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Giorgio Faldini (Tunisi, 10 aprile 1912[1] – 1º agosto 2000[2]) è stato uno schermidore italiano, specializzato nel fioretto. Ha vinto una medaglia d'oro ai Campionati mondiali di scherma.
Giorgio Faldini | |||||||||||||
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Nazionalità | Italia | ||||||||||||
Scherma | |||||||||||||
Specialità | Fioretto | ||||||||||||
Palmarès | |||||||||||||
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GIORGIO FALDINI
Giorgio Faldini nasce a Tunisi il 10 Aprile 1912 da Roberto ed Emma Regina Pariente, membri della numerosa comunità di origine livornese e sefardita di Tunisia. Iniziò a prendere lezioni di scherma per un caso della vita. Siccome, a quattordici anni, stava ingrassando (fu sempre una “buona forchetta”), suo padre lo portò nella sala di scherma di Tunisi del Maestro Franco Vega, in modo che potesse fare un po’ di sport. Ma lui si appassionò subito a questa disciplina e soprattutto al fioretto, arma che peraltro, all’epoca, era quella tradizionalmente insegnata per prima. Da subito perfezionò molto la tecnica di pugno, in quanto, a differenza di altri schermidori, non aveva velocità di gambe. Salì rapidamente salì ai vertici della scherma locale vincendo negli anni successivi, nell’arma del fioretto, il titolo nella categoria junior di Tunisia, i campionati tunisini interscolari. Terminato il Liceo, si iscrive nel 1931 alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Roma, città dove continua la sua carriera di schermitore nella sala di scherma annessa al Messaggero dei maestri Pessina, all’inizio con Carlo Pessina e successivamente con il figlio di quest’ultimo, Giorgio, di cui fu grande amico. Partecipa a molte gare, classificandosi spesso in finale e, nel 1934, vince i Littoriali, come erano denominati allora i Campionati universitari. Nel 1936 vince i campionati italiani di 2ª categoria ed entra stabilmente nel giro della nazionale. Si laurea in medicina in quello stesso anno, il 1936, anno delle Olimpiadi di Berlino, cui presenzia come spettatore, lasciando una documentazione fotografica di alcune gare.
Sempre nel 1936 vince il premio Libro e Moschetto, destinato a premiare coloro che eccellevano sia negli studi che nello sport. Nel 1937 viene convocato dal commissario tecnico Nedo Nadi per i campionati del mondo di Parigi. Assieme ai compagni Giorgio Bocchino, Manlio Di Rosa, Gustavo Marzi, Giuliano Nostini e Renzo Nostini vince il titolo a squadre di fioretto battendo il favoritissimo squadrone francese formato da René Bougnol, Philippe Cattiau, André Gardère, Édouard Gardère e René Lemoine. In quella gara fu terza l’Austria con la squadra composta da Ernst Baylon, Kurt Ettinger, Roman Fischer, Josef Losert, Hans Lyon e Hugo Weczerek. Nella gara individuale, giunge alla finale classificandosi 7º nella gara vinta da Gustavo Marzi con i francesi Edourd Gardère e Renè Lemoine rispettivamente al 2º e 3º posto. La classifica della finale è stata la seguente:
È da notare che dal 4º al 7º posto gli schermitori hanno avuto lo stesso numero di vittorie e Giorgio Faldini giunge al 7º posto solo per il computo delle stoccate.
Nello stesso anno ai Campionati mondiali universitari vince il titolo mondiale a squadre e si classifica 3º nel fioretto individuale. Alla fine del 1937, vista che l’atteggiamento del governo verso la comunità ebraica stava peggiorando, rientra in Tunisia dove inizia la professione di Medico e continua a praticare la scherma. Nel febbraio del 1940 sposa Nilda Boccara. Dal matrimonio nascono a Tunisi nel dicembre 1940 Anna Maria e nel dicembre 1944 Luisa.
La seconda guerra mondiale gli sottrae gli anni sportivi che potevano essere più fruttuosi. Al contrario del fratello Riccardo, essendosi laureato in Italia, rimane cittadino italiano e, nel 1945, la Francia decapita la colonia italiana, espellendo un gran numero di suoi componenti dalla Tunisia, che era un suo protettorato. Tra questi, oltre a lui, anche il padre del grande tennista Nicola Pietrangeli. Rientra così in Italia, dove trova una prima occupazione sostituendo un medico condotto a Orte e, successivamente, nel 1948, lavora come medico condotto a Bassanello (ora Vasanello in provincia di Viterbo). In quella sede istituisce il gruppo dei donatori di sangue e diventa presidente di una squadra di calcio locale. Partecipa ad alcuni concorsi a medico condotto e ne vince tre, tra cui uno a Rovigo, ma accetta la nomina del primo di cui ha notizia, per Cengio Bormida, Provincia di Savona, in Liguria, dove si trasferisce nell’autunno del 1950 e dove, nell’ospedale della vicina cittadina di Millesimo, nel 1954, nasce il suo terzo figlio, Roberto. In quegli anni continua a praticare la scherma partecipando a diverse gare preolimpiche e tuttavia, impossibilitato ad allenarsi in modo sistematico, smette l’attività sportiva effettiva agli inizi nella prima metà degli anni ’50 del secolo scorso.
Spinto anche dalla figlia Luisa che voleva fortemente tirare di scherma, si rivolse inizialmente ad una locale sala di scherma, il Club Scherma Savona diretto dal prof. Eliseo Colla. Successivamente dopo la metà degli anni 50, assieme ai colleghi Teresio Canepari ed Enrico Del Priore è socio fondatore del Circolo Scherma Savona, società tuttora in attività, dal 1995 presieduta dal figlio Roberto. Chiamò come maestri di scherma alcuni tra i migliori tecnici del circondario e ricordiamo in particolare il Cap. Antonio Ascione, primo maestro di scherma del circolo, e successivamente Antonio Berni e Arnaldo Terenzi; formò anche altri giovani maestri che poi lanciarono la società nelle attività regionale e nazionali. Presso il circolo forgiò numerosi atleti di ottimo livello, tra cui la figlia Luisa, convocata in nazionale nel fioretto femminile in numerose competizioni, tra cui l’Universiade di Budapest del 1967 e Marina Del Priore, convocata ai Mondiali giovani del 1968. Molti altri allievi del Circolo (Gianfilippo Cuneo, Piero Candia, Iolanda Sinopia, Paolo Bracco, Sergio Nasoni, Eros Vaira, Raffaella Barile, Stella Branda, Danilo Petrini, Giuseppe Botta) hanno sempre conseguito buoni risultati a livello regionale e nazionale. Inoltre la Federazione Italiana Scherma gli affidò per gli opportuni allenamenti alcuni atleti delle nazionali di fioretto, in particolare la genovese Velleda Cesari, convocata per le Olimpiadi di Roma del 1960, che tutte le sere, dopo il lavoro, veniva a Savona e che allenò personalmente per quella competizione, e Gigi Santi, di Novi Ligure, che prese diverse lezioni da lui e si allenò con i fiorettisti della società. Nel 1957 si specializza in Cardiologia presso l’Università di Torino e si trasferisce a Savona ove praticherà la professione di medico cardiologo fino all’inizio degli anni ‘90. Spinto a candidarsi dall’amico e compagno di squadra Renzo Nostini, inizia l’attività di dirigente sportivo presso la Federazione Italiana Scherma nel 1960, anno in cui ricopre anche la funzione di giudice alle Olimpiadi di Roma, poco dopo le quali è eletto consigliere federale, carica che ricopre ininterrottamente fino al 1972. Contemporaneamente entra nella Federazione Internazionale (FIE) come componente della Commissione SEMI (armi ed attrezzature). Partecipa come accompagnatore alle Olimpiadi di Roma, Tokio, Città del Messico e Monaco. Viene chiamato regolarmente ad accompagnare le squadre nazionali ai Campionati del mondo ed ad altre gare ufficiali come i Giochi del Mediterraneo e i Campionati del mondo giovani, durante le quali impartisce lezioni di scherma ai componenti della squadra di fioretto. Inventa una punta particolare per il fioretto elettrico, particolarmente leggera e sensibile, denominata tuttora “punta Faldini”.
All’inizio degli anni ‘70 è promotore, assieme all’allora sindaco di Savona, Carlo Zanelli, del Centro sportivo di Scherma e Atletica pesante, per il quale il CONI costruisce due impianti adiacenti, tuttora in attività, in Via Mentana 9 a Savona. Nel 1972, si ritira dall’attività di dirigente a livello nazionale e, nel 1974, alla fine del suo mandato, dall’attività presso la FIE. Continua comunque l’attività presso il “suo” Circolo Scherma Savona. Fino alla metà degli anni ’80 gli atleti si ricordano delle sue mosse quando, ipovedente a causa di un glaucoma, dava lezioni come un maestro ninja, dato che nessuno si accorgeva del suo forte handicap visivo, quando indossava la sua amata maschera da scherma.
Impartì l’ultima sua lezione di scherma al figlio Roberto nel 1987, ma pur mantenendo un contatto vivo con la società, fu costretto a ridurre fortemente gli impegni sportivi a causa del decadimento della vista. Nel 1994 muore la sua amatissima moglie Nilda Boccara e trascorre gli ultimi anni della sua vita presso la sua abitazione di Savona, che in molte occasioni fu luogo di riunione per moltissime attività sportive del locale Circolo Scherma Savona. Il 21 agosto 2000, all’età di 88 anni, muore improvvisamente a Savona.
Lascia un’eredità sportiva importante. Persona schiva, difficilmente soggetto all’autocelebrazione, Giorgio Faldini è considerato il padre della scherma savonese e probabilmente nella sua vita amò più lo sport che la propria professione medica. Nel 2007 la Palestra di Via Mentana è diventata Centro di Allenamento Federale per le regioni Liguria e Piemonte. L’impianto è stato nominato ufficialmente dal Comune di Savona in congiunzione con il Coni, Palestra di Scherma Giorgio Faldini. All’inaugurazione del Palazzetto sua figlia Luisa ricordò che probabilmente non avrebbe accettato questa titolazione della palestra a suo nome, in quanto considerava la sua attività a favore dello sport soltanto come una passione personale e non come un mezzo per autocelebrarsi. Prima di partire per un lungo periodo di lavoro all’estero, il figlio Roberto ricorda anche che una delle sue ultime frasi che gli rivolse fu: “Sono sul 4 pari con un avversario che non potrò battere. lo costringo solo a tempi comuni e a fuori bersaglio. A suo tempo alzerò la coccia per l’ultima definitiva stoccata”. Il segretario generale della FIS di allora, il campione Michele Maffei, sciabolatore olimpionico, lo ha celebrato nella rivista Scherma ricordandolo come uno dei grandi uomini di quello sport. Intitolato a suo nome è il premio che viene annualmente consegnato allo schermitore under 14 ligure che abbia ottenuto il miglior risultato ai campionati nazionali: un riconoscimento ai giovanissimi talenti, futuri membri del colore azzurro che non ha potuto vestire cosi a lungo come sperava.
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