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Inerzia

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Inerzia
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In fisica classica, in particolare in meccanica, l'inerzia di un corpo è la proprietà che determina la resistenza alle variazioni dello stato di moto, ed è quantificata dalla sua massa inerziale.

Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Inerzia (disambigua).
L'inerzia e l'assenza di forze di attrito assicurano la rotazione continua della Terra attorno al proprio asse.

L'inerzia è definita dal primo principio della dinamica, il principio di inerzia (o prima legge di Newton), secondo cui un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme a meno che non intervenga una forza esterna a modificare tale stato.

Il concetto di inerzia è correlato a diverse grandezze fisiche, come il momento di inerzia, che ne misura la resistenza alle accelerazioni angolari.

Il termine "inerzia" viene utilizzato anche in senso più generico in contesti non meccanici, dove significa resistenza alla variazione di una qualche grandezza nel tempo; ad esempio nell'ambito di considerazioni termodinamiche qualitative è relativamente frequente parlare di "inerzia termica", intendendo con tale termine generico il calore specifico o la capacità termica di un corpo.

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Definizione galileiana e newtoniana

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Lo stesso argomento in dettaglio: Principi della dinamica.
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Inerzia di un pallone, che tende a rimanere nello stato di quiete (a sinistra), oppure di moto (a destra), a meno che tale stato non venga modificato dall'intervento di una forza esterna.

Il principio di inerzia fu scoperto da Galileo Galilei e dettagliatamente descritto in due sue opere, rispettivamente, nel 1632 e nel 1638: il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo e Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attenenti alla mecanica e i movimenti locali. La sua prima enunciazione formale è di Isaac Newton (Philosophiae Naturalis Principia Mathematica): se un corpo è fermo o si muove di moto rettilineo uniforme, vuol dire che non è soggetto a forze oppure che la risultante delle forze che agiscono su di esso è nulla. Viceversa, se la risultante delle forze applicate a un corpo è nulla, esso è fermo o si muove di moto rettilineo uniforme.

Newton, nei Principia, dedica all'inerzia la Definizione 3[1]:

(latino)
«Materiae vis insita est potentia resistendi, qua corpus unumquodque, quantum in se est, perseverat in statu suo vel quiescendi vel movendi uniformiter in directum.

Haec semper proportionalis est suo corpori, neque differt quicquam ab inertia

Massae, nisi in modo concipiendi. Per inertiam materiae fit ut corpus omne de statu suo vel quiescendi vel movendi difficulter deturbetur. Unde etiam vis insita nomine significantissimo vis inertiae dici possit. Exercet vero corpus hanc vim solummodo in mutatione status sui per vim aliam in se impressam facta, estque exercitium ejus sub diverso respectu et Resistentia et Impetus: Resistentia quatenus corpus ad conservandum statum suum reluctatur vi impressae; Impetus quatenus corpus idem, vi resistentis obstaculi difficulter cedendo, conatur statum ejus mutare. Vulgus Resistentiam quiescentibus et Impetum moventibus tribuit; sed motus et quies, uti vulgo concipiuntur, respectu solo distinguuntur ab invicem, neque semper vere quiescunt quae vulgo tanquam quiescentia spectantur»
(italiano)
«La vis insita, o forza innata della materia, è il potere di resistere attraverso il quale ogni corpo, in qualunque condizione si trovi, si sforza di perseverare nel suo stato corrente, sia esso di quiete o di moto lungo una linea retta. Questa forza è proporzionale alla forza che si esercita sul corpo stesso e non differisce affatto dall'inattività della massa, ma nella nostra maniera di concepirla. Un corpo, dall'inattività della materia, è tolto non senza difficoltà dal suo stato di moto o quiete. Dato ciò questa vis insita potrebbe essere chiamata in modo più significativo vis inertiae, o forza di inattività. Ma un corpo esercita questa forza solo quando un'altra forza, impressa su di esso, cerca di cambiare la sua condizione [di moto o di quiete, NdT]; e l'esercizio di questa forza può essere considerato sia resistenza che impulso; è resistenza quando il corpo, cercando di mantenere il suo stato attuale, si oppone alla forza impressa; è impulso quando il corpo, non dando libero corso alla forza impressa da un altro cerca di cambiare lo stato di quest'ultimo. La resistenza è solitamente ascritta ai corpi in quiete e l'impulso a quelli in moto; ma moto e quiete, come vengono intesi comunemente, sono solo relativamente distinti; e d'altronde, quei corpi che comunemente sono considerati in quiete non lo sono sempre realmente.»

Il principio di inerzia vale nei sistemi di riferimento detti sistemi di riferimento inerziali: in tali sistemi l'accelerazione dei corpi è dovuta a forze reali, ossia a forze causate dall'azione o interazione di un corpo fisico su un altro; alcuni esempi sono la forza di gravità, il pallone calciato da un giocatore, la propulsione che dirige una navicella nello spazio, lontana da stelle e pianeti.

Nei sistemi di riferimento non inerziali, invece, vi possono essere forze apparenti inerziali che sembrano agire sugli oggetti, ma dovute in realtà al movimento accelerato del sistema stesso, come la spinta in avanti di un passeggero in un'auto che freni bruscamente.

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Problematicità ed evoluzione storica

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Il principio di inerzia, basato su una concezione meccanica e appunto «inerte» della materia, talora definita vis mortua,[2] era sostanzialmente estraneo al pensiero antico, che spiegava invece le leggi del divenire, anche degli enti inanimati, in analogia allo sviluppo di un organismo.[3] Un'anticipazione del concetto può essere rinvenuta nell'atomismo di Democrito,[4] ma per il resto prevaleva all'epoca una scienza del vivente,[6] qual era in particolare la filosofia di Aristotele,[5] che riconduceva ogni movimento a una causa, mentre la quiete non necessitava di una spiegazione:[7] ogni corpo, una volta ricongiunto alla propria sfera naturale secondo il suo elemento di appartenenza, avrebbe potuto muoversi solamente se mosso da qualcos'altro.[8]

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Studio geometrico della traiettoria balistica di un proiettile, in un disegno del 1547, secondo i canoni dell'epoca basati sulla teoria dell'impeto.

Il problema di chiarire perché ad esempio una pietra scagliata in aria (da parte di un essere vivente) tendesse a restare sollevata per conto suo per un certo tempo, prima di ricadere in terra, portò nella scienza medievale alla formulazione della teoria dell'impeto da parte di Buridano, nella quale si è vista una prefigurazione del moderno principio di inerzia:[9] la pietra resterebbe sollevata perché le viene impresso un impetus, cioè una forza, che resta insita in essa fino ad esaurirsi.[7]

Sarà con Galileo Galilei che l'introduzione esplicita del termine inerzia,[10] legato al principio di conservazione del moto, aprì invece la nuova prospettiva in base alla quale, in assenza ideale di attrito, un oggetto continuerebbe il suo moto all'infinito, tramite il suo celebre esperimento dei piani inclinati, che fu comunque soltanto mentale.[7] Ogni forza veniva quindi intesa non più come causa del moto, ma solo della variazione di questo, come nel caso della gravità che modifica la traiettoria di un sasso lanciato in aria.[7]

Il principio di inerzia fu in seguito sistematizzato da Cartesio, intenzionato a ridurre la fisica alla cinematica,[11] cioè ad una misurazione puramente quantitativa del moto dei corpi, concepiti meccanicamente come mera estensione nello spazio, o materia quiesciens,[12] senza più residui animistici di forze causali.[13]

Il suo rivale Leibniz ritenne insufficiente questa visione, sostenendo come l'inerzia, proprio perché responsabile del costante movimento di un corpo, nel quale era insita, non dipendente cioè da forze esterne ma anzi in grado di resistervi, andasse intesa come una «forza viva», anziché morta o inanimata:[14] una sorta di energia vitale, tendente a conservarsi.[14] Il principio dell'autoconservazione della propria energia era peraltro già stata espressa dal termine spinoziano conatus:[15]

«Ogni cosa, per quanto è in sé, si sforza di perseverare nel suo essere.»

Newton al contrario, pur estendendo l'inerzia anche alla capacità dei pianeti di mantenersi in movimento da soli,[7] interagendo senza contatto diretto, la descrisse come mera passività,[17] usando formule matematiche che facevano a meno di spiegazioni metafisichehypotheses non fingo»); sempre a Leibniz egli contestò la concezione di spazio e tempo come relazioni tra i corpi, facendone invece dei contenitori di riferimento assoluti, ma così andando paradossalmente contro il principio di relatività galileiano.[18]

La definizione newtoniana dell'inerzia, d'altronde, facendo riferimento ad essa come a una forza (vis insita),[17] opposta alla vis impressa, ma senza specificare lo strumento utilizzato per misurarla e identificandola sostanzialmente con la massa, ha dato origine a diverse problematiche, legate in particolare al sistema di riferimento nel quale si effettua la misura: il concetto di inerzia, come quello di forza, fu infatti storicamente criticato da molti pensatori, anche per il circolo vizioso a cui dava luogo tra queste due grandezze, creando una dipendenza reciproca nella fondazione assiomatica della meccanica.[19]

Tra gli altri vi si opposero George Berkeley, Immanuel Kant,[20] gli idealisti romantici, che videro nell'inerzia un principio deteriore associato alla meccanica newtoniana,[21] contrapposto al dinamismo organico della natura,[22] e interpretato metafisicamente alla stregua di una passività, di un ostacolo da superare contro cui occorreva esercitare la suprema attività soggettiva dell'Io;[23] ed ancora in ambito scientifico Ernst Mach, Percy Williams Bridgman e Max Jammer.

In particolare Mach, nel suo tentativo di eliminare gli elementi metafisici che persistevano nell'edificio della meccanica classica, criticò la definizione newtoniana di massa (e quindi di inerzia) come quantità di materia, fornendone una definizione più chiara (anche se non priva, a sua volta, di elementi controversi) e dalla sua opera prese le mosse la teoria della relatività generale di Albert Einstein, la quale però non risolve completamente il problema dell'inerzia, nonostante costituisca l'evento più significativo nella storia di tale concetto dopo la sua formulazione iniziale. Einstein stesso disperò di poter includere il principio di Mach all'interno della sua teoria.

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L'inerzia in meccanica relativistica e in cosmologia

Sebbene il concetto di massa (e quindi di inerzia) sia ancora utilizzato, in particolare su un piano euristico, in relatività generale le quantità fisiche rilevanti (quelle che compaiono nelle equazioni di Einstein) sono il tensore energia impulso e il tensore di Ricci: in qualche senso il concetto di inerzia è stato superato. Parafrasando Kuhn, possiamo dire che la meccanica relativistica costituisce un paradigma nuovo rispetto alla meccanica classica: di conseguenza nascono delle difficoltà nel mettere in relazione i concetti delle due teorie. All'interno del tensore energia impulso è possibile tuttavia riconoscere alcuni termini che si possono mettere in corrispondenza con la densità di massa, con la densità di quantità di moto e con il tensore degli sforzi della materia.

L'origine dell'inerzia nelle teorie più recenti

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Non esiste una teoria unicamente accettata che può spiegare l'origine dell'inerzia. Molteplici sforzi compiuti da fisici notevoli, come Ernst Mach (principio di Mach), Einstein, Dennis Sciama, e Bernard Haisch hanno incontrato notevoli critiche da parte di svariati teorici più recenti. Un altro metodo è stato suggerito da Emil Marinchev (2002)[24].

Un articolo recente dal fisico svedese-statunitense Johan Masreliez propone che il fenomeno di inerzia possa essere spiegato, se i coefficienti metrici nella linea elemento di Minkowski dovessero cambiare in conseguenza di accelerazione. Un determinato fattore di scala è stato trovato, che modella l'inerzia come effetto di tipo gravitazionale[25]. In un seguente articolo per Physica Scripta spiega come la relatività speciale può essere compatibile con un universo con una struttura cosmologica fissa e unica di riferimento. La trasformazione di Lorentz e Woldemar Voigt potrebbe modellare formazione della struttura ("morphing") delle particelle commoventi, che potrebbero conservare le loro proprietà cambiando le loro geometrie del locale spazio-tempo. Con questa la geometria si trasforma in dinamica e in una parte integrante di movimento. Esige questa geometria mutevole per essere la fonte di inerzia; si dice per generare la forza inerziale[26]. Queste nuove cosmologie non standard, teoria del cosmo in espansione scalare (SEC), sono state controllate finora principalmente dai pari delle pubblicazioni recenti[27] (2007), al più tardi[28][29] e di alcune dal resto della Comunità scientifica. Se accettata, l'inerzia potrebbe essere una qualità astuta che collegherà la relatività speciale con quella generale.

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Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

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