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Ivan Olbracht, pseudonimo di Kamil Zeman (Semily, 6 gennaio 1882 – Praga, 20 dicembre 1952), è stato uno scrittore, traduttore e giornalista ceco, apprezzato per le sue indagini psicologiche e le tematiche di impegno sociale[1].
Ivan Olbracht nacque a Semily il 6 gennaio 1882, figlio dello scrittore e patriota Antal Stašek,[2] e di Kamila Schonfeldová, originaria di una famiglia ebrea di lingua tedesca nella Boemia settentrionale.[3][4]
Olbracht studiò legge a Berlino e Praga, anche se non completò i suoi studi per incominciare l'attività di giornalista in un giornale socialdemocratico ceco a Vienna, dove lavorò dal 1909 fino al 1916.[3]
Le sue prime novelle Solitari cattivi (O zlých samotářich, 1911),[4][5] ispirate alla vita dei vagabondi,[2] dimostrarono le sue capacità di indagine psicologica.[1]
Seguì il romanzo La prigione più tetra (Žalář nejtemnější, 1913),[4] incentrato sul personaggio di un commissario di polizia cieco, sospettoso della fedeltà della moglie, che coniugando gli argomenti psicologici[1] con gli elementi naturalistici, ebbe un grandissimo successo e fu tradotto in numerose lingue.[2]
Il romanzo La strana amicizia dell'attore Jesenius (Podivné přátelství herce Jesenia, 1918),[4][5] descrisse le figure contrapposte di due attori[1] dell'ambiente boemo al tempo della prima guerra mondiale.[2]
Il successivo scritto, intitolato Immagini della Russia contemporanea (Obrazy ze soudobého Ruska, 1920-1921), fu un réportage raccolto in tre volumi.[1]
All'individualismo dei protagonisti delle sue prime opere si suole contrapporre il romanzo Anna la proletaria (Anna proletařka, 1928),[5] in cui Olbracht realizzò un romanzo a tesi che, forse grazie all'impegno della tematica sociale, fu tradotto in varie lingue;[2] protagonista del libro è una servetta campagnola, che trasferitasi in città, si innamora e, seppur con difficoltà e ansie, dimostra grande fiducia e speranza, aderendo al movimento progressista.[1][4]
Nel 1929 Olbracht fu uno dei sette scrittori che firmarono una dichiarazione per protestare contro la leadership radicalizzata del partito comunista cecoslovacco; come conseguenza venne espulso dal partito e licenziato dal suo lavoro editoriale.[3][6]
Una personale esperienza di reclusione di Olbracht, per cause politiche, ispirò sia il lavoro Uno specchio chiuso con grate (Zamřížované zrcadlo, 1930), basato sull'approfondimento della psicologia dei carcerati,[1][3] sia Due lettere ed un messaggio clandestino (Dva psani a moták, 1931).[1]
Dopo un soggiorno nell'Ucraina subcarpatica, Olbracht scrisse una serie di romanzi dedicati a quella terra e alla sua cultura, tra i quali Una terra senza nome (Země bez jména, 1932), Montagne e secoli (Hory a staleti, 1935), Golet nella vallata (Golet v údoli, 1937), descrizione della vita degli Ebrei ortodossi,[1][3][5] e soprattutto Il brigante Nikola Suhaj (Nihola Šuhaj loupežník, 1933),[2][5] dedicato al personaggio di un brigante, amico del popolo, che va incontro alla morte per colpa di un traditore.[1][3][4][6]
Gli ultimi lavori di Olbracht spaziarono dalle tematiche religiose, come nei Racconti biblici (Biblické příběhy, 1939),[3][4] a quelle storiche boeme, presenti in Da antiche cronache (Ze starých letopisů, 1940).[1]
Infine il romanzo Il conquistatore (Dobyvatel, 1947), dedicato a Hernán Cortés, ma con legami con la figura più recente di Adolf Hitler.[1]
Nel 1947 lo Stato gli conferì il titolo di Artista nazionale.
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