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fallito attacco terroristico palestinese Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il fallito attentato di Ostia[1] fu un tentato attacco terroristico contro un aereo della compagnia di bandiera israeliana El Al, da attuare per mezzo di missili terra-aria[2] spalleggiabili Strela-2 (SA-7 "Grail" in codice NATO), dotati di sistema di guida autocercante a ricerca infrarossa di sorgenti di calore (dalle quali sono attirati), inseguendo il bersaglio fino ad esplodergli in prossimità per distruggerlo.
Fallito attentato di Ostia attentato | |
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Un soldato sovietico imbraccia un lanciamissili terra-aria di tipo Strela (SA-7 Grail in codice NATO) | |
Tipo | sequestro di sofisticate armi da guerra contraerei del FPLP da utilizzarsi contro obiettivi israeliani |
Data | 5 settembre 1973 |
Luogo | Ostia |
Stato | Italia |
Obiettivo | aereo di linea della compagnia aerea di bandiera israeliana El Al |
Motivazione | conflitto arabo-israeliano |
Di tale evento esistono varie versioni[3] (almeno quattro[4]), a partire dalla datazione: rivelato solamente[5] il 5 settembre 1973[5][2], probabilmente fu oggetto di una postdatazione[5].
Obiettivo reale dell'attacco sarebbe stato[5][4] l'aereo che aveva trasportato[6] il primo ministro israeliano Golda Meir[1][4][7]. Se l'ipotesi della postadazione dell'arresto fosse fondata, si tratterebbe dell'aereo atterrato a Fiumicino la sera[8] del 14 gennaio 1973[5] per la visita ufficiale a Roma del giorno seguente[8] dove ebbe un'udienza privata[9]: si trattò di un viaggio culminato con l'incontro con papa Paolo VI[5][8], nonché con un incontro al Quirinale con il presidente della Repubblica Giovanni Leone[5][8] e il presidente del Consiglio Giulio Andreotti[8].
L'azione fu sventata in extremis da agenti dei servizi segreti italiani che, dopo una soffiata ricevuta da quelli israeliani del Mossad, ufficialmente il 5 settembre 1973[5], facendo irruzione in un appartamento situato nella località del litorale romano, arrestarono 5 terroristi palestinesi[10].
I responsabili dell'attentato fallito erano legati all'organizzazione Settembre Nero[5] ed in un caso direttamente al capo del FPLP[11]. Essi erano: Mohammed Nabil Mahmoud Azmi Kanj con passaporto giordano; Amin al-Hindi[12], algerino; Gabriel Khouri, siriano (questi tre detenuti in carcere); l'iracheno Ahmed Ghassan al-Hadithi e il libico Ali al-Tayeb al-Fergani[13] (entrambi in libertà provvisoria)[14].
Il 12 ottobre 1973, dopo aver rinviato ad una descrizione della reazione di una delle organizzazioni palestinesi agli arresti, un «appunto» battuto a macchina - presumibilmente indirizzato dal servizio segreto dell'epoca al presidente del consiglio Mariano Rumor - confermava la necessità di intensificare ulteriormente: "l’attività di vigilanza presso i probabili obiettivi, con particolare riguardo per gli aeroporti ed i porti (la sottolineatura è del dattiloscritto, ndr); l’azione di controllo nei riguardi degli stranieri appartenenti ai Paesi direttamente interessati all’attuale conflitto arabo-israeliano; la ricerca informativa tendente a prevenire lo sviluppo dell’attività terroristica in argomento"[15]. Il testo, che "avrebbe dovuto far alzare il livello di guardia negli scali aerei del nostro Paese", fu diramato "due mesi e sei giorni prima della strage che sarebbe stata compiuta da un commando di fedayn arabi nell’aeroporto più grande d’Italia, Fiumicino"[16].
I due titolari di passaporto libico[17] furono rimessi in libertà il 30 ottobre 1973[18]. Essi furono sistemati in un appartamento della capitale messo a loro disposizione dai "servizi" e, il giorno seguente, dall'aeroporto militare di Ciampino, dopo una sosta a Malta[19] vengono esfiltrati nella Libia di Gheddafi a bordo dell'Argo 16 accompagnati da quattro funzionari del SID: il capitano Antonio Labruna, il tenente colonnello Enrico Milani, il colonnello Giovan Battista Minerva e il colonnello Stefano Giovannone[4].
Per gli altri tre terroristi fu fissato il processo al 17 dicembre 1973, dando a tale data ampio risalto anche sulla stampa; lo stesso giorno verrà compiuta una strage all'aeroporto di Fiumicino da parte di estremisti palestinesi che, distruggendo un aereo e dirottandone un altro, uccisero 34 persone e causarono il ferimento di altre 15.
Nel marzo 1974[20] furono liberati anche i restanti tre estremisti arabi. Dopo un rinvio a giudizio disposto il 14 dicembre 1973, i cinque – con sentenza del 27 febbraio 1974 – erano stati comunque ritenuti responsabili dei reati di introduzione, detenzione e traffico di armi da guerra e relativo munizionamento allo scopo di eseguire una strage e condannati alla pena di anni 5 e mesi due di reclusione ciascuno[5].