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filosofo italiano (1915-1974) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Guido Fassò (Bologna, 18 ottobre 1915 – Bologna, 30 ottobre 1974) è stato un giurista e filosofo italiano.
Nato a Bologna, il 18 ottobre 1915, da Ernesto, generale dell'esercito, e Caterina Barbieri, discendente dalle famiglie Barbieri (il di lei nonno era Lodovico Barbieri) e Dallolio (Maria Sofia, moglie di Lodovico, era sorella di Alberto e Alfredo Dallolio[3][4]), Guido Fassò trascorse i suoi primi anni, fino all'adolescenza, fra il Piemonte (Mondovì), l'Emilia-Romagna (Parma) e la Lombardia (Mantova). Temperamento religioso, ereditato dall'educazione famigliare e dalla frequentazione con un anziano sacerdote[5], egli si caratterizzò sempre per il rigore negli studi (perciò Mazzetti, suo compagno di gioventù, poté definirlo «schivo degli incontri e quasi della società, teso in un impegno di chiarezza mentale, di serietà e finezza di sentire»[6]). Conseguita, nel 1932, la maturità classica al "Virgilio" di Mantova, si laureò, presso l'Alma Mater Studiorum di Bologna, in Giurisprudenza (1936), discutendo, con Umberto Borsi, una tesi di Legislazione del lavoro, intitolata L'elemento demografico nelle provvidenze assistenziali a favore dei lavoratori[7]. Dopo aver rinunciato ad impiegarsi come funzionario nell'Unione industriale[5], Fassò ottenne anche la laurea in Filosofia (1940), sotto la supervisione di Giuseppe Saitta, con una tesi di Storia della filosofia su Il pensiero filosofico e politico di Giulio Michelet[8]. Confidò poi al suo allievo, Enrico Pattaro, che la scelta della filosofia, lungi dall'essere redditizia, è un matrimonio con «madonna povertà»[9], cui egli, tuttavia, non volle sottrarsi, non essendo versato, come rivelò a Fausto Nicolini, nella «professione forense»[10]. Svolse, quindi, l'attività di docente di storia e filosofia, inizialmente come supplente al "Galvani" di Bologna (1939), poi a Forlì (1939-1940) e, infine, al Liceo scientifico "Augusto Righi" di Bologna (1949-1953)[5].
Nel 1942, convolò a nozze con una sua vecchia alunna del Liceo "Galvani", Margherita Osti, figlia di Giuseppe Osti, professore ordinario di Diritto privato all'Università di Bologna, del quale lo stesso Fassò era stato allievo[5]. Dall'unione nacquero Alberto, Andrea (1945[11]), Federico (1952[12]) e Silvia[13]. Nell'anno delle nozze, Fassò completò il suo primo saggio, dedicato a Il Vico nel pensiero del suo primo traduttore francese, che, però, a causa dell'indisponibilità degli editori, fu pubblicato, grazie all'intervento di Giuseppe Saitta, solo nel 1947, come memoria dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna[14].
Divenuto assistente volontario di Filosofia del diritto nell'Ateneo felsineo (1947), fu convinto da Felice Battaglia a concorrere per la libera docenza, che ottenne nel 1949. Nel medesimo anno, all'Università di Parma, gli venne quindi assegnato l'incarico in Filosofia del diritto[15]. Vicino al Partito Liberale Italiano, a guerra conclusa, nel 1951, accettò di candidarsi, per il medesimo partito, alle elezioni comunali bolognesi[5]. Aggiudicatosi l'ordinariato (1957), si trasferì successivamente a Bologna (1963), dove insegnò filosofia giuridica, presso la Facoltà di Giurisprudenza, e Storia delle dottrine politiche, nella Facoltà di Lettere e Filosofia[16][17].
Si occupò di studi vichiani e groziani, in un secondo saggio dal titolo I "quattro auttori" del Vico (1949), nella traduzione dei Prolegomeni al diritto della guerra e della pace di Grozio (1949) e poi con Vico e Grozio (1971). La monografia del 1949 sulla genesi della Scienza nuova vide riconosciuto il proprio valore scientifico da Gioele Solari in una epistola del 17 maggio 1949, in cui si legge che «l'interpretazione giuridica della Scienza nuova [proposta da Fassò] [...] supera la visione Croce-Nicolini», ponendosi al livello qualitativo di quelle del Fubini e del Donati[18], e ricevette anche l'apprezzamento di Benedetto Croce[19].
Fra le altre opere, La democrazia in Grecia, del 1959 (tradotta in neogreco nel 1971, col titolo Η Δημοκρατία στην Ελλάδα [I Dimokratìa stin Ellàda], e fatta circolare durante la dittatura dei colonnelli[21]); Il diritto naturale, del 1964; dello stesso anno è La legge della ragione, considerata una «tra le opere migliori di filosofia del diritto uscite in Italia» al tempo, e consistente in una «appassionata rivalutazione» del diritto naturale[22]; Società, legge e ragione, apparso nell'anno della morte (i due ultimi volumi citati, tuttavia, ripropongono scritti precedenti). Le pubblicazioni in cui si esprime con più chiarezza l'ispirazione teoretica di Fassò sono, invece, La storia come esperienza giuridica del 1953 (in cui, ha commentato Bobbio, si dimostra che «tutti i rapporti che l'uomo ha con gli altri uomini, contengono un germe di organizzazione, e quindi sono istituzioni giuridiche»[23]) e Cristianesimo e società del 1956, che susciterà un vivace dibattito nell'ambiente cattolico, incontrando financo il favore di Prezzolini[24].
Tra il 1966 e il 1970 pubblicò la sua opera maggiore, la Storia della filosofia del diritto in tre volumi, giudicata da Bobbio come la «storia della filosofia del diritto […] più completa» esistente «sulla faccia della terra»[25].
Colpito dalla malattia, Fassò morì nella notte del 30 ottobre 1974[26]. Il suo testamento, composto già nel 1955, disponeva funerali semplici, «senza fiori e senza seguito di estranei». In un codicillo del 1967, inoltre, soggiungeva che, «se si trovassero miei scritti incompiuti, manoscritti o dattilografati, non si stampino, perché non possono essere stati riveduti come avrei ritenuto necessario», congiuntamente all'invito a non raccogliere «in volume opuscoli sparsi o "scritti minori", operazione che non dovrebbe mai esser fatta se non dall'autore»[27].
Alla memoria di Fassò, oltre che a quella di Augusto Gaudenzi, è intitolato il Centro Interdipartimentale di Ricerca in Storia del Diritto, Filosofia e Sociologia del Diritto e Informatica Giuridica (CIRSFID) dell’Università di Bologna, istituito nel 1986[28].
Secondo Giuliano Marini fu «il più limpido storico del giusnaturalismo»[30].
Formatosi filosoficamente nella temperie culturale neoidealistica, Fassò se ne distaccò, rifiutandone soprattutto l'immanentismo[31], con La storia come esperienza giuridica[32], opera ispirata dalle suggestioni istituzionalistiche di Santi Romano (ma di questi deplorerà, nella successiva Storia della filosofia del diritto, il «circolo vizioso», per cui una «istituzione è giuridica [solo] quando è giuridica»[33][34]). A Croce, che faceva coincidere storia e filosofia[35][36], Fassò replicava con l'identificazione di storia e giuridicità[37], estendendo il concetto di istituzione — contrariamente a quanto aveva fatto Romano, e risolvendone così il «circolo vizioso» — a «tutti gli aspetti della vita sociale, cioè della vita dell'uomo nella storia, che è sempre vita dell'uomo in società»[33]. L'elisione dell'identità fra realtà (storica) e razionalità (filosofica) non implicava, per Fassò, la rimozione dell'Assoluto, ma egli ne negava ogni possibilità conoscitiva, ricadendo la «concreta unità del reale» (sotto l'aspetto gnoseologico) nell'ambito del privo di senso[38], sebbene restasse attingibile in uno slancio mistico, descritto, in una pagina de La legge della ragione, come partecipazione dell'«uomo [al] Valore divino, ma solo quando si faccia anch'egli Dio per unirsi a lui, trascendendo la propria umanità, la propria soggettività empirica, storica»[39]. È importante tener fermo come Fassò, quantunque abbia legato l'Assoluto a uno slancio mistico, non si sia fatto teorico di un irrazionalismo misticheggiante[40], ma — giusta l'osservazione di Lombardi Vallauri — abbia formulato un «dittico» in cui si afferma, da un lato, la «sopragiuridicità dell'etica intesa come esperienza religiosa» e, dall'altro, «la funzione essenziale della ragione giuridica nel mondo»[41]. Proprio il riconoscimento della centralità della ragione giuridica nel governo della «concreta molteplicità del reale»[42] costituì, per Fassò, un ulteriore motivo critico nei confronti dell'antigiusnaturalismo crociano, da cui, dopo l'approfondimento della storia del giusnaturalismo, prese più convintamente le distanze[43]. La concezione giusnaturalistica fassoiana, infatti, cerca di non cadere nell'errore proprio della tradizione precedente (errore che Fassò, nella Storia della filosofia del diritto, non esitò a indicare quale «difetto capitale» della scuola del diritto naturale, consistente nell'«astrattismo [e nel] conseguente antistoricismo»[44]), intendendo il diritto naturale quale «ordine che nasce dalla storia, e nel quale l'uomo non può non essere inserito proprio per la sua dimensione storica, che è la sua dimensione essenziale»[45].
Per una più completa bibliografia degli scritti di Guido Fassò, si rinvia a Giampaolo Zucchini, Bibliografia degli scritti filosofico-giuridici di Guido Fassò, in appendice al terzo volume degli Scritti di filosofia del diritto dello stesso Fassò, a cura di Enrico Pattaro, Carla Faralli, Giampaolo Zucchini, Giuffrè, Milano 1982, pp. 1463-1473.
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