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tipo di giubbotto Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il giubbotto antiproiettile[1] è un indumento, generalmente con taglio a gilet o casacca, usato da eserciti, forze dell'ordine e operatori della vigilanza privata che serve a proteggere l'operatore dai colpi di arma da fuoco o schegge da frammentazione di esplosivi (in questo caso anche noto come "flak jacket"), fermando il proiettile o le schegge al suo interno.
Seppure precedentemente teorizzato come un indumento a protezione dei proiettili già dal XIX secolo e dopo molteplici e svariati prototipi, è stato inventato nel 1965 da Stephanie Kwolek usando il kevlar, ottenuto grazie alle sue ricerche sui polimeri.[2]
È realizzato in diversi materiali (come kevlar, dyneema, twaron, spectra) ed è generalmente costituito da un contenitore esterno in tessuto balistico ("carrier") e più pannelli balistici interni a seconda del grado di protezione. I pannelli balistici sono generalmente costituiti da più strati di fibre aramidiche intrecciate (kevlar, mentre in passato si utilizzava il nylon balistico)[3] o tessute ed incollate su microfilm di polietilene (twaron e spectra). La funzione delle fibre è quella di assorbire e disperdere la forza di arresto e penetrazione della palla (o scheggia) attraverso la deformazione plastica (allungamento) delle fibre stesse. Il numero di strati sovrapposti determina la capacità di protezione del pannello balistico, generalmente classificato in classi di protezione NIJ (Stati Uniti) o SK (Germania).
Normalmente i pannelli balistici realizzati con tale tecnologia consentono la protezione contro palle da arma corta e limitatamente da armi automatiche fino al calibro 9x21, velocità fino a 600 m/s. Per la protezione contro palle rigate da arma lunga (calibri 223, 308 e superiori), è necessaria l'aggiunta di pannelli semirigidi o rigidi in materiali metallici (alluminio balistico; acciaio balistico; titanio balistico) o ceramici (carburo di boro, carburo di silicio); plastici come il poliuretano ultrauretanico ad alta densità.
Questi pannelli aggiuntivi consentono la frammentazione dell'ogiva di palle veloci (oltre 700 m/s) in parti più piccole facilmente arrestabili dal sottostante pannello balistico in fibra aramidica. La differenza tra le diverse soluzioni riguarda soprattutto il peso, fattore molto vincolante nella scelta della protezione più adatta alle missioni da svolgere. Un corpetto di classe NIJ-IV può pesare fino a 10 kg.
È indossato per proteggere le parti vitali del corpo. Prende questo nome perché si indossa come un giubbotto normale, la parte che copre la zona anteriore del corpo si unisce a quella posteriore con delle strisce di velcro. I modelli più validi offrono anche protezione laterale dei fianchi, del basso ventre, del collo, delle spalle. Negli anni 70/80 fu anche prodotta una sorta di "mutandone" in kevlar, concepita per gli elicotteristi esposti al tiro dal basso con armi leggere.
I giubbotti utilizzati dall'esercito e dalle forze dell'ordine vengono testati per poter resistere all'impatto di raffiche di proiettili. Questa capacità è definita multi strike.
Nonostante i proiettili abbiano una massa molto piccola, la loro quantità di moto è grande poiché viaggiano ad una velocità superiore ai 300 m/s, sebbene l'impulso non sia tale da spostare il corpo umano. Scene di vittime spostate anche di metri per l'effetto di proiettili ricevuti sono solo finzione cinematografica.
L'impatto di proiettili attraverso pannelli balistici causa comunque traumi da punzonamento (in inglese blunt trauma): ematomi, lesioni interne, fratture localizzate, a causa della deformazione del pannello stesso, che trasferisce comunque al corpo l'energia assorbita dalle fibre (al netto di quella dispersa con le deformazioni plastiche) e la penetrazione di punzonamento dovuta al carico puntuale dell'ogiva.
In ordine crescente di protezione:[4]
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