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filosofo, scrittore e poeta spagnolo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
George Santayana, nato Jorge Agustín Nicolás Ruiz de Santayana y Borrás (Madrid, 16 dicembre 1863 – Roma, 26 settembre 1952), è stato un filosofo, scrittore, poeta e saggista spagnolo di lingua inglese, rappresentante del cosiddetto realismo critico.
Educato negli Stati Uniti, dove trascorse ventotto dei suoi ottantanove anni di vita, scrisse tutte le sue opere in inglese, ed è considerato a tutti gli effetti come letterato e filosofo statunitense. Ricorda tuttavia Bertrand Russell: «Benché tutti e due i suoi genitori fossero spagnoli, era stato allevato a Boston e aveva insegnato ad Harvard. Però si sentiva sempre come un esule dalla Spagna»[1].
Formatosi alla Boston Latin School e a Harvard sotto l'influsso di Josiah Royce e di William James, Santayana proseguì gli studi a Berlino e a Cambridge, per ritornare poi a Harvard, dove iniziò la carriera di docente nel 1898, rimanendovi fino al 1912, quando si trasferì in Europa per trascorrervi il resto della sua vita. Scrisse diciannove libri ottenendo un buon successo editoriale con il romanzo The Last Puritan.
Sostenne, anche economicamente, molti scrittori, tra i quali Bertrand Russell.
È ricordato particolarmente per una frase spesso citata ancora oggi, contenuta in Reason in Common Sense, primo volume del suo lavoro The Life of Reason:
«Those who cannot remember the past are condemned to repeat it»
«Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo»
Morto a Roma, dove si ritirò nell'ultimo periodo della sua vita, soggiornando nel convento della chiesa di Santo Stefano Rotondo,[2] è sepolto nel Panteon de la Obra Pia española, nel cimitero del Verano.
Partito da una posizione naturalistica che individua tanto nella storia del soggetto, quanto nella storia dell'umanità, il progressivo emergere dalla primitiva matrice naturale, della ragione e dello spirito (come fasi successive, cui corrispondono, sul piano della prassi, rispettivamente la vita attiva e la contemplazione), approdò a un realismo dualistico, distinguendo rigorosamente la sfera dell'esistenza (spazio-temporale, soggetta a divenire, condizionata) da quella dell'essenza (atemporale, a-spaziale, non soggetta a condizionamento e divenire).
Le essenze sono riconoscibili sul piano della ragione; ma la fede animale salva l'uomo dallo scetticismo radicale e lo induce a tradurre le essenze stesse in strumenti conoscitivi: di qui la mediazione tra aspetto formale e materiale, fra essenza ed esistenza che rende possibile il conoscere e quindi l'operare umano. Uno dei temi fondamentali espressi nelle opere di Santayana, è il rapporto ambivalente tra natura e ragione, che lui stesso indicherà come quello tra "forze meccaniche" e ordine della vita oppure tra esistenza ed essenza.
Il ritratto che ne fa Bertrand Russell in Ritratti a memoria descrive Santayana, in un modo non privo di humour, come intimo amico del fratello del filosofo gallese, «che non si era mai arrischiato in nessun tentativo di penetrare gli arcani». Nella sua Storia della filosofia occidentale Russell cita Santayana nel capitolo dedicato alla filosofia di Aristotele che dominò la scienza fino a Galileo. Lo sviluppo del pensiero filosofico dei Greci sarebbe scandito da continui sofismi, finalizzati a respingere le confutazioni. Il preconcetto in questo caso diventa essenziale e questo è «ciò che Santayana chiama "fede animale"».[3] Russell riconosce a Santayana meriti letterari piuttosto che filosofici.[4]. Delle intuizioni artistiche presenti nell'opera di Santayana troviamo traccia nelle riflessioni di Loren Eiseley, riguardanti l'evoluzione dell'uomo e la presenza di simili forme di vita tra gli infiniti sistemi solari presenti nell'universo. La riflessione «bizzarra» di Santayana, riportata nell'articolo, riguardava il fatto che ogni sistema solare è iniziato come il nostro e, avendo avuto ognuno di questi una propria evoluzione differente, diventa impossibile la connessione con spazi di altri tempi in quanto a ogni progresso una porta si chiude definitivamente alle nostre spalle.[5] Santayana a proposito di storie conseguenti e credibili mette al primo posto l'ispirazione scrivendo che «per un credente, se potentemente ispirato, tale impresa potrebbe esser legittima; (...) Ma questo presuppone uno stato innocente della mente che accetti ogni particolare, non importa quanto miracoloso, con gioia non esitante, e sia pronta simpateticamente a colmare i vuoti del racconto, e a immaginare sempre più evidentemente come ogni cosa deve essere accaduta».[6]
Fra le sue opere filosofiche e letterarie sono da ricordare:
Le sue opere complete furono pubblicate a New York a partire dal 1936.
Traduzioni in italiano:
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