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militare e patriota italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Efisio Tola (Sassari, 15 giugno 1803 – Chambéry, 12 giugno 1833) è stato un patriota italiano, uno dei primi martiri del Risorgimento. Ufficiale sardo, mazziniano, fu fucilato per ordine di Carlo Alberto.
Efisio Tola nacque nel Palazzo Tola a Sassari. Tuttora due targhe ricordano la sua nascita. Appartenente a onorata famiglia di Sassari, aveva ricevuto una buona educazione umanistica. I suoi genitori si chiamavano Gavino Tola e Maria Tealdi, e suo fratello Pasquale fu un famoso giurista, storico e diplomatista.
Luogotenente della Brigata Pinerolo, in Savoia ebbe contatti con la Giovine Italia, costituita poco tempo prima (luglio 1831) da Giuseppe Mazzini e diffusa inizialmente fra i militari del Regno di Sardegna (1720-1861)[1]. I primi militari appartenenti alla società mazziniana vennero scoperti per caso a Genova e i componenti dell'intera struttura vennero identificati dopo le confessioni di un aderente. Il primo processo si svolse a Chambéry nel maggio 1833 e il comportamento di Tola fu esemplare[2].
Il 10 giugno 1833 Tola venne condannato a "pena della morte ignominiosa, semplicemente per aver letto la Giovane Italia di Giuseppe Mazzini"[3], e la condanna venne eseguita il giorno successivo. La motivazione della sentenza fu così esposta sulla "Gazzetta Piemontese", il giornale ufficiale del Regno di Sardegna, del 13 giugno 1833:
«per avere, fin dal 5 di aprile, avuto fra le mani libri sediziosi, avere avuto notizie, e non averle rivelate ai superiori o ad altre autorità, di alcune trame sediziose intese a sovvertire il governo di S. M. ed a sostituirvi un regime demagogico che comprendesse tutta l'Italia; per aver comunicato i detti scritti ad altri militari ed aver cercato di procurar partigiani alle dette trame.»
Ricordava Montanelli:
«La requisitoria più severa si appuntò sul tenente sardo Efisio Tola che negl'interrogatori respinse qualsiasi addebito, si rifiutò di fare qualsiasi rivelazione e, di fronte al plotone di esecuzione, si denudò sereno da solo il petto dicendo: "voi versate un sangue innocente, ma io vi insegnerò come si debba e come si sappia morire. La crudeltà sotto nome di giustizia mi vuol morto e morrò: non sono né reo né ho complici: e se pure ne avessi né il nome sardo né il mio farei prezzo di tanta infamia e tanta viltà.".»
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