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Ex palazzo della Banca Popolare di Pescopagano
palazzo di Potenza Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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L'ex palazzo della Banca Popolare di Pescopagano, in passato noto anche come Palazzo della Banca Mediterranea[1], o più recentemente come Palazzo dell'UniCredit o castello postmoderno[2], è un edificio di Potenza situato nel rione Francioso, in via Nazario Sauro.
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Storia
Riepilogo
Prospettiva
L'edificio venne costruito tra la fine degli anni settanta e la prima metà degli anni ottanta per ospitare gli uffici della sede principale della Banca Popolare di Pescopagano nella città di Potenza.[2] La progettazione architettonica venne affidata a Dante Benedetto Maggio, che iniziò a produrre i primi appunti definitivi del progetto nel gennaio del 1973, di ritorno da un viaggio a New York che gli permise di trarre spunto dal Manufacturers Trust Company Building[3], sebbene la ricerca di fonti di ispirazioni architettoniche e stilistiche impegnò il progettista almeno fino al 1977.[4] La costruzione, ultimata nel 1985, suscitò l'interesse ed il giudizio positivo di critici d'arte e architetti come Gillo Dorfles e Benedetto Gravagnuolo.[5][6]
La proprietà dell'edificio passò nel 1992 alla Banca Mediterranea, nata dalla fusione della Banca Popolare di Pescopagano, originale proprietaria dell'immobile, con la Banca di Lucania[7]; a partire da tale data il palazzo iniziò quindi ad essere conosciuto anche come Palazzo della Banca Mediterranea.[1] L'immobile passò poi alla Banca di Roma, che assorbì la Banca Mediterranea nel 2000[2][8], ed è attualmente di proprietà del gruppo UniCredit, di cui la Banca di Roma è entrata a far parte nel 2007[9]; per tale ragione, a partire dai tardi anni 2000 l'edificio è anche a volte menzionato come Palazzo dell'UniCredit.[2] Tale gruppo bancario si è fatto carico della ristrutturazione del palazzo avvenuta nella seconda metà degli anni 2010.[2]
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Architettura
Riepilogo
Prospettiva
Ispirazioni stilistiche

La progettazione del palazzo fu preceduta da un'opera di ricerca stilistica e di documentazione da parte dell'architetto, che si ispirò a molteplici opere dell'architettura moderna e postmoderna, tra le quali, per sua stessa dichiarazione, si possono citare il palazzo della Manufacturers Trust Company di Skidmore, Owings and Merrill a New York, la sede della Österreichische Postsparkasse di Otto Wagner a Vienna, entrambe strutture visitate personalmente dallo stesso architetto, e la Villa di Poggioreale così come appare descritta nel Trattato di Sebastiano Serlio, per quanto riguarda l'impostazione della planimetria.[4]
Il progettista ha però mantenuto tra i modelli ispiratori anche l'architettura tradizionale della sua città, Potenza[2][10], e della sua regione: l'edificio della Banca, infatti, per certi versi simile ad un castello o ad un forte, trae in parte ispirazione dal vicino Castello di Lagopesole, quantomeno dal punto di vista della essenzialità volumetrica, che ha funto da continuo punto di riferimento per lo studio e la progettazione.[10]
Nell'analisi dell'architettura del palazzo fatta da Benedetto Gravagnuolo si afferma anche che vi sono evidenti citazioni a Carlo Scarpa per quanto riguarda lo stile dei cornicioni, a Le Corbusier per l'utilizzo del cemento a faccia vista, ai Laboratori Richards di Louis Kahn per l'uso delle altimetrie delle torri, al Ford Foundation Building di Roche e Dinkeloo per la tipologia compositiva.[11][2] Lo stesso Gravagnuolo non manca comunque di notare la non estraneità dell'architettura dell'edificio nei confronti del contesto locale e cittadino di Potenza.[11][2]
Descrizione




Il palazzo si presenta, come era stato immaginato sin dall'inizio dal progettista[12], come un volume cubico racchiuso tra quattro torri agli spigoli, con una sagoma "massiccia e solenne per le sue dimensioni ma al tempo stesso di estrema sobrietà e stringatezza" (cit. Dorfles)[13], che richiama l'immagine di un castello medievale o di una fortificazione aragonese.[1][14] La scelta di tale immagine è dovuta sia a motivazioni legate alla storia, vedasi il già citato Castello di Lagopesole tra le fonti di ispirazione, sia ad una ragione pubblicitaria che punta a rafforzare la sensazione di sicurezza ed affidabilità dell'istituzione bancaria.[14]
Le pareti esterne dell'edificio vedono largo impiego del cemento a vista, tipico dell'architettura moderna ma senza sfociare nel brutalismo[2], tranne che per il corpo cubico centrale che è contenuto da pareti vetrate del tipo a facciata continua, le quali formano così una membrana trasparente che rende visibile l'interno.[11] Secondo l'architetto con questa soluzione "l'immagine garante della banca viene così fuori attraverso la trasparenza del palazzo" (cit. Maggio) piuttosto che dalla tradizionale chiusura ed impenetrabilità dei palazzi bancari.[12] Gli elementi interni dell'arredo rimandano ad oggetti tipici di uno spazio pubblico più che a quelli di un edificio privato: le panchine, le illuminazioni simili a lampioni, la pavimentazione richiamano l'arredo urbano, come a voler rivendicare la necessità di spazi di aggregazione troppo spesso negati nelle periferie moderne, riappropriandosene tramite l'edilizia bancaria[14], tanto che l'interno della banca arriva a ricordare una piazza.[15]
Un'altra peculiarità degna di nota è la disposizione delle superfici vetrate per lo sfruttamento dell'illuminazione naturale: la copertura del grande salone della hall centrale permette di far filtrare e diffondere la luce solare, anche grazie ad un sapiente sistema di riflessione su superfici cristalline e metalliche[16], esaltando così anche le caratteristiche climatiche di una città di montagna, ma al tempo stesso meridionale, quale è Potenza[16]; inoltre, i banchi delle postazioni di lavoro sono stati distribuiti in funzione del ciclo solare e della disposizione degli assi eliotermici, per garantire la corretta illuminazione degli spazi.[15]
Vi è inoltre una voluta ricerca dell'asimmetria delle strutture precorritrice delle architetture del Brutalismo Sovietico, riscontrabile nella sfasatura delle torri, nell'organizzazione della pianta, dei caveau e persino della copertura vitrea; tale asimmetria è ritenuta uno degli aspetti più significativi dell'opera, dato che gli permette di svincolarsi dallo schematismo modulare e di formulare il proprio linguaggio architettonico.[16]
In conclusione, il palazzo bancario di Dante Benedetto Maggio rappresenta una riuscita sintesi tra due elementi di ispirazione diversi e discordanti: uno costituito dall'elemento medioevale di origine locale del Castello federiciano di Lagopesole, l'altro di stampo internazionale e contemporaneo, composto dai diversi riferimenti attinti dal progettista dal bagaglio dell'architettura moderna.[2]
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Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
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