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trovatore catalano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Guerau III de Cabrera, o anche Guiraut o Giraut de Cabreira (... – 1180[1]), è stato un nobiluomo catalano e trovatore in lingua occitana, visconte di Àger e Cabrera dal 1145 al 1180.
Nel 1145, in qualità di visconte di Cabrera, fonda il monastero di Roca-rossa. Nel 1149 prende parte nella conquista di Lérida, insieme a Raimondo Berengario IV e al conte di Urgel Ermengol VI.
Ensenhamen
Si conosce solo una poesia di questo autore, scritta in lingua provenzale verso il 1160, un ensenhamen, nome generico con il quale si denominano molti poemi dal contenuto didattico e critico, e che possiamo considerare un sottogenere del sirventes. Costituisce un documento di grande rilevanza per l'insieme di notizie che fornisce riguardo agli joglars e soprattutto perché ci mostra il panorama letterario della Catalogna come non lo ha fatto nessun altro documento dell'epoca.
Secondo lo studio condotto da Cingolani (1992/93) l'Ensenhamen non lo avrebbe scritto Guerau III, bensì il nipote Guerau IV. Per cui il componimento andrebbe postdatato al 1196-98. Ciò spiegherebbe la conoscenza di produzioni letterarie occitane e francesi, oltre la menzione a personaggi come Erec, non documentato prima di Chrétien de Troyes.[2]
Il poema, indirizzato al suo joglar Cabra per istruirlo, consta di 216 versi (2 versi di quattro sillabe a rima baciata, seguiti da un verso di otto sillabe con rima). I primi 24 versi trattano le diverse attività degli joglars, e il resto prospettano, in forma disordinata, quei temi letterari che gli joglars dovrebbero conoscere e trasmettere:
Tematicamente si può dividere in due parti: nella prima (24 versi), Guerau de Cabrera rimprovera allo joglar Cabra di non fare correttamente alcune attività proprie del suo mestiere; nella seconda, molto più estesa, gli rimprovera di non conoscere e trasmettere con determinazione la letteratura, talché, in questa parte, il poema si converte in una lista - senza ordine cronologico - della letteratura conosciuta all'epoca, dalla più antica, i classici greci e latini, a quella più moderna, i trovatori contemporanei. L'ultima strofa rimprovera diverse carenze professionali dello joglar e lo licenzia (saluta).
«I
Cabra juglar,
no puesc mudar
qu'eu non chan, pos a mi sap bon;
e volrai dir
senes mentir,
e comtarai de ta faison.
II
Mal saps viular
e pietz chantar
del cap tro en la fenizon;
no sabz fenir,
al mieu albir,
a tempradura de breton.
III
Mal t'ensegnet
cel que·t mostret
los detz amenar ni l'arson;
no sabs balar
ni trasgitar
a guiza de juglar guascon.
IV
Ni sirventesc
ni balaresc
no t'auc dir e nuilla fazon;
bons estribotz
no t'ieis pels potz,
retroencha ni contenson.
V
Ja vers novel
bon d'En Rudell
non cug que·t pas sotz lo guingnon,
de Markabrun
ni de negun
ni de N'Anfos ni de N'Eblon.
VI
Jes gran saber
no potz aver,
si fors non eis de ta reion.
Pauc as apres,
que non sabs jes
de la gran jesta de Carlon,
VII
Con eu, tras portz,
per son esfortz
intret en Espaigna a bandon;
de Ronsasvals
los colps mortals
que fero·l XII compaignon
VIII
Can foron mort
e pres a tort,
trait pel trachor Guanelon
al amirat,
per gran pechat,
et al bon rei Marselion.
IX
Del Saine cut
c'ajas perdut
et oblidat los motz e·l son:
ren no·n diçetz
no no·n sabetz,
per no i ha meillor chanson.
X
E de Rollan
sabs atretan
coma d'aiso que anc no fon.
Conte d'Artus
non sabes plus
ni del reproier de Marcon.
XI
Ni sabs d'Aiolz
com anec solz,
ni de Machari lo felon;
ni d'Anfelis,
ni d'Anseis,
ni de Guillaumes lo baron.
XII
Ni sabs d'Erec
com conquistec
l'esparvier for de sa reion.
Ni sabs d'Amic
consi guaric
Ameli, lo sieu compaignon.
XIII
Ni de Robert
ni de Gribert
ni del bon Alvernatz Uguon.
De Vezia
non sabs co.s va,
ni de Guondalbon lo Frizon
XV
Del duc Augier,
ni d'Olivier,
d'Estout ni de Salomaon,
ni de Loer,
ni de Rainier,
ni de Girart de Rossillon.
XVI
Ni de Davi
ni de Rai,
Ni de Berart ni de Bovon.
De Constanti,
non sabs c'om di
de Roma ni de Prat Neiron.
XXI
Jes non saubes
-si m'ajut fes!-
del setge que a Troia fon.
D'Antiochia
non sabres ja
ni de Milida la faison.
XXV
Ni d'Aguolan
ni de Captan,
ni del rei Braiman l'esclavon;
ni del bon rei,
no·n sabs que·s fei
d'Alixandri fil Filipon.
XXVIII
Ni sabs d'Ytis,
ni de Biblis,
ni de Caumus nuilla faisson;
de Piramus
qui for lo murs
sofri per Tibes passion.
XXIX
Ni de Paris,
ni de Floris,
ni de Bella Aia d'Avignon;
del normanes,
ni del Danes,
ni d'Antelme ni de Frizon.
XXXI
Ni de Bramar
no·n sabs chantar
de l'auca ni de Nauruzon;
ni del vilan
ni de Tristan
c'amava Yceut a lairon.
XXXII
Ni de Gualvaing
qui, ses compaing,
fazia tanta venaizon;
ni d'Aldalaer,
ni de Rainier,
ni de Ramberg'ab lo furguon.
XXXVI
Non saps upar,
mot guariar
en glieiza ni dedins maizon.
Va, Cabra boc,
quar be.t conoc
qui et evia urtar al mouton.»
«I
Cabra, giullare,
non posso impedirti
di cantare poiché a me garba;
e vorrei dire,
senza mentire,
e raccontar del tuo stile.
II
Non sai suonar la viola
e ancor peggio cantare
dall'inizio alla fine;
non sai terminare,
secondo il mio parere,
con la modulazione bretone.
III
Mal ti ha insegnato
chi ti ha mostrato
a metter le dita e l'archetto;
no sai ballare
né fare giochi di mano
come il giullare guascone.
IV
Né sirventesi
né ballata
non ho udito da te in nessun modo;
buoni strambotti
non ti riesce far "musi",
né ritornello né tenzone.
V
Verso novello
buon di Rudel
non credo ti passi sotto i baffi,
di Marcabrú
né di nessuno
né di Ebolo né di Alfonso.
VI
Poco gran sapere
non puoi tu avere
se fuor non esci dalla tua regione:
poco hai appresso,
sì da non saper niente
delle gran gesta di Carlo.
VII
Come io, attraverso i porti
con il suo sforzo
entrai in Spagna senza riserva;
di Roncesvalle
i colpi mortali
che diedero ai 12 compagni.
VIII
Quando furon assassinati
e imprigionati a tradimento,
traditi dal traditore Ganelón,
all'emiro
per gran peccato,
e al buon re Marsilio.
IX
De (la canzone) di Saisne penso
che abbia perduto
e scordato le parole e il suono:
niente dice
niente sa,
ma non vi è miglior canzone.
X
E di Rolando
sai tanto
di ciò che non fu mai.
Del racconto di Artù
non sai di più
né della collera di Marco.
XI
Né sai di Aiolo
che andava solo,
né di Macario il furioso;
né di Anfelide,
né di Anseide,
né del baron Guglielmo.
XII
Né sai di Erec
come conquistò
il falco fuor di sua regione.
Né sai di Amic
come curò
Amelio, suo compagno.
XIII
Né di Roberto
né di Girberto
né del buon Ugo d'Alvernia.
Di Vezia
non sai nulla,
Né di Gondalbone il frisone.
XV
Del duca Otgero,
né di Oliviero,
né di Estout né di Salomone,
né di Lohier
né di Rainier
né di Guerau del Rossiglione.
XVI
Né di Davide
né di Rai,
né di Berart né di Beuve.
Di Constantino,
no sai quello che si dice
di Roma né del prato di Nerone.
XXI
No sai nulla
-che se io potessi!-
del sito che Troia ebbe.
Di Antiochia
no saprai nulla
né della maniera di Milida.
XXV
Né di Agolante
né di Captano,
né del re Braimante lo schiavo;
né del buon re,
non sai che fece
Alessandro figlio di Filippo.
XXVIII
Né sai di Itis,
né di Biblis,
né di Caumus in nessun modo;
di Príamo
che fuori dalle mura
soffrì per Tisbe passione.
XXIX
Né di Paride,
né di Floris
né della bella Aye di Avignone;
del normanno
né del danese,
né di Antelmo né di Frizone.
XXXI
Né di Bramar
non sai cantare
dell'odissea né di Nauruzone;
né del locale
né di Tristano
che amava Isotta in segreto.
XXXII
Né di Gauvain
che, senza compagnia,
intorno a tanta caccia;
né di Audigier
né di Rainier,
né di Raimberge.
XXXVI
Non sai declamare,
né parole regolare
né chiesa né in casa.
Vedi, Cabra boc,
perché ben ti conobbi
che ti inviai a flagellare il montone.»
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