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Elezioni presidenziali negli Stati Uniti d'America
procedura elettorale negli Stati Uniti d'America Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Le elezioni presidenziali degli Stati Uniti d'America sono una delle elezioni degli Stati Uniti d'America, con la quale vengono eletti il presidente e il vicepresidente di tale repubblica federale, per un mandato di quattro anni che inizia il 20 gennaio (detto pertanto Inauguration Day) dell'anno successivo a quello delle elezioni, procedura che coinvolge il Collegio elettorale degli Stati Uniti d'America.
Le elezioni si svolgono ogni quattro anni nel cosiddetto "Giorno dell'Elezione" (Election Day), che dal 1845 cade il martedì successivo al primo lunedì di novembre, questo per evitare che il giorno delle elezioni cada il 1º novembre, che è un giorno festivo.[1]
Concretamente, l'elezione viene effettuata con un metodo indiretto: i cittadini scelgono, con metodi stabiliti dai singoli stati federali, gli elettori (detti "grandi elettori") che formano il Collegio elettorale degli Stati Uniti d'America (United States Electoral College). Gli elettori possono assegnare il proprio voto a chiunque, tuttavia, salvo rare eccezioni, votano i candidati in nome dei quali sono stati eletti ciascuno nel proprio stato e le loro preferenze vengono confermate dal Congresso agli inizi di gennaio.
L'ultima elezione si è svolta il 5 novembre 2024; il presidente eletto è Donald Trump (già presidente dal 2017 al 2021).
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Svolgimento delle elezioni
Riepilogo
Prospettiva
Le modalità di elezione del presidente sono fissate dalla Sezione I dell'Articolo 2 della Costituzione degli Stati Uniti d'America, modificato secondo gli Emendamenti XII, XXII e XXIII. Presidente e vicepresidente appartengono alla medesima lista e vengono eletti dal Collegio Elettorale statunitense, i cui membri a loro volta sono eletti direttamente da ciascuno Stato dell'Unione. Il mandato del presidente e quello del vicepresidente durano quattro anni.
Come detto, le elezioni si svolgono ogni quattro anni, il martedì che segue il primo lunedì di novembre (anche se in molti Stati le elezioni si aprono con un anticipo di diverse settimane per permettere il voto anche agli assenti). Le procedure di voto sono gestite da consigli elettorali locali, col compito di garantire lo svolgimento equo ed imparziale della votazione ed impedire brogli e manomissioni dei risultati[senza fonte].
Candidatura
L'elezione avviene in due fasi: una prima, non prevista esplicitamente dalla Costituzione, in cui la popolazione partecipa attivamente alla designazione dei candidati dei due principali partiti e una seconda che invece è costituzionalmente regolata. La prima fase, o fase delle "elezioni primarie", consiste nella elezione dei candidati alle cariche di Presidente e di Vice Presidente e avviene nelle Convenzioni Nazionali dei due maggiori partiti, quello democratico e quello repubblicano. Può avvenire o attraverso elezioni primarie chiuse, o attraverso elezioni primarie aperte: in ogni caso sono così individuati i due maggiori candidati. La modalità di svolgimento delle elezioni primarie è diversa da partito a partito e ha anche alcune variazioni da Stato a Stato dell'Unione; il candidato alla presidenza può anche non passare attraverso le elezioni primarie (in genere viene ricandidato il presidente uscente se è al primo mandato, o il vicepresidente uscente). Il giorno in cui la maggior parte degli Stati dell'Unione è chiamata a votare per le primarie è anche detto "Supermartedì" (Super Tuesday). La seconda fase prevede innanzitutto l'elezione dei cosiddetti "Elettori Presidenziali" all'interno di ogni singolo Stato e in numero pari ai senatori e ai deputati attribuiti a quel medesimo Stato. Sono costoro coloro che voteranno a scrutinio segreto Vice Presidente e Presidente, e quest'ultimo, a seguito dello spoglio effettuato dal Presidente del Senato, verrà proclamato Presidente degli Stati Uniti d'America.
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Ballottaggio
Riepilogo
Prospettiva
Tutti i cittadini con diritto di voto sono chiamati alle urne per scegliere il candidato che preferiscono. Il ballottaggio presidenziale di fatto è un voto per eleggere "gli elettori di un candidato", ovvero il cittadino votante non elegge direttamente il candidato come presidente, bensì determina il Collegio Elettorale che a sua volta eleggerà il Presidente.
In numerose occasioni, il ballottaggio consente all'elettore o di votare globalmente la lista di un particolare partito politico, oppure di definire le sue preferenze per i singoli candidati. L'elenco dei candidati per le liste elettorali è stabilito attraverso un processo legale di selezione chiamato "accesso al ballottaggio". Solitamente, le liste per il ballottaggio presidenziale si costituiscono attraverso una procedura di pre-selezione su cui influiscono sia il peso numerico del partito politico dei singoli candidati, sia i risultati delle principali convenzioni per la loro nomina. In questo modo, la lista per le elezioni presidenziali non conterrà i nomi di tutti i concorrenti all'elezione, ma solamente quelli dei candidati che abbiano ottenuto una solida nomina da parte del loro partito durante le convenzioni elettorali o il cui partito sia numericamente abbastanza forte da garantirne per legge l'inserimento nella lista. La legge elettorale prevede la possibilità per altri candidati — al di fuori dei due partiti principali — di formare una propria lista raccogliendo un numero sufficiente di firme a loro sostegno. Tuttavia, nel corso dell'intera storia degli Stati Uniti, non si è mai dato il caso che un candidato presidenziale indipendente sia riuscito ad assicurarsi un posto sulla lista elettorale presidenziale secondo questa procedura.
Un ultimo sistema per potersi presentare alle elezioni presidenziali consiste nel fare iscrivere il proprio nome[2] nella lista al momento del voto elettorale. Questa opzione può venire utilizzata dai votanti per esprimere il proprio dissenso verso i candidati ufficiali; in ogni caso, nessun candidato di tale fattispecie (indicato come write-in) ha mai vinto un'elezione presidenziale negli Stati Uniti.
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Lo scenario 1824
Riepilogo
Prospettiva
Il cosiddetto "scenario 1824", che prende il nome dalle elezioni presidenziali del 1824, si presenta qualora nessuno dei candidati ottenga un numero di voti elettorali (grandi elettori) sufficiente per vincere le elezioni[3], che dal 2017 è di almeno 270. Questo può accadere in due modi: o nel caso in cui più di due candidati ottengano voti elettorali e nessuno raggiunga il 50%, o nel caso in cui i due candidati principali conseguano ciascuno esattamente la metà del plenum dei voti elettorali, che è attualmente 538. Se i concorrenti ottengono 269 voti ciascuno, significa che nessuno dei due ha raggiunto il "numero magico"; pertanto occorre procedere in un altro modo. Se nessun candidato raggiunge la maggioranza dei voti elettorali, presidente e vicepresidente vengono scelti in base ai dettami del XII emendamento. Il presidente è scelto dalla Camera dei Rappresentanti fra i tre candidati che hanno ricevuto più voti, ma in questa votazione si vota per Stati: i rappresentanti di uno stesso Stato dispongono, collettivamente, di un solo voto. Un secondo ballottaggio per la scelta del vicepresidente si tiene al Senato, con un voto per ogni senatore.
Nelle elezioni del 1824 ben quattro candidati ricevettero voti nel collegio elettorale: Andrew Jackson ricevette la maggioranza relativa dei voti elettorali espressi, ma non quella assoluta, e la Camera dei Rappresentanti scelse il suo sfidante John Quincy Adams in un ballottaggio a tre con anche William Harris Crawford. Il 1824 rappresenta l'unico esempio di applicazione del XII emendamento per le elezioni presidenziali. In tutte le altre elezioni presidenziali, vi è sempre stato un candidato che ha raggiunto la maggioranza assoluta dei voti elettorali espressi.
Tendenze elettorali
Riepilogo
Prospettiva
Negli ultimi decenni, uno dei candidati presidenziali nominati dai partiti democratico e repubblicano è quasi sempre stato un presidente in carica oppure un precedente o attuale vicepresidente. Di fatto, le elezioni del 2008 sono state una competizione aperta: per la prima volta dal 1952 e per la seconda volta soltanto dal 1928, né un vicepresidente né il presidente in carica sono stati i candidati nominati da uno dei due partiti principali.

Negli anni in cui i candidati nominati dai tre partiti principali non rientravano nelle file dei presidenti o vicepresidenti, la scelta è ricaduta su governatori o membri del Senato. Questo almeno fino al 2016, quando venne designato come candidato ufficiale del Repubblicano Donald Trump, che non aveva mai ricoperto alcun incarico politico in precedenza. Prima di lui, l'ultimo candidato dei partiti a non avere ricoperto tale incarico fu il generale Dwight D. Eisenhower, che vinse la nomina per il Repubblicano e divenne presidente nel 1953.
Tra gli ultimi otto presidenti (Jimmy Carter, Ronald Reagan, George H. W. Bush, Bill Clinton, George W. Bush, Barack Obama, Donald Trump e Joe Biden) la metà erano stati governatori almeno una volta. Bush sr., Obama, Trump e Biden non erano mai stati governatori. Geograficamente, tutti questi presidenti provenivano o da uno Stato molto grande (California, Texas), o da uno Stato a sud della linea Mason-Dixon[4] e a est del Texas.
Prima della vittoria di Barack Obama nel 2008, l'ultimo senatore in carica a essere eletto presidente degli Stati Uniti era stato John Fitzgerald Kennedy, del Massachusetts, nel 1960. Oltre a Obama e Kennedy, l'unico altro senatore in carica in grado di vincere un'elezione presidenziale è stato Warren G. Harding nel 1920, mentre i candidati del partito di maggioranza, senatori Andrew Jackson (1824), Lewis Cass (1848), Stephen A. Douglas (1860), Barry Goldwater (1964), George McGovern (1972), Walter Mondale (1984) e Bob Dole (1996) persero tutti quanti la competizione elettorale.
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Elezioni
Riepilogo
Prospettiva
1788-1796
1800-1896
1900-1996
Dal 2000
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Note
Voci correlate
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