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attività consistente nello scattare fotografie da qualsiasi aeromobile, inclusi aerei, elicotteri, droni, ecc Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La fotografia aerea è un'attività/tecnica utile al rilevamento delle caratteristiche del terreno non facilmente percepibili al livello del suolo, attraverso fotogrammi scattati a distanza, trovando applicazione in numerosi campi, dalla cartografia, alla geologia, all'archeologia, alle indagini forensi.
Le prime foto aeree furono realizzate in Francia nel 1858, a bordo di un aerostato: a realizzarle fu Nadar (Gaspard-Félix Tournachon, 1820-1910), pioniere della fotografia. Per la realizzazione di aerofotografie si sono adoperati aerei appositamente attrezzati, che un tempo con i palloni frenati e gli elicotteri costituivano gli unici mezzi a disposizione, mentre invece oggi si fa largo utilizzo di aeromobili a pilotaggio remoto.
Nella fotografia aerea si distinguono più tipi di presa tra cui:
Alcuni accorgimenti sono necessari per utilizzare le foto aeree a fine di documentazione, rappresentazione e soprattutto misurazione o rilievo topografico (aerofotogrammetria) di porzioni di territorio o singoli monumenti e fenomeni naturali. Per coprire omogeneamente la superficie che interessa documentare in ambito di ricerca e monitoraggio di beni culturali e paesaggistici, la successione di foto verticali (in gergo «strisciata», o strip-run) deve prevedere una parziale sovrapposizione tra una foto e quella successiva.[3] La rotta del velivolo può essere ricostruita unendo, sulla planimetria, i centri delle immagini ottenute.[1]
Nel caso di operazioni di aerofotogrammetria, al fine di abbattere le distorsioni prospettiche ai bordi, le successioni di foto verticali devono sempre garantire una sovrapposizione del 60% circa tra immagini successive.[2] Anche le "strisciate" adiacenti dovranno sovrapporsi del 20% circa, anche al fine di scongiurare il rischio di lasciare scoperte porzioni di suolo.[2] Le immagini parzialmente sovrapposte dovranno avere la stessa scala e lo stesso tono.[2]
Ancora pochi decenni fa le pellicole usate, con negativi di grande formato,[4] potevano essere a colori, in bianco e nero, o sensibili all'infrarosso.[5]
Le pellicole in bianco e nero dovevano essere di tipo pancromatico, che esibiscono una maggior estensione nella scala di grigi rispetto alle pellicole ortocromatiche.[5] La resa del bianco e nero veniva corretta con l'interposizione di un filtro ottico giallo chiaro o giallo medio.[5]
Le pellicole all'infrarosso potevano essere a colori o in bianco e nero, con l'adozione, a seconda dei casi, di opportuni filtri.[5]
Oggi invece sono quasi completamente superate da camere digitali.
La ripresa in bianco e nero all'infrarosso, con l'aggiunta di filtri rossi o rosso scuri, è di particolare utilità per studi sullo stato della vegetazione e per il rilevamento dell'idrografia, dal momento che il tono di grigio ottenuto dipende non dal colore ma dalla capacità di emissione nello spettro infrarosso: i corsi d'acqua, ad esempio, spiccheranno per il loro colore scuro, dovuto al basso livello di riflessione dell'infrarossa.[5] Negli stessi corsi d'acqua, saranno evidenziati eventuali scarichi industriali o domestici.[5] Per quanto riguarda l'esame della vegetazione, le latifoglie saranno più chiare delle aghifoglie e le piante sempreverdi più scure della piante decidue.[5] Più scure appaiono anche le piante malate o attaccate da insetti: in questo caso, la fotografia aerea è in grado di anticipare anche di settimane la visibilità del danno, rispetto alla sensibilità dell'occhio umano e della fotografia ordinaria.[5]
Per quanto riguarda lo stato di salute delle piante, di grande utilità è la fotografia all'infrarosso a colori:[5] ad esempio, le conifere sane evidenzieranno un colore viola, rossastro o bluastro.[5] Le piante decidue sane, se osservate in primavera estate, evidenzieranno un colore rosso o rosso carminio.[5]
Nel campo dell'archeologia la fotografia aerea è uno strumento di indagine che consente di evidenziare tracce, non percepibili da terra, di resti interrati. Insieme agli altri metodi di telerilevamento, l’attività di fotointerpretazione si rivela fondamentale per la ricerca archeologica senza scavo e permette inoltre di cogliere, con una visione d'insieme, i reciproci rapporti spaziali dei ritrovamenti portati alla luce.
Nelle prime indagini archeologiche si cercò di ottenere una visione dall'alto per mezzo di palloni aerostatici o ponteggi, ma la tecnica si rivelò utile soprattutto dopo l'introduzione degli aeroplani e dopo le ampie campagne di fotografie aeree condotte, a scopo tattico militare, durante la prima e seconda guerra mondiale.
Le fotografie, possono essere riprese verticalmente, o obliquamente. I migliori effetti si ottengono con fotografie scattate in diverse stagioni dell'anno e spesso possono essere utili immagini scattate al tramonto o all'alba, in condizioni di luce radente. Si possono utilizzare tecniche di ripresa all'infrarosso (termografia) che evidenziano le differenze termiche e di umidità nel terreno.
I resti sepolti possono essere individuati per la presenza di minimi rilievi nel terreno in corrispondenza del sottostante materiale più compatto, oppure per le differenze di crescita nella vegetazione, che può essere ostacolata o rallentata nel suo sviluppo se ciò avviene in corrispondenza di resti sepolti piuttosto che in zone con terreno più profondo. Gli allineamenti di queste tracce minime si distinguono assai più efficacemente in una visione d'insieme dall'alto.
Inoltre, la fotografia aerea a tappeto di una regione permette di individuare le grandi linee e l'orientamento delle suddivisioni agricole antiche (ad esempio la centuriazione romana), che spesso in pianura sono state conservate attraverso i secoli e hanno determinato l'orientamento delle vie di comunicazione antiche, spesso ricalcate anche da quelle moderne.
In ogni caso, gli allineamenti leggibili nelle fotografie possono avere anche origini naturali ed è sempre necessario un controllo al suolo.
La tecnica è invece di difficile impiego in regioni coperte da foreste, in cui le tracce umane non sono visibili dall'alto se non in caso di insediamenti di vaste dimensioni (come per le città azteche in Messico).
La fotografia aerea forense è una tecnica investigativa per analizzare le scene del crimine facendo ricorso a riprese fotografiche aeree. Costituisce un valido strumento d'indagine nell'ambito forense perché permette di osservare in maniera dettagliata il territorio, ricoprendo anche vaste aree oppure aree impervie in cui non è possibile il diretto accesso.
Con il D.P.R. 29 settembre 2000, n. 367,[6] è stata liberalizzata l'attività di ripresa aerea. Il decreto presidenziale definisce comunque dei limiti all'art. 4. Divieti temporanei delle attività di ripresa aerea, comma 1: «Quando, per motivi di pubblica sicurezza, di sicurezza nazionale o per altri rilevanti interessi nazionali, le competenti Autorità militari o di pubblica sicurezza dispongono divieti temporanei delle attività di rilevamento e ripresa aerea sul territorio nazionale e sulle acque territoriali o su parte di essi; le medesime assicurano che dei divieti sia data tempestiva comunicazione ai soggetti interessati attraverso idonea pubblicazione edita dal Servizio nazionale di informazioni aeronautiche.»
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