Dominique Papety, il cui nome completo era Dominique Louis Féréol Papety, vide la luce a Marsiglia, in rue Longue des Capucins, dove suo padre faceva il mestiere di saponaio, e imparò a disegnare con Augustin Aubert (1781-1857). Trasferitosi a Parigi, nel 1835 entrò nell'atelier di Léon Cogniet presso l'École des beaux-arts[1].
Nel 1836, Papety vinse il primo Gran "Prix de Rome", con una tela dal soggetto biblico: "Mosè percuote la roccia per farne scaturire l'acqua".
Così il giovane Papety si recò a Villa Medici a Roma, dove si trattenne dal 1837 al 1842. Rientrato a Parigi fu ben presto affascinato dalla pittura di Ingres e ne subì l'influenza. Ingres ammirò molto questo suo discepolo e disse di lui:
" Non fu mai un allievo, bensì un maestro, non appena prese in mano un pennello"[2].
Papety conobbe inoltre François Sabatier, grande conoscitore e collezionista di antichità, del quale divenne amico e che accompagnò quello stesso anno in Grecia, fra l'aprile e l'agosto del 1846, dove visitò persino i ventitré monasteri del Monte Athos. Da questo viaggio ritornò con centinaia di disegni e di appunti, con i quali scrisse e pubblicò nei primi mesi del 1847 un "rapporto" intitolato "Les peintures byzantines et les couvents de l'Athos"[3], che comparve sul periodico "Revue des deux Mondes".
In quel periodo Papety era affascinato dalle teorie di Charles Fourier, e fu proprio sulla base tali idee che egli dipinse il suo quadro più celebre: Le Rêve du Bonheur (Il sogno della felicità), conservato oggi nel Museo Antoine-Vivenel di Compiègne.
Ma nell'agosto dello stesso anno tornò in Grecia, in seguito all'incoronazione del re Ottone I di Grecia. Come dal viaggio precedente Papety tornò carico di documentazioni che, fra le altre, gli servirono per le decorazioni del Pantheon di Parigi. Questa considerevole quantità di documenti, scritti e disegnati, che arricchivano la conoscenza dei costumi, dei paesaggi, dei monumenti e delle usanze locali con le annotazioni segnate ai margini dei disegni, fa di Papety un giornalista, un autentico etnologo e un documentarista dei siti archeologici. Non fu quindi per caso che, su proposta di Antoine d'Orléans, egli fu chiamato a rappresentare la corte e la famiglia reale in una scena che commemorava un avvenimento recente: la visita dei monumenti di Atene, compiuta dai reali il 12 settembre del 1845.
Ma in Morea egli aveva purtroppo contratto il colera. Rientrò a Marsiglia ormai molto ammalato, e durante un soggiorno in Camargue, gli accessi di febbre raddoppiarono. Era la fine: Papety tornò a casa e morì confortato dalla famiglia nel 1849. Aveva vissuto soltanto 34 anni. L'epidemia di colera, che devastava tutta la regione, impedì agli amici artisti di onorare le sue esequie con una imponente manifestazione.
Dopo la sua morte fu organizzata una vendita dei suoi lavori. Alla fine, migliaia delle sue opere andarono disperse.
Lista incompleta delle opere presenti nelle collezioni pubbliche.
Charles Baudelaire scrisse di lui:
«Papety era molto promettente, si dice. Il suo ritorno dall'Italia fu preceduto da elogi quantomeno imprudenti. In una tela enorme, che mostra fin troppo chiaramente le recenti usanze dell'Accademia di pittura, Monsieur Papety aveva tuttavia trovato delle pose felici e qualche motivo di composizione; e malgrado i suoi colori scialbi, vi era da sperare per questo autore un avvenire serio. Da allora egli è rimasto nel livello secondario delle persone che dipingono bene e hanno dei bozzetti pieni di idee pronte all'uso. Il colore dei suoi quadri ("Memphis" - "Un assaut") è comune. Peraltro essi hanno un aspetto del tutto diverso, il che induce a credere che Monsieur Papety non abbia ancora trovato il suo modo di esprimersi.»[38].
Una strada reca il suo nome nel 7º arrondissement di Marsiglia. La "rue Papety" parte dal viale Louis Pasteur, presso il Palazzo del Faro, e scende fino alla spiaggia "Les Catalans"
Ebbe per compagno di studi Charles Octave Blanchard (1814-1842) che si aggiudicherà nello stesso anno di Papety il primo secondo "Grand Prix de Rome", mentre Jean Murat otterrà il secondo Grand Prix, pupillo di Jean-Baptiste Regnault e di Merry-Joseph Blondel
Paul Masson, Encyclopédie départementale des Bouches-du-Rhône, Archivi dipartimentali delle Bouches-du-Rhône, Marsiglia, 17 volumi editi dal 1913 al 1937, tomo XI, p.378
Questo quadro eseguito nel 1839 fu esposto nel Palazzo delle belle arti di Parigi nell'agosto 1840 con il titolo Fontaine antique. Il tema verrà ripreso più volte da Papety, che realizzerà in particolare una replica con varianti intitolata Femmes grecques à la fontaine, conservata al Louvre
Charles Baudelaire, "Curiosités esthétiques - Salon de 1845 - Tableaux d'histoire"
André Alauzen, Laurent Noet, Dictionnaire des peintres et sculpteurs de Provence-Alpes-Côte d'Azur, Editore Jeanne Laffitte, Marsiglia, pagine 473. 2006 (1ª edizione 1986). ISBN 9782862764412
Jonathan P. Ribner, Le Culte de la loi dans l'art français de David à Delacroix, University of California Press, Berkeley, Los Angeles, Oxford, 1993.
Adrien Blès, Dictionnaire des rues de Marseille, Edizioni Jeanne Laffitte, Marsiglia.