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pittore italiano (1889-1975) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Guido Alberto Trentini (Verona, 9 ottobre 1889 – Verona, 30 novembre 1975) è stato un pittore italiano.
Guido Trentini nasce a Verona nel 1889: grazie agli stimoli del padre Attilio, decoratore, si avvia giovanissimo alla pittura.[1] Presso l'Accademia Cignaroli di Verona ha come maestri Baldassare Longoni e Alfredo Savini,[2] dall'influsso postimpressionista dei quali però si libera in occasione dell'incontro, alla Biennale di Venezia del 1910,[3] con Felice Casorati.[1]
Il suo stile subisce da quella data una svolta decorativa e la sua pittura diviene più semplificata, sintetica e simbolista: secondo Lionello Fiumi, gli anni '10 del giovane Guido svelano altresì «il gusto di accostare freschi tasti di colore e cavarne timbri gioiosi».[4]
Negli anni '20 le sue opere tendono a perdere lo slancio cromatico che aveva contraddistinto i lavori giovanili lasciando spazio ad una pittura più cupa e rigorosa: alla Biennale di Venezia del 1922 ottiene il primo premio[5] per l'opera "La Lettura" (ora al Museo Reale di Bruxelles).[1]
Nominato nel 1924 professore all'Accademia Cignaroli, dove ebbe come studente tra gli altri Renato Birolli,[1] Trentini si dedica anche all'insegnamento e quando, nel 1929, approda[6] a Milano nel Palazzo della Permanente, entra nella cerchia dei più noti rappresentanti del Novecento,[7] al culmine di un percorso contraddistinto da un "realismo magico" caratterizzato da figure solide ed imponenti.[1]
Nel 1935 è la volta della Quadriennale di Roma (alla quale parteciperà 3 volte) con una "Figura" di nudo,[8] preludio di un periodo caratterizzato da una sorta di "bilinguismo" in bilico tra il momento di grazia degli anni '10 e il rigorismo prebellico.
Nel secondo dopoguerra, dopo aver subito un'importante operazione, l'artista si trasferisce a Milano, dove tra il 1947 e il 1951 apre tre mostre personali: nel capoluogo lombardo ritrova i "timbri gioiosi" del primo Trentini, in una pittura rinnovata ma non ripetitiva, che lo accompagnerà fino agli anni tardi.[1]
Si spegne a Verona nel 1975, a pochi anni dalla riscoperta critica e dalla storicizzazione degli anni giovanili iniziata con la mostra, curata da Licisco Magagnato, "Verona Anni Venti".[9]
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