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filosofo e scrittore greco antico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Eraclide Lembo (in greco antico: Ἡρακλείδης Λέμβος[1]?, Hērakléidēs Lémbos; in latino Heraclides Lembus o Heracleides Lembus; fl. 180-145 a.C.) è stato un filosofo e scrittore greco antico.
Eraclide, nato forse ad Alessandria, fu un funzionario pubblico egiziano che visse durante il regno di Tolomeo VI Filometore[2]. Si diceva che avesse negoziato il trattato che poneva termine all'invasione dell'Egitto da parte di Antioco IV, nel 169 a.C. e che suo segretario fu Agatarchide di Cnido.[2] Si occupò, probabilmente durante le pause dell'attività politica o dopo il ritiro da essa, di opere di varia erudizione, specialmente riguardanti curiosità biografiche e paradossografiche.
Più nel dettaglio, sappiamo che Eraclide si era occupato di diversi argomenti.
L'opera maggiore erano le Storie (Ἱστορίαι), in almeno 37 libri, che riguardavano argomenti storici e mitologici e di cui restano cinque frammenti, concernenti la fondazione di Roma ad opera degli Achei di ritorno da Troia[3], l'alta stima della bellezza a Sparta[4], un'invasione di rane[5], Demetrio Poliorcete e suo padre Antigono Monoftalmo innamorati della stessa etera[6], eccentricità filologiche su Alessarco, fratello di Cassandro, inventore di neologismi[7].
Ancora, Eraclide aveva scritto un Λεμβευτικὸς λόγος, di cui non sappiamo nulla se non il titolo, al quale era dovuto il suo soprannome[1].
Tra le opere di epitomatore che lo caratterizzarono presso i posteri, un'epitome dell'opera di Sozione il Peripatetico, Successioni dei Filosofi[8]; delle Vite di Satiro di Callati[9]; dei Legislatori di Ermippo di Smirne[10]. Come detto, comunque, Eraclide è a noi noto soprattutto per gli Excerpta Politiarum, contenenti brevi estratti dalle Πολιτείαι (Costituzioni) e dai Νόμιμα βαρβαρικά ("Usi dei barbari") di Aristotele, e precisamente quaranta frammenti dai 158 scritti che componevano la prima opera e quattro dalla seconda.
Infine, si attribuisce ad Eraclide, con forti dubbi, una biografia di Archimede, menzionata da Eutocio[11].
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