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politico italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Igino Borin (Masi, 8 dicembre 1890 – Venezia, 23 febbraio 1954) è stato un politico italiano, deputato per il Partito Comunista Italiano dal 1924 al 1926.
Igino Borin | |
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Deputato del Regno d'Italia | |
Legislatura | XXVII |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | Partito Comunista Italiano |
Professione | operaio |
Nato a Masi l'8 dicembre 1890, Igino Borin si trasferì presto a Venezia, dove lavorò come operaio portuale e poi come cameriere.[1]
Nel 1912 si iscrisse al Partito Socialista Italiano,[1][2] in cui apparteneva alla corrente massimalista elezionista.[1] nel 1915 venne internato come elemento pericoloso.[1] Nel 1921 fu, al congresso di Livorno, tra i fondatori del Partito Comunista Italiano,[3] diventandone il primo segretario a Venezia.[1]
Imprigionato una prima volta dal fascismo nel 1923,[1][3] alle elezioni del 1924 fu eletto deputato.[3] Nella seduta del 9 novembre 1926, insieme ai deputati che avevano aderito alla secessione dell'Aventino e agli altri comunisti, fu dichiarato decaduto.[4]
Arrestato e mandato inizialmente al confino a Favignana,[2] fu condannato dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato nello stesso processo di Antonio Gramsci a 17 anni di carcere;[3] liberato per amnistia nel 1934[3] o nel 1935,[1] fu riarrestato nel 1936[3] e confinato nuovamente a Ponza e Ventotene[2] per cinque anni;[1] liberato nel 1941, fu condannato di nuovo nello stesso anno ad altri cinque anni di confino.[1]
Liberato nel luglio 1943,[1][3] dall'autunno guidò un contingente partigiano nella zona di Campagna Lupia e Camponogara,[5] per poi diventare commissario politico della Brigata Gramsci di Venezia,[3] che era collegata alla Brigata Garibaldi "Padova".[2]
Nell'immediato dopoguerra, fu deputato della Consulta Nazionale, e quindi vicepresidente della Deputazione provinciale di Venezia, consigliere comunale e provinciale sempre a Venezia.[3]
Dopo una lunga malattia, morì a Venezia il 23 febbraio 1954.[3]
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