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creatura dell'antica mitologia greca Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Leone di Nemea (in greco antico: Νεμέος λέων?, Neméos léōn) o Leone Nemeo, è una creatura della mitologia greca.
Il mito parla di un enorme leone che tormentava la popolazione di Nemea la cui pelliccia era impenetrabile dalle armi, poiché non poteva essere ferita da ferro, bronzo o dalla pietra ed era necessaria la sola forza della mano umana per la sua sottomissione[1].
Secondo Esiodo era figlio di Ortro e Chimera[2] oppure, secondo Apollodoro era figlio di Tifone[3], mentre Igino invece, scrive che sia figlio di Selene[4][5].
Per Esiodo anche la Sfinge sarebbe nata dai suoi stessi genitori (Ortro e Chimera) e i due sarebbero così fratelli[2].
Il leone apparteneva ad Era che lo aveva cresciuto sulle colline attorno alla città di Nemea e luogo dove terrorizzava ed assaliva la gente[2].
Fu cacciato ed ucciso da Eracle che, giunto nei pressi della sua dimora, cercò invano di trafiggerlo usando arco e frecce ma, avendo la pelliccia invulnerabile ne fu protetto e non subì ferite. Da Eracle fu poi aggredito a colpi di clava e per difendersi fuggì in una caverna con due uscite, che fu però bloccata dall'avversario che poi continuò ad assalirlo entrando dall'altra parte. Intrappolato, fu poi raggiunto e cinto al collo con un braccio per essere soffocato fino alla morte. Eracle poi se lo caricò sulle spalle e lo portò a Cleone[6].
In seguito Eracle scuoiò il leone ed utilizzò per se stesso la pelliccia, ottenendo una difesa invincibile contro i nuovi pericoli che avrebbe affrontato[7].
Il leone Nemeo fu posto da Zeus tra i segni dello zodiaco, dove formò la costellazione del leone.
Igino aggiunge che già a quei tempi si pensava che il leone fosse il re degli animali e che per questo motivo sia stato messo tra le stelle[8].
Alcuni dicono anche che l'accaduto del leone sia successo a Caudium nel Sannio caudino, odierna Montesarchio, in una delle grotte del Taburno[senza fonte].
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