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I criteri di resistenza dei materiali costituiscono un metodo semiempirico per costruire il dominio elastico degli stati tensionali ammissibili per i materiali, cioè l'intervallo di stati tensionali che i diversi materiali possono sopportare senza intercorrere in condizioni limite di snervamento per materiali duttili o di rottura per materiali fragili.
Dal punto di vista macroscopico, sia la plasticizzazione dei materiali duttili che la rottura dei materiali fragili evidenziano l'esistenza di un dominio limitato degli stati tensionali possibili per un materiale. Per generici stati di tensione pluriassiali, a tale dominio può essere data una rappresentazione del tipo
dove i punti interni del dominio, caratterizzati dalla
sono riconducibili ad un comportamento di tipo elasto-lineare, mentre la frontiera del dominio, definita dalla condizione
segna il limite di validità del comportamento elastico-lineare con il sopraggiungere di fenomeni fortemente nonlineari (la plasticizzazione per i materiali duttili, la rottura per i materiali fragili).
Mancando una consolidata teoria che porti alla costruzione razionale del dominio elastico dei materiali sulla base del loro comportamento micromeccanico, tale dominio può pertanto essere costruito solo per via empirica in accordo con i risultati sperimentali.
Nel caso particolare di materiali isotropi, la rappresentazione del dominio elastico può essere ricondotta in termini solo delle tre tensioni principali , ma non delle direzioni principali di tensione.
Nel caso di stati monoassiali di tensione, il dominio delle tensioni
è caratterizzato dai due valori limite a trazione e compressione. La rappresentazione di tale dominio è riconducibile alla forma definendo la funzione delle tensioni, ad esempio, mediante la
La determinazione dei valori limite risulta facilmente conseguibile mediante prove sperimentali (a trazione e compressione) sui provini di materiale.
Nel caso di stati piani di tensione (o deformazione), il dominio elastico dei materiali può essere costruito mediante un approccio fenomenologico, cioè sulla base di una descrizione semplice e compatta dell'insieme dei dati sperimentali con il minimo di ipotesi semplificatrici.
Tale approccio consiste nell'eseguire diverse prove sperimentali con diversi rapporti tra le componenti principali di tensione. Ciascuna di queste prove è condotta fino al raggiungimento della condizione limite (di snervamento o rottura) riportando nel piano di Mohr il cerchio rappresentativo del relativo stato tensionale limite.
L'inviluppo dei cerchi così ottenuti definisce una curva limite di plasticità
Essa delimita il dominio elastico del materiale, nel senso che ad ogni stato tensionale piano, il cui cerchio rappresentativo nel piano di Mohr è interno a questo dominio, corrisponde uno stato elastico del materiale, mentre se tale cerchio di Mohr è tangente alla curva limite corrisponde uno stato limite del materiale.
Su tale approccio fenomenologico si basa il metodo di Coulomb (indicato anche frequentemente come criterio di rottura di Coulomb). In particolare il metodo approssima il tratto più significativo della curva limite mediante una retta
definita in termini delle due costanti indicati generalmente come tensione di coesione ed angolo di attrito, con riferimento allo studio delle terre (la Geotecnica) dove il metodo trova più largo impiego.
Un procedimento quale quello seguito nel caso bidimensionale è pressoché irrealizzabile in regime tridimensionale di tensioni, sia per la tipologia di prove sperimentali necessarie (non tutte realmente possibili in laboratorio), sia per la quantità e varietà di dati che queste inevitabilmente forniscono.
Nel caso di tensioni pluriassiali la costruzione del dominio elastico fa uso di una strategia semiempirica basata sui criteri di resistenza. Tale strategia si articola in due tempi:
In altre parole il procedimento richiede un'ipotesi preliminare (il criterio di resistenza), su quale tensione, o su quale combinazione di tensioni in uno stato tensionale complesso, determina il passaggio allo stato limite (di snervamento o rottura) del materiale. Ciò permette di costruire la forma del dominio elastico, ma non ne completa la costruzione.
La definizione di un criterio di resistenza per un dato materiale consente però di confrontare, per quel materiale, stati tensionali diversi ma equivalenti ai fini della sicurezza alla condizione limite, e quindi di relazionare il generico stato di tensione tridimensionale con lo stato tensionale monoassiale in condizioni limite. Ciò permette di completare facilmente la costruzione del dominio elastico tarandolo sul dominio elastico costruito sperimentalmente in condizione di tensione monoassiale.
Soggetti allo stesso stato di tensione, materiali diversi si comportano diversamente. Questo comporta che un'ipotesi sul comportamento limite, valida per un materiale, può non essere più valida per un altro materiale. Pertanto un criterio di resistenza non può avere carattere universale, di validità per tutti i materiali possibili, ma è legato strettamente alla tipologia di materiale considerato.
I criteri di resistenza più noti ed usati sono:
I criteri di resistenza citati non esauriscono la casistica di quelli proposti e utilizzati. Esistono materiali per i quali sono stati definiti e utilizzati con successo altri criteri di resistenza. Nel caso ancora di materiali anisotropi (ad esempio il legno, i compositi e alcune rocce) tale anisotropia deve essere tenuta in conto dal criterio. Esistono infine materiali per i quali non sembrano ancora disponibili criteri universalmente accettati come soddisfacenti.
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