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La regina delle fate (Spenser)
poema scritto da Edmund Spenser Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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La regina delle fate (in inglese The Faerie Queene) è il poema epico incompiuto di Edmund Spenser, edito nel 1590.

Edmund Spenser definì The Faerie Queene come un'allegoria, in una lettera a Walter Raleigh pubblicata insieme alla prima edizione del poema.
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Struttura
È una lunga e densa allegoria delle virtù cristiane, calata nel contesto della leggenda di re Artù. L'idea originaria di Spenser era di scrivere dodici libri divisi a loro volta in dodici canti, ma la morte prematura ha fermato a metà la sua opera. Il numero dei canti, comunque, rimanda all'Eneide di Virgilio.
Il poema è scritto in strofe spenseriane (otto pentametri giambici e un verso alessandrino legati dalla rima ababbcbcc), struttura metrica poi ripresa da William Wordsworth, John Keats, Lord Byron e Alfred Tennyson.
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Temi e personaggi

In ognuno dei sei libri, vengono introdotti altrettanti cavalieri che rappresentano delle virtù. Il Cavaliere della Rossa Croce è quello della santità; Guyon della temperanza; donna Britomart della castità; seguono quelli dell'amicizia, della giustizia e della cortesia. Ogni significato è spiegato gradualmente nel corso dell'opera in maniera complessa.
Inoltre, la regina delle fate (Gloriana) e Britomart possono essere identificate nella regina Elisabetta I d'Inghilterra, il che complica ulteriormente il poema. Si inserisce così un'allegoria storica che coinvolge anche vari eventi del Cinquecento inglese e irlandese. La stessa epicità del poema rimanda alla gloria della sua nazione.
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Fortuna
La regina delle fate ha ispirato decine di scrittori, tra cui John Milton, John Keats, James Joyce e Ezra Pound.
Traduzione italiana
Il 21 novembre del 2012, oltre quattrocento anni dopo la morte di Spenser, viene pubblicata la prima traduzione integrale italiana della "Faerie Queene", a cura di Luca Manini, per Bompiani (collana "Classici della letteratura europea").[1]
Note
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