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Prospettiva

L'amore molesto (film)

film del 1995 diretto da Mario Martone Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

L'amore molesto (film)
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L'amore molesto è un film del 1995 diretto da Mario Martone, tratto dall'omonimo romanzo di Elena Ferrante.

Fatti in breve Lingua originale, Paese di produzione ...
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È stato presentato in concorso al 48º Festival di Cannes.[1]

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Trama

Riepilogo
Prospettiva

Delia, un'illustratrice napoletana trapiantata da molti anni a Bologna, viene richiamata a Napoli dalla morte improvvisa della madre Amalia, suicidatasi per annegamento. La donna non presta credito alla tesi ufficiale del suicidio, convinta che l'esuberanza, la vivacità e la positività esistenziale della madre non avrebbero permesso il gesto estremo: inizia pertanto a indagare sul passato recente della madre, sospinta anche da alcune inquietanti telefonate anonime.

I fatti e la ricostruzione frammentaria degli ultimi giorni di vita della madre portano improvvisamente alla luce avvenimenti remoti, che Delia aveva occultato e sepolto nella propria memoria, e la costringono a riconsiderare una realtà personale diversa da quella che aveva inconsciamente costruito. Delia deve ricordare e rivivere il momento in cui, condizionata dall'atteggiamento paterno violento e opprimente, rompe i rapporti con la madre, accusata dal coniuge di una relazione clandestina con il vicino di casa Nicola, soprannominato Caserta.

Infine, Delia riporta alla mente ciò che fu la causa di tutto: da bambina, Delia subì atti di pedofilia da parte del padre di Caserta, ma non denunciò l'accaduto e raccontò a suo padre che sua madre e Caserta, in realtà niente più che amici, erano amanti (ciò anche a causa di una sorta di gelosia nei confronti della madre stessa); suo padre, molto geloso della moglie la cui bellezza incantava molti uomini, prese a picchiare lei e, insieme al cognato, anche Caserta e il figlio di quest'ultimo, Antonio. Caserta, come per "vendicarsi" del padre di Delia, cominciò a inviare ad Amalia regali di ogni tipo, scatenando ogni volta la furia di suo marito, che puntualmente la malmenava. Poco tempo prima di suicidarsi, Amalia riprese i rapporti con Caserta, insieme al quale una sera andò a passeggiare in spiaggia, e durante la quale ella si allontanò da Caserta, nel frattempo addormentatosi, lasciandosi annegare.

Delia, riappacificatasi idealmente con la madre, e presa coscienza di avere con lei in comune più di quanto credesse e volesse, è pronta a far ritorno a Bologna con una rinnovata consapevolezza di sé.

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Critica

Il dizionario dei film Mereghetti lo descrive come un thriller psicologico, un melodramma, un ritratto di donna e «affresco di una città». Viene descritto anche come «un film di suoni e sensi», dove prevalgono i primi piani e i dettagli. Nel film, secondo Il Mereghetti, «la morte è l'espressione ultima di una carnalità debordante ovunque». Il dizionario loda anche il lavoro di tutti gli attori e assegna al film un giudizio di 3 su 4.[2] Lo stesso giudizio è assegnato dal dizionario Morandini; anch'esso lo descrive come un ritratto di donna «straordinario» e loda in particolare l'interpretazione della Bonaiuto, definendo comunque anche gli altri attori come la «crema della scena teatrale partenopea». Il dizionario afferma anche che il film è la «rappresentazione di una Napoli brulicante e viva che ha una forte anima femminile»[3]. Anche il dizionario dei film Farinotti si concentra sulla città di Napoli, affermando che «come la protagonista del film, ha bisogno di tornare alle radici del proprio disagio esistenziale per poter sperare di riprendere a vivere»; assegna al film un voto di 3 su 5[4].

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Premi e riconoscimenti

Note

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Bibliografia

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Collegamenti esterni

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