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I criteri di Roma sono dei criteri diagnostici stabiliti da una commissione internazionale per definire la diagnosi e guidare il trattamento dei disordini funzionali gastrointestinali (FGIDs), come la sindrome dell'intestino irritabile (IBS), la dispepsia funzionale e la sindrome da ruminazione.[1] I criteri diagnostici di Roma sono nati grazie alla Fondazione Roma, organizzazione non profit, sotto la gestione professionale del Degnon Associates con sede a McLean, in Virginia.
Negli anni sono stati fatti diversi approcci sistematici, spesso falliti, di classificare l'area dei disordini funzionali gastrointestinali, a cominciare dal 1962, quando Chaudhary e Truelove pubblicarono una revisione retrospettiva dei pazienti con IBS a Oxford, in Inghilterra. In seguito nacquero i "Criteri di Manning" per la sindrome dell'intestino irritabile, ricavati da un documento pubblicato nel 1978 da Manning e colleghi.[2] Dopo questa prima importante classificazione, il lavoro scientifico di ricerca sui disordini funzionali gastrointestinali è proseguito con ulteriori studi.
I criteri di Roma (Le linee guida di Roma per IBS) si sono evoluti da una prima serie di criteri pubblicate nel 1989, attraverso il sistema di classificazione Roma per le FGIDs (1990), o Roma I. Successivamente si sono succedute i criteri di Roma I per IBS nel 1992 e per le FGIDs nel 1994.
Nel 1999 sono stati rivisitati i criteri di Roma I, per l'IBS e per le FGIDs, in quelli di Roma II.
Nel 2006, sono stati implementati i più recenti criteri di Roma III. Sia i "Roma II" e i "Roma III" considerano criteri di consenso pediatrici.[3]
I criteri di Roma sono sviluppati e poi pubblicati attraverso un processo consensuale, utilizzando il metodo Delphi (o tecnica Delphi). Lo sforzo editoriale è stato organizzato da un Comitato di Coordinamento di Roma. Questo processo richiede in genere molti mesi di lavoro dei ricercatori impegnati ed organizzati in comitati. I comitati di lavoro con conferenze mail e conferenze telefoniche sono impegnati fino all'incontro finale, che si è svolto a Roma, Italia.
Il lavoro prodotto per emanare i criteri di Roma III ha coinvolto 87 partecipanti provenienti da 18 paesi raggruppati in 14 comitati. In questa circostanza sono stati aggiunti membri da paesi al di fuori delle nazioni più industrializzate occidentali; per la prima volta erano presenti membri provenienti da Cina, Brasile, Cile, Venezuela, Ungheria e Romania.
Ulteriori gruppi di lavoro sono stati creati per lavorare su temi quali sessualità, società, paziente e problematiche sociali, farmacologia e farmacocinetica. Due comitati si sono occupati degli aspetti propri della pediatria: uno dedicato allo studio del neonato e bambino, l'altro applicato al bambino e all'adolescente.[4]
I criteri diagnostici di Roma IV per i disordini gastrointestinali funzionali sono di seguito elencati:[5]
A. Disordini funzionali dell'esofago
B. Disordini funzionali dello stomaco e del duodeno
C. Disordini funzionali intestinali
D. Sindrome da dolore addominale funzionale
D1. Centrally mediated abdominal pain syndrome
D2. Iperalgesia gastrointestinale da oppioidi
E. Disturbi funzionali della colecisti e dello sfintere di Oddi
F. Malattie funzionali dell'ano e del retto
G. Disturbi funzionali nei neonati, lattanti e bambini
H. Disturbi funzionali nei bambini più grandi e negli adolescenti
La IBS o Irritable bowel syndrome (Sindrome del colon irritabile) non va scambiata con la Inflammatory bowel disease IBD (Malattia infiammatoria intestinale). La IBS è una delle più comuni malattie gastrointestinali oggi diagnosticata; si stima presente nel 25-50% delle consultazioni dei gastroenterologi.[6]
I clinici devono usare una serie di procedure e test di laboratorio per confermare questa diagnosi. Il requisito cardine per la diagnosi di IBS è il dolore addominale. I criteri di Roma II sono stati utilizzati per diagnosticare la IBS dopo un'attenta anamnesi del paziente e facendo anche un esame fisico addominale alla ricerca di sintomi.
Con i criteri di Roma III, sono stati incorporati ed emanati alcuni cambiamenti che modificano i precedenti criteri, inoltre sono stati emanati criteri pediatrici.
Secondo i comitati di Roma II e il funzionale Gut Group Brain Research, l'IBS può essere diagnosticata sulla base della presenza di sintomi da almeno 12 settimane, non necessariamente consecutive, purché nei 12 mesi precedenti ci sia stato disagio o dolore addominale con due su tre di questi caratteristiche:
I sintomi che cumulativamente supportano la diagnosi di IBS sono:
Sintomi aggiuntivi di IBS:
Sottotipi di presentazione prevalente delle feci nella IBS secondo i criteri di Roma II |
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IBS-D (con diarrea predominante): almeno 1 di B, D, F e nessuno di A, C, E; o almeno 2 di B, D, F e uno di A o E. |
IBS-C (con stipsi predominante): almeno 1 di A, C, E e nessuno di B, D, F, o almeno 2 di A, C, E e uno di B, D, F. |
Sottotipi di presentazione prevalente delle feci nella IBS secondo i criteri di Roma III[8] |
1. IBS con costipazione (IBS-C) - feci dure o grumose * ≥25% e sciolte (molli) o feci acquose† <25% movimenti intestinali. ‡ |
2. IBS con diarrea (IBS-D) - sciolte (molli) o feci acquose † ≥25% e feci dure o grumose * <25% movimenti intestinali. ‡ |
3. IBS tipo misto (IBS - M) - feci dure o grumose * ≥ 25% e sciolte (molli) o feci acquose † ≥25% movimenti intestinali. ‡ |
4. IBS non tipizzate (IBS - U) - insufficiente anormalità delle feci per essere IBS-C, D o M.‡ |
† Bristol Stool Scale tipo 6-7 (pezzi soffici con bordi frastagliati, molli o acquose, senza pezzi solidi o interamente liquide); |
Sintomi allarme chiavi non tipici di IBS sono:
Un aggiornamento a questi criteri è stato emanato in occasione del III convegno di Roma e pubblicato nel maggio 2006. La validità dei sottotipi, in questa revisione, è stata rimessa in discussione, poiché:
Oltre a soddisfare questi criteri positivi, i pazienti devono effettuare test di laboratorio con un esame emocromocitometrico completo, batteria di esami chimico/fisico di base, con la VES.
L'accuratezza diagnostica per l'IBS è di oltre il 95% quando i criteri di Roma II sono soddisfatti e la storia clinica del soggetto e l'esame fisico non suggeriscono alcun'altra causa con prove di laboratorio iniziali negative.
In passato si pensava che la diagnosi di IBS fosse basata su una diagnosi di esclusione, cioè, se non si riesce a trovare una causa allora l'IBS diventa la diagnosi. La diagnosi di IBS si basa, invece, su criteri di inclusione secondo i criteri di Roma II (aggiornati nei criteri di Roma III) escludendo altre malattie e basandosi sull'anamnesi, l'esame fisico, e test di laboratorio. Anche se i criteri di Roma II e III non sono stati progettati per essere linee guida nella gestione dei pazienti, esse sono un "gold standard" per la diagnosi di IBS. La diagnosi positiva aiuta il medico nella diagnosi e i pazienti nel riconoscimento della terapia.[9]
Una diagnosi di IBS, in un paziente adulto, è utile solamente come strumento per escludere eventuali problemi più gravi ed è impiegata per discernere una condizione clinica da eventualmente approfondire.
Con i Criteri di Roma III è stata validata la Bristol Stool Scale come utile e facile strumento per la diagnosi di IBS nelle sue varianti cliniche;[10][11][12][13][14][15] ed anche per una valutazione della risposta ai vari trattamenti terapeutici.[16][17][18][19][20][21][22][23]
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