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racconto di Anton Čechov Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il monaco nero (in russo Чёрный монах ?, Čërnyj monaсh) è un racconto di Anton Čechov, pubblicato per la prima volta nel 1894.
Il monaco nero | |
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Titolo originale | Чёрный монах |
La dacia di Anton Čechov a Melichovo | |
Autore | Anton Pavlovič Čechov |
1ª ed. originale | 1894 |
1ª ed. italiana | 1920 |
Genere | racconto |
Lingua originale | russo |
Ambientazione | Russia, seconda metà dell'800 |
Personaggi |
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Andrej Vasil'evič Kovrin, un giovane professore universitario di Psicologia, è stanco e oberato dal lavoro; decide perciò di trascorrere qualche mese in campagna presso il suo ex tutore Egor Pesockij, un orticultore che vive con la figlia Tanja in una tenuta ricca di giardini e frutteti meravigliosi. Andrej è affascinato da una leggenda riguardante le apparizioni soprannaturali di un monaco nero, e finisce per vederlo. Andrej dapprima si preoccupa, sapendo che le allucinazioni sono segno di malattia mentale. Il monaco tuttavia gli parla, mette a tacere i suoi timori e lo convince di dover svolgere un compito importante per il progresso dell'umanità. Andrej si sente un eletto destinato a «servire la verità eterna, annoverarsi fra quelli che con migliaia d'anni d'anticipo avrebbero reso l'umanità degna del regno di Dio[1]».
Andrej sposa Tanja e ritorna in città con la moglie. Costei si accorge però della malattia del marito e lo convince a farsi curare. Andrej guarisce, le allucinazioni sono scomparse, ma con esse è scomparsa anche la gioia di vivere, essendo Andrej convinto che senza il monaco nero come guida sarà destinato alla mediocrità («Come furono fortunati Buddha, Maometto e Shakespeare che i buoni parenti e i medici non li avessero curati dall'estasi o dall'ispirazione! (...) I dottori e i buoni parenti tanto faranno che alla fin fine l'umanità rimbecillirà, la mediocrità sarà considerata genio e la civiltà perirà»[2]). Insofferente, Andrej si separa da Tanja e si unisce a Varvara Nikolaevna, una donna «che aveva due anni più di lui e lo accudiva come un bambino[3]». Intanto Andrej si ammala di tubercolosi polmonare. Per giovare alla propria salute si reca in Crimea con Varvara. La malattia progredisce e nelle fasi finali appare nuovamente il monaco nero il quale rimprovera Andrej di non aver avuto fiducia nella sua missione di genio. «Quando Varvara Nikolaevna si svegliò e uscì da dietro il paravento, Kovrin era già morto, e sul suo volto si era fissato un sorriso di beatitudine[4]».
Il racconto fu composto nell'estate 1893 a Melichovo, la residenza di campagna amata dallo scrittore. Fu pubblicato sul numero 1 del 1894 (5 gennaio 1894) della rivista L'artista (in russo Артист?, Artist), nelle pagine 1-16[5][6]. Fu tradotto per la prima volta in lingua italiana da Ettore Lo Gatto nel 1920[7].
Il monaco nero è considerata un'opera autobiografica. L'eccitazione mentale che tormenta e contemporaneamente rende felice il protagonista è simile all'eccitazione mentale dell'autore, come pure la tubercolosi, che uccide il protagonista, è la stessa patologia di cui soffriva Čechov e che lo condurrà alla morte[8][9].
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