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pittore e scultore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Domenico Guarino (Napoli, 1683 – 1750) è stato un pittore e scultore italiano.
Fu allievo di Paolo De Matteis, anche se in seguito seguì lo stile di Luca Giordano.
«Fu della Scuola di Paolo [de Matteis], ma invaghito poi della bella tinta di Luca Giordano»
Fu molto apprezzato soprattutto in ambiente ecclesiastico, realizzò molte tele e altari per diverse chiese, soprattutto per l'Ordine francescano.
Molte delle sue opere si trovano in Basilicata che fu la sua regione d'adozione, ma lavorò anche a Napoli per i restauri dell'Incoronata, quelli alla Certosa di San Martino e delle tele per la chiesa di San Nicolò della Dogana sempre nella capitale del Regno, del San Gennaro contenuto in questa chiesa il Celano nel suo Notizie del bello dell'antico e del curioso della città di Napoli raccolte dal Carlo Celano (1856) come di:
«opera nobilissima del Guarino da Solofra»
Confondendo Domenico Guarino con il più celebre Francesco Guarini che effettivamente era nato a Solofra.
Inoltre, sono documentate sue tele anche per la Cappella delle Sante Orsola e Caterina dei Rossi.
Più spesso lavorò in provincia come per il convento di Sant'Antonio e la chiesa di Santa Maria dei Greci a Caggiano, nel salernitano, tele datate 1727. Ma, come abbiamo detto, la regione in cui ha lasciato la maggior parte delle sue opere è la Basilicata dove ricordiamo le tele per la chiesa madre e quelle per il convento di Santa Maria delle Grazie, del 1747, a Pisticci insieme con Andrea Vaccaro, il più celebre pittore, insieme a Francesco Solimena, di scuola napoletana tardo barocca. Altre opere, sempre in area lucana, sono le tele per la chiesa di Sant'Antonio da Padova di Stigliano, il San Francesco riceve l'indulgenza alla Porziuncola e altre tre tele raffiguranti: Sant'Agata, Santa Lucia e Sant'Apollonia (siglate D.G.) per la chiesa del Sacro Cuore di Genzano di Lucania e l'altare del convento di Sant'Antonio di Pomarico del 1726.
Una sua Deposizione si trova nell'Abbazia di San Michele Arcangelo sull'isola di Procida ed è datata 1746.
Come scultore viene ricordato per la sua opera di rifinitura della cappella Mazza per la chiesa della Santissima Annunziata di Salerno, iniziata da Ferdinando Sanfelice e terminata dal Guarino nel 1727.
In una sua vita esposta nel libro: Vite de' pittori, scultori ed architetti napoletani di Bernardo De Dominici del 1742, il pittore viene descritto soprattutto nella sua opera di restauratore della Certosa e dell'Incoronata, anche se questi restauri celavano opere ben più antiche.
«[ ...] è stato scelto da' PP. Certosini di S. Martino per rinnovare le antiche pitture di Giotto[1] nella Real Chiesa dell'Incoronata. (p.546)»
Ma su questo dubbio lavoro di restauro il De Simone, nel suo Le chiese di Napoli descritte e illustrate da Giuseppe de Simone (1845) scrive, a proposito di certe tele di Belisario Corenzio alla Certosa restaurate nel XVIII secolo:
«certi contorni troppo risentiti e certe durezze di cui era esente il pennello di Bellisario [sic], svelano la barbara opera del ristauratore il quale [...] sappiamo essere stato Domenico Guarino (p. 36).»
Oltre il lavoro di restauro viene citato anche per le sue opere, soprattutto nel napoletano.
Dipinse, sempre secondo il de Dominici, due tele per la stessa chiesa dell'Incoronata che stava restaurando: un martirio di San Gennaro e un San Gregorio Taumaturgo; queste tele vengono ricordate come già scomparse da Luigi d'Afflitto nel 1834 nel suo libro: Guida per i curiosi e per i viaggiatori che vengono alla città di Napoli.
Soltanto Filippo De Boni, nella sua Biografia degli artisti (1840), spezza una lancia in favore del Guarino parlando delle sue opere in San Nicolò della Dogana:
«[...] ma le migliori sue opere sono a San Nicolò della Dogana le quali s'ammirano per molta freschezza e per giudiziosi accidenti di lumi (p. 58)»
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