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trovatore francese Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Joyos de Tolosa o nelle varianti Jojos de Toloza o Joiós de Tolosa, Joios de Toloza o Joyos de Toloza, francesizzato in Joios de Toulouse (fl. 1190-1310) è stato un trovatore o forse joglar francese, probabilmente originario di Tolosa o comunque linguadociano della contea di Foix, attivo a cavallo tra il XIII e il XIV secolo[1].
Gli si attribuisce una pastorela (L'autr' ier el dous tems de Pascor) non databile, composta di tre coblas, probabilmente parte di una composizione più lunga, dato che manca della parte finale tipica di questo genere. La composizione rispecchia nella struttura la poesia "Lantelm, qui·us onra ni·us acuoill" di Lanfranco Cigala. Di questo compositore non si sa nulla tranne quanto lui stesso sembrerebbe voler affermare, dichiarando testualmente la sua origine e il suo nome dicendo di essere "de Tolza, et ai nom Joyos", ma probabilmente si tratta di un nomignolo di giullare o un senhal.[1]
Il cavaliere Joyos racconta alla pastorella (pastorela) i maltrattamenti che riceve per mano della sua signora (dompna).
[...]
A Domnidieu
prec qu.us ampar
E-us gar
de far
mal, quar
vos fe de ben, ses par,
ab cors d'agradatge;
e de faillir
vos gar, quar dir
puesc ben de ver
que per
plazer
aver
a selhs que.us van vezer,
cos fe ses follatge
Er aujatz avinen repos,
per fin cor sostraire,
que.m fes ab semblant amoros:
"Amicx, e cortes, e pros;
mas del vostr'afaire
sabrem, ans que.us lonhetz de nos,
si etz fis amaire;
mas primiers vuelh saber de vos,
qu'aissi.us vey mal traire,
Lo nom, et estar cossiros,
ni de qual reoaire
vengues." Et ieu dissi cochos:
"Leu m'es per retraire:
De tolza, et ai nom Joyos;
No.m reverta gaire,
quar nulhs socors
no.m ven d'amors,
ans muer aman,
celan
mon dan,
lauzan
midons, e sofertan,
qu'ieu am ses cor vaire;
e ges no.m pes
qu'elha.m degues
aucir, ni.m veg
naleg",
ans deg,
per dreg,
virar de son destreg
mon cor et estraire".[2]
[...]
[...]
A domineddio
prego che vi guardi
e protegga
di far
del male, ché
Lui vi fa buona, senza pari,
con grazioso sembiante;
e di fallire
vi guardi, ché, in vero,
posso ben dire
di veder che per
piacer
date
a quelli che voi vedete
cosa non senza follia.
E ascoltate l'amabile risposta,
per sottrarre il mio fin cuore,
che fece il sembiante amoroso:
"Amico, e cortese, e prode;
ma di voi vorrem
sapere, prima che ve ne andiate,
se voi amate sinceramente;
ma prima vorrei saper,
da che vi vedo sì malmesso,
il nome, e così triste,
e da qual luogo
venite". E tosto gli dissi:
"Lieve m'è dirlo:
Di Tolosa, e mi chiamo Joyos;
e [il nome] non mi dà gioia,
ché non mi soccorre
neanche in amore,
anzi muoio amando,
celando
il mio danno,
laudando
la mia donna, e soffrendo,
perché io amo senza cuore vario;
e già non penso
che lei debba
uccidermi, e vedo
un torto,
anzi,
per dritto,
sviarmi dovrei dal suo dominio
e il mio cuore sottrarle".
[...]
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