Gli amori di Paride ed Elena
dipinto di Jacques-Louis David Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Gli amori di Paride ed Elena[1][2] (Les Amours de Pâris et d’Hélène), anche noto semplicemente come Paride ed Elena[3][4] o Elena e Paride,[5] è un quadro dipinto da Jacques-Louis David nel 1788. L'opera fa parte della collezione del museo del Louvre di Parigi.[6]
Gli amori di Paride ed Elena | |
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Autore | Jacques-Louis David |
Data | 1788 |
Tecnica | olio su tela |
Dimensioni | 147×180 cm |
Ubicazione | Museo del Louvre, Parigi |
Storia e descrizione
Riepilogo
Prospettiva
L'opera nacque da una commissione al pittore da parte del conte d'Artois, poi divenuto re di Francia con il nome di Carlo X.[7] Nella carriera di David l'opera è successiva a La morte di Socrate e precede I littori riportano a Bruto i corpi dei suoi figli. D'ispirazione mitologica, l'opera ritrae due delle figure più importanti dell'Iliade, Elena di Troia e Paride: Paride è seduto al centro ed è quasi completamente nudo tranne per la clamide e il berretto frigio,[7] mentre Elena si trova accanto a lui e si appoggia sulla sua spalla. Gli abiti dei personaggi e l'ambientazione sono più fedeli all'arte greca classica rispetto a quelli delle composizioni precedenti dell'artista a tema mitologico.[7] L'opera davidiana appartiene al genere della pittura galante, e venne interpretata come una satira dei costumi del conte d'Artois.[5]
«Le pose sono in vero felici, ma il disegno che dovrebbe rendere evidenti le idee da quelle indicate è incerto, la pieghevolezza o il gioco delle parti non è libero ed esprime poco il sentimento che dovrebbe dominare in questo decantato progetto. David non era contento di quest'opera ed aveva ragione; non era che il timido saggio d'un pittore amico dell'antichità e del buon gusto. È senza dubbio una critica evidente del brutto stile e pretendente delle scuole del suo tempo, ma questa critica è poco autorevole.»
Fonti d'ispirazione
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Le cariatidi che si trovano nello sfondo della scena sono copiate dalla tribuna delle cariatidi di Jean Goujon (al museo del Louvre) e sono della mano di Jean-Baptiste Isabey.[5][8]
Note
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