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composto chimico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Esafluoroplatinato di xeno è il nome che fu attribuito al composto formato nella reazione tra esafluoruro di platino e xeno, in un esperimento che dimostrò che anche i gas nobili potevano reagire chimicamente. L'esperimento fu condotto all'Università della Columbia Britannica da Neil Bartlett, che assegnò al composto la formula "Xe+[PtF6]−". Ricerche successive dimostrarono che il composto in questione non ha questa formula, ma è una miscela di prodotti di composizione variable, Xe(PtF6)x con 1 ≤ x ≤ 2, con presenza di specie tipo [XeF]+[PtF6]− e [XeF]+[Pt2F11]−.[1][2]
Esafluoroplatinato di xeno | |
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Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | Xe+[PtF6]− |
Massa molecolare (u) | 440,367 |
Aspetto | solido arancione |
Numero CAS | |
Indicazioni di sicurezza | |
Nel 1962 Neil Bartlett scoprì che una miscela di esafluoruro di platino gassoso e ossigeno reagiva formando un solido rosso, che risultò essere esafluoroplatinato di diossigenile, O2+[PtF6]−.[3] Bartlett notò che il potenziale di ionizzazione di O2 (1175 kJ mol−1) era molto simile al potenziale di ossidazione dello xeno (1170 kJ mol−1). Chiese allora a suoi colleghi di dargli un po' di xeno "per provare qualche reazione",[4] e trovò che tra xeno e PtF6 in effetti avveniva una reazione.[5] Bartlett fu così il primo a provare che i gas nobili potevano formare composti, anche se il prodotto ottenuto non era quello da lui formulato originariamente. In seguito alla scoperta di Bartlett furono preparati vari altri composti di xeno.[1]
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