Jan van Ruusbroec
presbitero e scrittore fiammingo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Jan van Ruusbroec, o Ruysbroeck, talvolta italianizzato in Giovanni di Ruysbroeck o Giovanni Rusbrochio e detto dottore ammirabile (Ruisbroek, 1293 – Groenendael, 2 dicembre 1381), fu un autore fiammingo di opere di mistica e spiritualità, fondatore del monastero e della congregazione dei canonici regolari di Groenendael (Valverde). Nel 1908 papa Pio X ha riconosciuto il culto tradizionalmente tributatogli e gli ha attribuito il titolo di beato.
Beato Giovanni van Ruusbroec | |
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Autore | |
Nascita | 1293, Ruisbroek |
Morte | 2 dicembre 1381, Groenendael |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Beatificazione | 9 dicembre 1908 da papa Pio X |
Ricorrenza | 2 dicembre |
Biografia
Riepilogo
Prospettiva
Nacque nel 1293 a Ruusbroec (l'odierna Ruisbroek), da cui prese il cognome. A undici anni lasciò la famiglia e si stabilì presso un suo parente, Giovanni Hinckaert, canonico della collegiata di Santa Gudula a Bruxelles, che curò la sua istruzione e la sua formazione spirituale.[1] Fu ordinato sacerdote nel 1317 e ottenne un canonicato a Santa Gudula, di cui divenne vicario: insieme al suo mentore e al canonico Francone di Caudenberg, cominciò a condurre una forma di vita più austera e la comunanza dei beni.[2]
In quegli anni si dedicò alla stesura di alcuni libelli polemici (perduti) contro le dottrine del movimento dei Fratelli del libero spirito.[1]
Nel 1343 decise di vivere una vita di contemplazione e solitudine e, insieme ai confratelli Giovanni Hinckaert e Francone di Caudenberg, si ritirò a Groenendael (Valverde), nella foresta di Soignes, dove sorgeva un romitaggio abitato da Arnoldo, Lamberto (che presto lasciò la comunità) e Giovanni, parente dei duchi di Brabante: nel 1344 il vescovo di Cambrai concesse agli eremiti di erigere una cappella e nel 1349 Ruusbroec, per dare un assetto regolare alla vita della comunità, fondò una prepositura adottando l'abito e la regola dei canonici regolari di sant'Agostino.[2]
Ruusbroec fu eletto priore di Groenendael e ricoprì tale carica fino alla morte.[2]
Si acquistò una grande fama come scrittore mistico: fu visitato nel suo monastero da Geert Groote e, forse, da Giovanni Taulero, sui quali esercitò una notevole influenza. Attraverso Groote influì anche sui Fratelli della vita comune e su Tommaso da Kempis.[1]
Anch'egli – esattamente come Meister Eckhart e il suo seguace Giovanni Taulero – riteneva che la sola via per potersi congiungere al divino fosse quella della contemplazione.[3] Tramite questo processo, tuttavia, l'uomo non viene privato della sua singolarità creaturale poiché egli è profondamente diverso da Dio, similmente a come la goccia d'olio versata nella brocca d'acqua non si amalgama interamente col liquido circostante, ma conserva la sua natura e la sua essenza distinta.[4]
Della produzione letteraria di Jan van Ruusbroec ci sono giunti undici trattati e sette lettere. Nelle sue opere offre una descrizione della vita interiore, soprattutto di tutte le fasi della vita mistica, e suggerisce dei metodi di discernimento. La sua maggiore opera è ritenuta Lo splendore delle nozze spirituali.[5]
Culto
Il 9 dicembre 1908 papa Pio X riconobbe il culto tributato ab immemorabili al canonico e gli attribuì il titolo di beato.[1]
Il suo elogio si legge nel Martirologio romano al 2 dicembre.
Opere
- Vanden Rike der Ghelieven (Del Regno degli amanti [di Dio]);
- Vander Cierheit der gheesteleker Brulocht (Dell'ornamento delle nozze spirituali);
- Van den blinckenden Steene (Della pietra scintillante);
- Van den vier Becoringen (Delle quattro tentazioni);
- Van den kerstenen Ghelove (Della fede cristiana);
- Van den gheesteliken Tabernacule (Del tabernacolo spirituale);
- Van den seven Sloten (Delle sette clausure);
- Spieghel der ewigher Salicheit (Specchio dell'eterna salute);
- Van seven Trappen inden graet der gheesteliker Minnen (Di sette gradini dell'amore spirituale);
- Van der hoechster Waerheit (ovvero Samuel: Della somma verità);
- Van den twaelf Beghinen (Delle dodici beghine [devote]);
- Van den twaelf Dogheden (Delle dodici virtù) [attribuzione dubbia].
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
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