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centro commerciale chiuso o quasi inutilizzato Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Per dead mall (lett. "centro commerciale morto/abbandonato" in lingua inglese) si intende un centro commerciale chiuso o con un alto tasso di posti vacanti e che attrae un numero limitato di visitatori.[1][2]
Il fenomeno dei centri commerciali deserti ha interessato nazioni di tutto il mondo e catturato l'attenzione di giornalisti ed esperti di economia specialmente a partire dagli anni 2010, quando una serie di fattori, tra cui i cambiamenti demografici e il generale aumento del divario tra ricchi e poveri, contribuì a ridurre il numero dei clienti che visitano i centri commerciali segnandone la crisi.
Dal momento che i centri commerciali emergono laddove vi sono solide dinamiche demografiche e redditi familiari sufficientemente elevati da sostenerli,[3] un mutamento delle realtà sociale può segnare l'inizio della loro crisi. Secondo quanto riporta il Weldon Cooper Center for Public Service dell'Università della Virginia:[4]
«Durante gli anni novanta, la maggior parte delle città degli Stati Uniti aveva una forma a "ciambella": i residenti più ricchi si trovavano in un anello in forte espansione che circondava un nucleo abitato decadente. Oggi le città assomigliano sempre più a quella che è stata definita "nuova ciambella" e dove vi sono tre anelli anziché due. Il centro è quello dove si concentrano le persone più facoltose, con un buon livello di istruzione e un alto reddito. Esso è abitato perlopiù da giovani adulti di età inferiore ai 35 anni. I poveri, nel frattempo, stanno migrando verso l'esterno, creando un "anello interno" di quartieri urbani e suburbani intorno al nucleo dove il reddito pro capite medio è inferiore e stagna il livello di istruzione. Oltre l'anello interno ve ne è un terzo composto da nuove e grandi periferie in continua crescita demografica.»
Nel caso del Cloverleaf Mall, che si trovava nella contea di Chesterfield (Virginia) ed ebbe grande successo durante gli anni settanta e ottanta, la decadenza sarebbe iniziata negli anni novanta quando "i suoi migliori clienti, le donne, cominciarono ad allontanarsi dal centro commerciale, timorose dei giovani che iniziarono a radunarsi abitualmente lì". Stando a quanto documenta un ex manager del centro commerciale, "la gente ha iniziato a vedere bambini che portavano enormi pantaloni e catene appese alle cinture; le persone intimidite iniziarono a pensare che facessero parte di bande giovanili".[5]
La crisi dei negozi fisici di vendita al dettaglio, anche nota come apocalisse del commercio al dettaglio (dall'inglese retail apocalypse) ha inciso profondamente sui centri commerciali. Tra i fattori che hanno contribuito all'apocalisse dei retail vi sono la crisi finanziaria del 2007-2008, l'accumulo di titoli societari, i cambiamenti delle abitudini di spesa dei consumatori, il commercio elettronico[6] e la pandemia di COVID-19.[7]
Secondo quanto riporta Federico Rampini de la Repubblica, uno dei fattori scatenanti del fenomeno negli USA sarebbero le diseguaglianze sociali. Egli ritiene che i centri commerciali, destinati al ceto medio e a una classe operaia, avrebbero perso terreno con l'aumentare del divario di ricchezza tra poveri e ricchi in quanto i primi prediligono i discount, mentre i secondi preferiscono i grandi magazzini di lusso.[8]
Si è tentato più volte di riqualificare i centri commerciali falliti o sull'orlo del fallimento. Alcune società di leasing e management hanno modificato l'architettura, il layout, l'arredamento e altri componenti dei centri commerciali per spingere gli affittuari dei negozi a ottenere maggior profitti. Alcune strutture di questo tipo sono state convertite in centri di distribuzione.[9][10]
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