segnala che i versi dall'1 al 56 sono estratti dal IV libro del Catalogo delle donne, cosa che portò Aristofane di Bisanzio a supporre che l'opera non fosse davvero esioidea. La stessa premessa ci informa anche che Megacle di Atene,[7] Apollonio di Rodi e Stesicoro propendevano per l'autenticità.
L'ipotesi di Aristofane è stata confermata da due papiri di Ossirinco contenenti la parte del Catalogo che precede i versi 1-56 dello Scudo e i primi versi dello Scudo stesso.[8] Il testo stesso non lascia alcun dubbio
Lo Scudo, sulla base di evidenze esterne e interne, può essere datato all'inizio del VI secolo a.C. Le prime rappresentazioni del mito di Eracle e Cicno appaiono sui vasi attici verso il 565 a.C. e testimoniano una buona conoscenza dell'opera, compresi i dettagli. L'introduzione dell'opera indica come Stesicoro accettasse l'attribuzione a Esiodo. Questo poeta (autore di un Cycnos oggi perduto che riportava una tradizione differente da quella dello Scudo) operò tra il 570 e il 540 a.C. Questo pone il terminus ante quem per la composizione del poemetto verso il 570 a.C.
Note
Bibliografia
Altri progetti
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