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Giovanni Rizocopo, (tagliaradici in greco) (fl. VIII secolo), è stato un funzionario bizantino fu esarca di Ravenna dal 705 circa al 710.
Giovanni III Rizocopo | |
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Esarca d'Italia e Esarca di Ravenna dell'Impero romano d'Oriente | |
Durata mandato | 705 – 710 |
Monarca | Giustiniano II |
Predecessore | Teofilatto |
Successore | Eutichio (esarca) |
Dati generali | |
Professione | Politico |
Poco è conosciuto della vita di Giovanni, ed è ignota la data della sua nomina ad esarca: è stata proposta come data dell'inizio del suo mandato il 705, pur non essendo suffragata da alcuna fonte.[1] Il terminus ante quem per la sua nomina ad esarca è l'ottobre 710, quando papa Costantino (708-715), in procinto di partire per Costantinopoli, lo incontrò a Napoli; tuttavia, alcuni studiosi datano questo avvenimento al 709, e non all'ottobre 710.[1][2]
Dopo aver incontrato il Pontefice, Rizocopo si recò a Roma, dove si rese reo dell'uccisione di quattro dignitari ecclesiastici (Saiolo, Pietro, e due di nome Sergio), che avevano momentaneamente sostituito il pontefice mentre si trovava a Costantinopoli, e che furono strangolati per ordine dell'esarca; probabilmente questo atto è da connettere alla volontà dell'Imperatore di reprimere l'opposizione del Papato alla politica religiosa imperiale in seguito al Concilio Quinisesto.[1]
Secondo il Liber Pontificalis, ritornato a Ravenna, Rizocopo pagò per «giudizio divino» le iniquità da poco commesse andando incontro a una «turpissima morte»;[3] probabilmente fu linciato nel corso di una rivolta popolare a Ravenna.[1] È stata avanzata l'ipotesi che fu proprio per vendicare il linciaggio dell'esarca che l'Imperatore Giustiniano II ordinò una repressione spietata contro i Ravennati: lo strategos Teodoro, per ordine dell'Imperatore, arrestò i principali maggiorenti di Ravenna al termine di un banchetto da lui stesso organizzato, e li condusse prigionieri a Costantinopoli, dove furono tutti uccisi dopo aver sofferto crudeli torture, tranne l'arcivescovo ravennate Felice che fu solo accecato.[4] L'arresto e le torture subite dai principali maggiorenti ravennati provocò tuttavia nel 711 una rivolta popolare a Ravenna, nel corso della quale un uomo di cui è stato tramandato solo il nome, Giorgio[5], si nominò capo dei ribelli e parecchie città, tra cui Cervia, Forlì e Forlimpopoli si unirono alla rivolta.[4] Non è noto come la rivolta terminò, ma Ravenna era già tornata all'obbedienza alcuni mesi dopo, quando la testa dell'Imperatore Giustiniano II, detronizzato e fatto giustiziare dal nuovo imperatore Filippico Bardane, fu fatta sfilare per le strade della capitale dell'esarcato.[4]
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