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politico uruguaiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
José Alberto Mujica Cordano (Montevideo, 20 maggio 1935) è un politico uruguaiano, conosciuto pubblicamente come Pepe Mujica[1], Presidente dell'Uruguay dal 1º marzo 2010 al 1º marzo 2015. Con un passato da guerrigliero nei Tupamaros ai tempi della dittatura, fu eletto deputato, senatore e, tra il 2005 e il 2008, fu ministro dell'allevamento, agricoltura e pesca. Fu leader del Movimento di Partecipazione Popolare (MPP), raggruppamento maggioritario del Fronte Ampio, fino alle sue dimissioni avvenute il 24 maggio 2009. Il 30 novembre 2009 vinse le elezioni presidenziali, battendo al ballottaggio Luis Alberto Lacalle.
José Mujica | |
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José Mujica nel 2023 | |
40º Presidente dell'Uruguay | |
Durata mandato | 1º marzo 2010 – 1º marzo 2015 |
Vice presidente | Danilo Astori |
Predecessore | Tabaré Vázquez |
Successore | Tabaré Vázquez |
Ministro dell'allevamento, dell'agricoltura e della pesca | |
Durata mandato | 1º marzo 2005 – 3 marzo 2008 |
Presidente | Tabaré Vázquez |
Predecessore | Martin Aguirrezabala |
Successore | Ernesto Agazzi |
Senatore della Repubblica | |
Durata mandato | 15 febbraio 2000 – 15 febbraio 2005 |
Durata mandato | 1º marzo 2015 – 14 agosto 2018 |
Durata mandato | 15 febbraio 2020 – 20 ottobre 2020 |
Deputato della Repubblica | |
Durata mandato | 15 febbraio 1995 – 15 febbraio 2000 |
Dati generali | |
Partito politico | Movimento di Partecipazione Popolare (nella coalizione Fronte Ampio) (dal 1989) In precedenza: Partito Nazionale (1952-1958) Unione Popolare (1958-1966) Tupamaros (1966-1972) |
Professione | Agricoltore |
Firma |
Dal 2005, dopo una lunga convivenza, si è sposato con la senatrice e storica leader del MPP Lucía Topolansky. Mujica è noto per il suo stile di vita di volontaria semplicità, e riceveva dallo Stato uruguaiano un appannaggio di 260 259 pesos (~8 300 euro) al mese per il suo lavoro alla guida del Paese[2], ma ne donava circa il 90% a favore di organizzazioni non governative e a persone bisognose[2]. La sua automobile è un Volkswagen Maggiolino del 1987[3], donatagli da alcuni amici e che si è rifiutato di vendere nonostante offerte cospicue[3]. Vive in una piccola fattoria a Rincón del Cerro, alla periferia di Montevideo[2]. Anche durante il suo mandato aveva rinunciato a vivere nel palazzo presidenziale. In riferimento alla piccola quota di stipendio che tratteneva per sé (più o meno 800 euro) che lo fece soprannominare anche il "Presidente più povero del mondo"[4], Mujica dichiarò in un'intervista al quotidiano colombiano El Tiempo che tale quantità di denaro gli era sufficiente, alla luce del fatto che molti suoi connazionali devono vivere con meno[2].
Il 20 ottobre 2020, con le dimissioni dal Senato, ufficializza il suo ritiro a vita privata[5].
José Mujica nacque il 20 maggio 1935 da Demetrio Mujica, discendente da antenati baschi, e Lucia Cordano, originaria della Liguria. La famiglia di sua madre era molto modesta ed aveva origini nel paesino di Favale di Malvaro[6] in Val Fontanabuona, in provincia di Genova[7].
I suoi nonni materni si stabilirono a Carmelo in Uruguay, dove riuscirono a comprare due ettari di terreno nella Colonia Estrella e lo misero tutto a vigna. Anche suo padre era un agricoltore, che però finì in rovina e morì nel 1940, quando Mujica aveva 5 anni. Dai 13 ai 17 anni il giovane Pepe si dedicò al ciclismo, appartenendo successivamente a diversi club sportivi della regione mano a mano che saliva di categoria.
Suo zio materno, Ángel Cordano, era nazionalista e peronista e influenzò molto la formazione politica di Mujica. Nel 1956 conobbe, tramite sua madre che militava nel suo partito, l'allora deputato nazionalista Enrique Erro e da allora iniziò a militare nel Partito Nazionale, divenendone Segretario Generale del settore giovanile.
Alle elezioni del 1958 trionfò per la prima volta il cosiddetto Herrerismo e Erro fu designato ministro del Lavoro, accompagnato da Mujica che però non aveva nessun incarico ufficiale. Nel 1962, Erro e Mujica abbandonarono il Partito Nazionale per creare l'Unione Popolare assieme al Partito Socialista dell'Uruguay e ad un piccolo gruppo chiamato Nuova Base, partecipando alle elezioni per la presidenza della repubblica con il candidato comune Emilio Frugoni: perdettero nettamente, ottenendo soltanto il 2,3%.
Nei primi anni sessanta aderì al neonato movimento dei MLN - Tupamaros (Movimiento de Liberación Nacional), un'organizzazione di guerriglia urbana di ispirazione marxista-leninista, ispirato dalla rivoluzione cubana e alla difesa dei diritti dei lavoratori della canna da zucchero (cañeros) del nord del paese sindacalizzati da Raúl Sendic Antonaccio. Il nome al movimento fu dato ispirandosi al romanzo Ismael del 1888 di Eduardo Acevedo Díaz che parlava delle truppe dei "contadini, nativi o criollos, rappresentati nel testo come gli uomini al seguito del libertador José Gervasio Artigas e comparati da spagnoli e proprietari terrieri alle truppe al seguito di Túpac Amaru II"[8], "l'autore spiegava come la denominazione tupamaro fosse usata spregiativamente dalla classe dominante (...) Si scelse il riferimento storico ai tupamaros di José Gervasio Artigas (...) con l'obiettivo di dargli una connotazione più aperta e capace di andare oltre i tradizionali riferimenti troppo legati alla sinistra eurocentrica (...)"[9].
Nel corso di varie azioni ricevette ben 6 ferite da arma da fuoco, e nel 1969 partecipò alla breve occupazione di Pando, una città vicina a Montevideo. Mujica fu arrestato in quattro diverse occasioni e fu tra i prigionieri politici che riuscirono a evadere dalla prigione di Punta Carretas nel 1971. Fu comunque ricatturato un anno dopo e condannato da un tribunale militare sotto il governo di Jorge Pacheco Areco, che aveva sospeso diverse garanzie costituzionali.
Dopo il colpo di Stato militare del 1973, organizzato dal presidente e dittatore Juan María Bordaberry, fu trasferito in un carcere militare dove rimase rinchiuso per quasi 12 anni[10], la maggior parte dei quali passati in completo isolamento in un braccio ricavato da un pozzo sotterraneo[11]. Fu uno dei 9 dirigenti tupamaros prigionieri che la dittatura civile-militare chiamava rehenes ("ostaggi"), ossia persone che, in caso di ulteriori azioni militari dei Tupamaros in libertà, sarebbero state immediatamente fucilate.
Altri rehenes erano un altro dirigente tupamaro, Eleuterio Fernández Huidobro, poi diventato ministro della difesa, lo scrittore Mauricio Rosencof[12], che raccontò di aver subito torture, e il fondatore del loro movimento, Raúl Sendic Antonaccio, con i quali riuscì a mantenere i contatti in carcere, malgrado le inumane condizioni di detenzione. Mujica, come affermato da lui stesso, a causa dell'isolamento soffrì di gravi problemi di salute, specialmente psicologici, arrivando ad avere allucinazioni uditive e paranoia.[13]
Nel 1985, quando la democrazia costituzionale fu ristabilita, Mujica fu liberato grazie ad un'amnistia della quale beneficiarono sia guerriglieri sia golpisti, coprente crimini di guerra e fatti di guerriglia commessi dal 1962 in poi. Tale amnistia sarà revocata per crimini contro l'umanità, ottenendo il processo e la condanna dell'ex dittatore Bordaberry.
Dopo qualche anno di apertura democratica, Mujica e altri dirigenti tupamaros, assieme ad altri gruppi di sinistra, crearono il Movimento di Partecipazione Popolare (MPP), all'interno della coalizione del Fronte Ampio. Alle elezioni del 1994 fu eletto deputato nella circoscrizione di Montevideo e dichiarò di "sentirsi come un fioraio in parlamento", facendo riferimento alla sua attività professionale nell'agricoltura. Malgrado ciò, la sua presenza nell'arena politica catturò subito l'attenzione del pubblico.
Alle elezioni del 1999 fu eletto senatore e in quell'anno fu pubblicato il libro Mujica di Miguel Ángel Campodónico (un altro oriundo ligure), che racconta la vita e il pensiero del guerrigliero convertito al parlamentarismo. Alle elezioni del 2004 il suo movimento ottenne la più alta percentuale di voti mai raggiunta fino ad allora, facendone la prima forza del Fronte Ampio, cosa che aumentò grandemente l'influenza e l'autorevolezza di quest'ultimo all'interno della coalizione di governo.
Il 1º marzo 2005 fu nominato ministro dell'Allevamento dal neoeletto Presidente della Repubblica Tabaré Vázquez; il suo sottosegretario era Ernesto Agazzi, ingegnere agronomo specializzato. Mujica è stato accusato - a torto - di scarsa professionalità, occupato più nella campagna elettorale che nella guida del suo dicastero, tant'è che il vero "ministro" era considerato proprio Agazzi, ritenuto più adatto alla guida di tale ministero[14].
Tuttavia Mujica è stato il ministro più popolare, proprio per la sua vicinanza alla gente e per il suo carisma, che lo hanno reso molto popolare tra l'elettorato uruguaiano. Mujica è inoltre apprezzato per il suo dialogo con la gente[15]. Il 3 marzo 2008 lasciò la sua carica a favore di Agazzi per candidarsi alla Presidenza per le elezioni del 2009 ed ottenne il seggio di senatore. Gli altri candidati alle primarie erano Danilo Astori e Marcos Carámbula, anche se il Presidente Vázquez indirettamente appoggiava Astori.
Tra le prime proposte di Mujica ci fu il riavvicinamento all'Argentina dei coniugi Néstor e Cristina Kirchner. Nel 2006, infatti, era sorta una crisi diplomatica a causa della costruzione, da parte del governo dell'Uruguay, di una cartiera sul Rio Uruguay, dalla quale sono sorte polemiche con il governo peronista dell'Argentina. Mujica invitò i Kirchner a riavvicinarsi al popolo uruguaiano, cercando di superare le controversie passate[16]
Il 13 e il 14 dicembre 2008 si tenne il congresso del Fronte Ampio che aveva l'obiettivo di stilare il programma di governo per il successivo periodo presidenziale tra il 2010 e il 2015 e che candidò ufficialmente José Mujica alla presidenza. Ciò suscitò polemiche tra gli altri potenziali candidati, Danilo Astori, Marcos Carámbula, Daniel Martínez ed Enrique Rubio, che pretendevano condizioni eguali tra tutti gli aspiranti alla corsa presidenziale[17][18][19]. Successivamente sia Martinez sia Rubio rinunciarono alla competizione e i candidati alle primarie restarono tre: Astori, Carámbula e lo stesso Mujica.
Il 24 maggio 2009 Mujica lasciò la guida del suo movimento, affermando che tale scelta era stata dettata dal fatto che il candidato rappresenta non un settore specifico, ma tutto il partito[20]. Il 28 giugno 2009 Mujica fu eletto candidato presidente del Fronte Ampio con il 52% dei voti, a fronte del 39% del suo principale avversario, Danilo Astori[21]. Tra le prime proposte di Mujica figurava la vendita di parte di azioni di imprese statali[22].
Il 25 ottobre 2009 Mujica ottenne al primo turno il 48% dei voti (circa 1 105 000), contro il 29% di Luis Alberto Lacalle del Partido Nacional. Al ballottaggio, tenutosi il 29 novembre Mujica fu eletto presidente dell'Uruguay con più del 52% dei suffragi.
Mujica, che in passato sostenne e ottenne la depenalizzazione dell'aborto, sostenne poi il riconoscimento dei matrimoni gay e la legalizzazione della marijuana: «la tossicodipendenza è una malattia, guai a confonderla col narcotraffico». Mujica proponeva di non fumarla, bensì di ingerirne piccole quantità inserite nei cibi[senza fonte]. José Rubial, presidente della Corte Suprema, propose anche di distribuirla gratuitamente, per evitare che i consumatori compissero atti criminali per ottenerla (cadendo quindi nella tossicodipendenza) o la acquistassero al mercato nero, gestito dalla criminalità organizzata. Per poter monitorare il consumo di droga, Rubial propose di registrare i consumatori[23].
Questi obiettivi vennero raggiunti :
In seguito alle elezioni politiche del 2014, in cui Mujica non ha voluto ricandidarsi, è diventato nuovamente presidente, in carica dal 1º marzo 2015, il suo predecessore Tabaré Vázquez.[27]
È stato vicino al presidente venezuelano Hugo Chávez che considera "il più generoso governante che io abbia mai conosciuto". Nel 2011 si è espresso contro le operazioni militari lanciate da diversi paesi occidentali contro la Libia.
In termini generali, la sua politica è in linea con il precedente mandato. La quota della spesa sociale sul totale della spesa pubblica passa quindi dal 60,9% al 75,5% tra il 2004 e il 2013. Durante questo periodo, il tasso di disoccupazione è diminuito dal 13 al 7%, il tasso di povertà nazionale dal 40 all'11% e il salario minimo è stato aumentato del 250%.Secondo la Confederazione sindacale internazionale, l'Uruguay è diventato il paese più avanzato nelle Americhe in termini di rispetto dei "diritti fondamentali del lavoro, in particolare la libertà di associazione, il diritto alla contrattazione collettiva e il diritto di sciopero".[28]
Mujica sostiene che a guidare la vita di ciascuno debba essere il principio della sobrietà:
«...Concetto ben diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa, tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro. Io consumo il necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L'alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui che però ti tolgono il tempo per vivere... Lo spreco è [invece] funzionale all'accumulazione capitalista [che implica] che si compri di continuo [magari indebitandosi] sino alla morte.[29]»
Riconoscendo l'indispensabilità del mercato, ma criticandolo per migliorarlo, Mujica non disconosce la funzione positiva del capitalismo che «so bene che [...] serve a produrre ricchezza, quindi tasse, buone per i servizi di cui anche i poveri si avvantaggiano.»[29]
È comunque errato promettere la felicità per il futuro sacrificando la generazione del presente: occorre muoversi con una visione gradualista che abbia come obiettivo reale immediato l'eudemonia piuttosto che un improbabile edonismo.[29]
Intervistato nel novembre del 2016 dal giornalista Omero Ciai, José Mujica espone il suo pensiero su alcuni argomenti che agitano la società contemporanea.
La ricchezza complica la vita: «*...viviamo in un mondo nel quale si crede che colui che trionfa debba possedere tanto denaro, avere privilegi, una casa grande, maggiordomi, tanti servitori, vacanze extralusso. Mentre io penso che questo modello vincente sia solo un modo idiota di complicarsi la vita. Penso che chi passa la sua vita a accumulare ricchezza sia malato come un tossicodipendente, andrebbe curato.»[30]. «Non sprecate la vita nel consumismo, trovate il tempo di vivere per essere felici.»[31]
«La mia idea di felicità è soprattutto anticonsumistica. Hanno voluto convincerci che le cose non durano e ci spingono a cambiare ogni cosa il prima possibile. Sembra che siamo nati solo per consumare e, se non possiamo più farlo, soffriamo la povertà. Ma nella vita è più importante il tempo che possiamo dedicare a ciò che ci piace, ai nostri affetti e alla nostra libertà. E non quello in cui siamo costretti a guadagnare sempre di più per consumare sempre di più. Non faccio nessuna apologia della povertà, ma soltanto della sobrietà.»[30]
Sul fenomeno della globalizzazione Mujica sostiene che «No, non è possibile [eliminarla]. Sarebbe come essere contrari al fatto che agli uomini cresce la barba. Ma quella che abbiamo conosciuto finora è soltanto la globalizzazione dei mercati. Che ha come conseguenza la concentrazione di ricchezze sempre maggiori in pochissime mani. E questo è molto pericoloso. Genera una crisi di rappresentatività nelle nostre democrazie perché aumenta il numero degli esclusi. Se vivessimo in maniera saggia, i sette miliardi di persone nel mondo potrebbero avere tutto ciò di cui hanno bisogno. Il problema è che continuiamo a pensare come individui, o al massimo come Stati, e non come specie umana.»[30]
Coerentemente ad altri osservatori politici Mujica si è detto «... molto preoccupato da un'eventuale vittoria di Donald Trump perché il peso degli Stati Uniti nel mondo è tale che i disastri combinati da un presidente statunitense si possono ripercuotere su tutti noi. Però penso anche che il presidente negli Stati Uniti, per fortuna e per disgrazia, ha in fondo poteri abbastanza limitati» .[30]
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