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Ehsan Fatahian (Kermanshah, 1982 – Sanandaj, 11 novembre 2009) è stato un attivista iraniano, ucciso dalle autorità iraniane per la sua appartenenza all'organizzazione di sinistra Partito Komala del Kurdistan iraniano.
Fattahian era stato arrestato il 20 luglio 2008 a Kamyaran e accusato di "lavorare con gruppi di opposizione armati." Sentenziato dal tribunale rivoluzionario di Sanandaj,[1] l'intero processo si svolse a porte chiuse e senza una giuria indipendente. Negato della presenza di un avvocato, Fatahian ha respinto tutte le accuse contro di lui. [2]
Condannato a 10 anni di carcere ed esiliato a Ramhormoz, nel gennaio 2009 la Corte d'Appello ribalta il verdetto iniziale: condanna a morte Fattahian con l'accusa di Moharebeh (inimicizia verso Dio).[2]
Viene giustiziato alle prime ore del mattino di mercoledì 11 novembre 2009.[1][2][3] Amnesty International espresse la sua condanna verso l'esecuzione.[4]
Queste le sue parole in una lettera scritta quando era imprigionato a Sanandaj:[1] «Non voglio parlare della morte; vorrei porre domande sulle ragioni dietro essa. Oggi, quando la punizione è la risposta per coloro che cercano libertà e giustizia, come può uno temere la propria sorte? Quelli di “noi” che sono stati condannati a morte da “loro” sono colpevoli solamente di cercare una strada per un mondo più giusto e migliore. E “loro”, sono consapevoli dei propri gesti?».
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