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Il labirinto a bracci radiali fu progettato da Olton e Samuelson nel 1976 per misurare la memoria spaziale nei ratti da laboratorio[1]. La macchina originale consiste di otto braccia equidistanziate, ognuna lunga circa 120 centimetri, che si irradiano da una piccola piattaforma circolare centrale (versioni successive usavano da 3[2] a 48 bracci[3]). All'estremità di ogni braccio è posizionato del cibo per il ratto, non visibile dalla piattaforma centrale.
La progettazione del labirinto assicura che, dopo aver controllato in ognuno dei bracci laterali, il ratto è sempre costretto a tornare alla piattaforma centrale prima di effettuare un'altra scelta. Il risultato è che il soggetto ha sempre otto possibili opzioni tra le quali scegliere. Vengono adottati dei particolari controlli per assicurarsi che i ratti non possano usare il proprio senso dell'olfatto per trovare il cibo.
Olton e Samuelson scoprirono che i ratti hanno un'eccellente memoria per i bracci visitati e non: in media durante l'esperimento i ratti intrapresero 7,0 nuovi bracci nelle loro prime 8 scelte, quindi l'88% delle prime 8 scelte in media conduceva al ritrovamento del cibo[1]. La possibilità di successo tramite scelte casuali sarebbe di 5,3 nuovi bracci nelle prime 8 scelte (una percentuale del 66%). Olton e Samuelson trovarono inoltre che ruotando i bracci del labirinto in modo da far corrispondere bracci già visitati a posizioni non ancora visitate, i ratti tendevano a visitare di nuovo i bracci, mentre evitavano di visitare bracci non ancora percorsi, ma che dopo la rotazione si trovavano in posizioni già visitate[1]. Da ciò si può inferire che i ratti nel ricordare i luoghi già visitati non fanno affidamento sui punti di riferimento interni al labirinto, bensì su punti di riferimento esterni.
Il labirinto è stato usato anche in seguito per studiare la memoria spaziale degli animali. Per esempio Olton, Collison e Werz scoprirono che la percentuale di successo nei ratti calava leggermente fino all'82% nei labirinti a 17 bracci sulle prime 17 scelte[4]. Roberts trovò che la percentuale di successo nei ratti non subiva variazioni nell'aumentare il numero di bracci da 8 a 16 e quindi a 24[5]. Cole e Chappell-Stephenson, usando labirinti dagli 8 ai 48 bracci, stimarono che il limite della memoria spaziale nei ratti si aggira intorno ai 24-32 bracci[3].
Nei ratti esistono grandi differenze nella capacità di apprendimento spaziale (valutata tramite il labirinto a bracci radiali), apparentemente correlate con le dimensioni di una particolare zona dell'ippocampo[6].
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