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alpinista italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Enzo Cozzolino, all'anagrafe Vincenzo Cozzolino (Trieste, 28 giugno 1948 – Torre di Babele, 18 giugno 1972), è stato un alpinista italiano.
«Sono rimasto stupefatto nel vedere lo stile di Cozzolino, come sale leggero, sicuro, su pur minimi appigli. Dove altri hanno tentato con chiodi a espansione, lui è passato in libera»
Portato agli sport e all'attività all'aria aperta, iniziò ad arrampicare in Val Rosandra a 17 anni. In pochi anni Enzo, noto con il soprannome di "Grongo" (come l'omonimo pesce, per il mento e la dentatura pronunciati, nonché la tenacia) diventò un alpinista di punta, annoverato tra i pionieri del settimo grado,[1] che con i loro exploit porteranno all'apertura verso l'alto della scala UIAA.
Metodico nell'allenamento, fu tra i primi ad applicare un'etica alpinistica rivoluzionaria per l'alpinismo europeo, basata sull'utilizzo minimale dei sistemi di protezione e sul rifiuto dell'utilizzo del chiodo come mezzo di progressione, caratteristico degli anni sessanta.[2]
In tale stile, anche in solitaria, compì diverse prime ascensioni, alcune delle quali rimaste celebri. Tra di esse la via dei Fachiri (450 m, VI), aperta il 14 e 15 gennaio del 1972 insieme a Flavio Ghio con soli 12 chiodi sulla parete sudovest della Cima Scotoni, che ospita la storica via degli Scoiattoli, e il diedro che ha preso il suo nome sul piccolo Mangart di Coritenza, con Armando Bernardini, il 22 e 23 settembre 1970 (800 m, oggi VII-, con soli 10 chiodi). Compì anche diverse ascensioni di V e VI grado in solitaria, cosa di rilievo per i tempi, come la Comici alla Cima d'Auronzo (1° solitaria) e la Pisoni-Stenico alla Torre del Lago (1° solitaria invernale).
Impegnato nel servizio militare, durante un'ascensione di allenamento in solitaria alla via Soldà alla Torre di Babele (gruppo del Civetta) cadde trovando la morte a nemmeno 24 anni.
Ad Enzo Cozzolino sono stati intitolati:
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