Conclave è un termine che deriva dal latino cum clave, cioè "(chiuso) con la chiave" o "sottochiave" che usualmente indica sia la sala in cui si riuniscono i cardinali della Chiesa cattolica per eleggere un nuovo papa, sia la riunione vera e propria. Viene spesso riferito allegoricamente anche a riunioni generiche (es. conclave di medici, conclave di giuristi).

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La Cappella Sistina: vi fu celebrato il primo conclave nel 1492; dal 1878 è sede stabile di ogni conclave.

L'evento storico che diede il nome di conclave all'elezione dei pontefici risale al 1270, quando gli abitanti di Viterbo, allora sede papale, stanchi di anni di indecisioni dei cardinali, li chiusero a chiave nella sala grande del palazzo papale e ne scoperchiarono parte del tetto, in modo da costringerli a decidere al più presto chi eleggere come nuovo pontefice, ruolo che andò a papa Gregorio X; tale fatto è stato ricordato nel capoluogo della Tuscia con l'inaugurazione nel 2016 di un nuovo allestimento che ricorda quelle vicende[1].

Tuttavia il primo Pontefice eletto cum clave fu papa Gelasio II, eletto il 24 gennaio 1118 all'unanimità dei cardinali riuniti nel Monastero di San Sebastiano sul Palatino, luogo segreto e chiuso al pubblico scelto appositamente per evitare interferenze esterne sulla scelta del successore di Pietro (si era in piena lotta per le investiture).

Storia

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La sala del conclave del Palazzo dei Papi di Viterbo

Nei primi anni del cristianesimo, l'elezione del nuovo pontefice avveniva nell'assemblea dei cristiani di Roma, a volte su indicazione stessa del predecessore: è il caso ad esempio di papa Lino, successore di Pietro apostolo. Ci fu anche il caso di papa Fabiano che, secondo una tradizione tramandata, nel 236 venne eletto poiché durante l'assemblea una colomba si sarebbe posata sul suo capo, fatto che venne interpretato come segno della volontà divina.[2]

In seguito all'editto di Costantino (313) e al diffondersi della nuova religione nell'Impero romano, dal 336, su decisione di papa Marco l'elezione fu riservata al clero dell'Urbe. In altre parole, così come succedeva per i vescovi di altre diocesi, il clero della diocesi di Roma era il corpo elettorale per eleggere il vescovo di Roma. Invece di essere votato, il vescovo veniva scelto per consenso generale o per acclamazione. Il candidato veniva poi presentato al populus (i capi delle grandi famiglie) per l'approvazione o disapprovazione generale. Questa incertezza nelle procedure elettorali di tanto in tanto ha dato luogo a papi rivali o antipapi, e sicuramente diede ampi spazi di manovra alle più potenti famiglie romane che controllavano le scelte e candidavano loro esponenti al soglio di Pietro.

Il diritto dei laici di rifiutare l'eletto venne abolito dal sinodo lateranense del 769, ma restaurato a favore della nobiltà romana da papa Niccolò I durante un sinodo a Roma nell'862. Dall'824, inoltre, il papa era sottoposto al giuramento di fedeltà al Sacro Romano Impero (Constitutio romana), il cui compito era quello di garantire la sicurezza e la pace pubblica a Roma nella sua veste di «avvocato e procuratore della Chiesa».

Con l'espressione saeculum obscurum[4] si individua il cupo e disastroso periodo della storia del papato che va dall'888 al 1046 (inizio della riforma gregoriana), durante il quale le elezioni papali furono caratterizzate da pesanti pressioni dalle famiglie romane (in particolare i Conti di Tuscolo e i Crescenzi) che portarono al soglio pontificio alcuni personaggi di basso spessore morale. Contemporaneamente gli imperatori Enrico II ed Enrico III entrarono prepotentemente nelle questioni inerenti alle elezioni pontificie, portando avanti loro candidati, creando pontefici alternativi e costringendo il papato stesso a intraprendere un percorso di riforma. Così, nel 1059 papa Niccolò II decise di affidare l'elezione ai soli cardinali vescovi[5] e nel 1179 papa Alessandro III stabilì con il Concilio Lateranense III che dovesse decidere l'intero collegio cardinalizio.[6] Era comunque sempre possibile l'elezione anche di semplici maschi battezzati.

Durante i secoli spesso si verificò anche l'ingerenza di re e imperatori che imponevano alcuni candidati o imponevano il veto su altri. Uno dei primi esempi è quello di Ottone I, che nel 964 si fece attribuire da papa Leone VIII il diritto di approvare o meno la scelta del papa, che avrebbe dovuto poi giurare fedeltà all'imperatore.[7]. Nel 1903, quando si trattò di eleggere il successore di papa Leone XIII, l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe pronunciò il suo veto contro il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro.[8] Il collegio cardinalizio respinse il veto ma elesse comunque un diverso candidato, il patriarca di Venezia Giuseppe Sarto, che divenne Pio X: fu proprio papa Sarto a stabilire che i futuri elettori non avrebbero dovuto accettare mai più alcun "veto".

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La fumata nera che indica che non è stato ancora eletto alcun pontefice.

Nel 1198 i cardinali si riunirono per la prima volta in volontaria clausura[9] ma la decisione dell'isolamento della riunione cardinalizia fu stabilita solo nel 1274 dal Concilio di Lione II, con la Costituzione apostolica Ubi Periculum di papa Gregorio X,[10] per impedire i ritardi, i tentativi di influenza esterna e le corruzioni che in diversi casi si erano verificati. Tale costituzione apostolica era la conseguenza di un evento eclatante che si era avuto appunto dopo la morte di papa Clemente IV nel 1268, quando la città di Viterbo fu sede dell'elezione papale del 1268-1271. Dal momento che i 19 cardinali riuniti non riuscivano ad eleggere un papa, dopo 19 mesi di sede vacante la città rinchiuse letteralmente a chiave (clausi cum clave) i cardinali nel palazzo papale[11], li mise a pane e acqua e scoperchiò parte del tetto. Nonostante queste costrizioni, peraltro successivamente ridotte, i porporati impiegarono ben 1006 giorni per eleggere Gregorio X.

Con la Costituzione apostolica Ubi Periculum, promulgata proprio da Gregorio X, i cardinali dovevano riunirsi in un'area chiusa e non avevano diritto a stanze singole. Nessun cardinale doveva farsi assistere da più di un servitore, a meno che non fosse infermo. Il cibo doveva essere somministrato attraverso una finestra e dopo tre giorni i cardinali avrebbero ricevuto una sola portata per pasto; dopo cinque giorni avrebbero avuto soltanto pane, vino e acqua. Durante il conclave inoltre nessun cardinale poteva ricevere alcuna rendita ecclesiastica. Tutte queste restrizioni erano volte ad un'elezione che fosse celere in modo da non lasciare un periodo di sede vacante troppo lungo[12].

Le regole rigide di Gregorio X furono in seguito sospese nel 1276 da papa Adriano V,[13] ma papa Celestino V le ripristinò nel 1294,[13] dal momento che per la sua elezione erano stati necessari ben due anni, e papa Bonifacio VIII le inserì nel Codice di diritto canonico nel 1298. Nel 1562 papa Pio IV emise una bolla papale che introduceva nuovi regolamenti sulla segretezza del voto e altre norme procedurali. Quasi sempre tuttavia i conclavi si sono tenuti a Roma e, a partire dalla sua costruzione alla fine del XV secolo, si sono svolti nella Cappella Sistina in Vaticano.

Papa Gregorio X aveva 65 anni quando arrivò ad Arezzo, alcuni giorni prima del Natale 1275. Ritornava a Roma da Lione, dove aveva convocato e presieduto un Concilio Ecumenico. Da alcuni mesi soffriva di improvvise febbri debilitanti. Arrivò col suo seguito papale e fu ricevuto e ospitato nel nuovo palazzo vescovile di Arezzo, costruito dal vescovo Guglielmo degli Ubertini. Il 10 gennaio 1276 Gregorio morì nell'episcopio. Quindi in Arezzo, esattamente nella chiesa di San Domenico, fu celebrato il primo Conclave secondo le regole della Ubi Periculum nel gennaio 1276.

Dal 1621 i cardinali potevano eleggere il papa per "ispirazione" o "acclamazione" (accordo unanime per ispirazione dello Spirito Santo), per "compromesso" (affidando il compito a un ristretto manipolo scelto tra loro), o con "votazioni a schede" (la maggioranza prevista era di due terzi). La bruciatura delle schede che vengono usate, effettuata per conservare il segreto sugli schieramenti formatisi, ha dato, dal conclave del 1914,[14] la caratteristica fumata nera in caso di elezione mancata, mentre quando viene raggiunta la decisione sul nome del nuovo pontefice dà la famosa fumata bianca grazie all'aggiunta di sostanze chimiche.

Riassumendo:

  • Primi secoli della storia ecclesiastica: il pontefice è eletto dal clero romano o indicato dal predecessore. I vescovi suburbicari ratificano la scelta ed il popolo, per acclamazione, approva o meno il candidato.
  • Il canone XV del Concilio di Nicea I (325 d.C.) introduce il divieto per i diaconi, i presbiteri ed i vescovi, di trasferirsi da una diocesi ad un'altra. Ciò viene interpretato in modo da vietare ai vescovi e al clero non romano l'accesso al soglio pontificio. Quest'interpretazione fu spesso disattesa (ad esempio, con papa Formoso) e poi rigettata. Il canone fu, poi, formalmente e sostanzialmente, abolito.
  • Giustiniano (527-565) nel 557 (l'anno dopo l'elezione di Pelagio I) sottomette l'elezione del papa all'approvazione imperiale, senza la quale l'eletto non può essere consacrato. Rimarrà in vigore, anche se non confermata ufficialmente, fino al 731 (Gregorio III)[15]. Giustiniano II stabilisce che la richiesta di approvazione debba essere presenta all'esarca d'Italia, il plenipotenziario dell'imperatore nella penisola. L'Esarcato rimane in essere fino all'anno 751.
  • In seguito il papa fu eletto dal clero e dal popolo romano (cioè dalle famiglie aristocratiche) sotto il controllo del potere civile. La Constitutio romana (824) stabilì infatti che l'elezione papale avviene con il consenso dell'Imperatore del Sacro Romano Impero e alla presenza di suoi rappresentanti. Le prerogative imperiali furono riconfermate da Ottone I con il Privilegium promulgato a Roma (962).
  • Nicola II (1058-1061) fu l'ultimo pontefice ad essere nominato con il beneplacito del sovrano regnante. Dopo di lui l'elezione del papa fu riservata a un collegio di cardinali vescovi, che in quel periodo erano in numero di sette.[5]
  • Nel 1179 Alessandro III estese l'elezione a tutti i cardinali;[6] (Canone Licet de evitanda discordia del concilio Lateranense III) l'eletto doveva raccogliere i 2/3 dei voti.
  • Il Conclave venne di fatto istituito da papa Gregorio X che, di certo memore di quanto accaduto a Viterbo durante la sua elezione, promulgò la Costituzione apostolica Ubi Periculum nel corso del Concilio di Lione II (1274)[10]. In sintesi, si stabiliva che i cardinali elettori, ciascuno con un solo accompagnatore, dieci giorni dopo la morte del papa, si riunissero in una grande sala del palazzo ove risiedeva il papa defunto e fossero lì segregati; qualora dopo tre giorni non fosse avvenuta l'elezione, ai cardinali sarebbe stato ridotto il vitto ad una sola portata per pasto; dopo altri cinque giorni il vitto sarebbe stato ulteriormente ridotto a pane, vino ed acqua; inoltre, durante tutto il periodo della Sede vacante le rendite ecclesiastiche dei porporati erano trasferite nelle mani del Camerlengo, che le avrebbe poi messe a disposizione del nuovo papa.[12][16]
  • La Ubi Periculum venne sospesa da papa Adriano V nel 1276[13] su richiesta di alcuni cardinali e quindi addirittura revocata da papa Giovanni XXI nel settembre dello stesso anno, con la costituzione Licet felicis recordationis,[17] salvo essere ripristinata quasi completamente da papa Celestino V con la bolla Quia in futurum, del 28 settembre 1294[13] e successivamente inserita integralmente da papa Bonifacio VIII nel Codice di Diritto Canonico nel 1298.[18]
  • Nel 1492 viene celebrato il primo conclave nella Cappella Sistina (che porterà all'elezione di Alessandro VI), che da lì in avanti diviene sede principale per i conclavi. Nel 1878 (anno dell'elezione di Leone XIII) diviene sede fissa.
  • Gregorio XV (1621-1623) diede due rinnovate Costituzioni per l'elezione pontificia, in balia dei tre grandi stati cattolici di allora, Aeterni Patris e Decet Romanorum Pontificem, che ribadivano la clausura e la maggioranza dei due terzi; il voto doveva essere segreto.[19]
  • Le potenze cattoliche continuarono a intromettersi con il diritto di veto, che venne abolito da papa Pio X con la Costituzione Commissum Nobis del 20 gennaio 1904.[20]
  • Dal 1970, con il compimento dell'ottantesimo anno di età, i cardinali perdono il diritto di eleggere il Romano Pontefice e quindi anche il diritto di entrare in conclave (lettera apostolica di papa Paolo VI Ingravescentem Aetatem)

Lo svolgimento del conclave

Le procedure da seguire per lo svolgimento del conclave sono cambiate nel corso dei secoli: dall'assise del 2005 in poi sono regolate dalla costituzione apostolica Universi Dominici Gregis, promulgata da Giovanni Paolo II nel 1996 e parzialmente emendata dai suoi successori.

Arrivo dei cardinali elettori e loro sistemazione

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La Domus Sanctae Marthae, dal 2005 residenza dei cardinali elettori in tempo di conclave

Nei giorni precedenti l'inizio del conclave si svolgono le congregazioni generali, ovvero delle riunioni dei cardinali già presenti a Roma in cui si iniziano a definire i preparativi per il conclave, nonché a decidere la data dell’inizio dello stesso.

Spetta al cardinale decano convocare i cardinali elettori e invitarli a raggiungere la Città del Vaticano per il conclave imminente. Quando tutti i cardinali elettori hanno raggiunto Roma si provvede al loro alloggio: fino ai conclavi del 1978 venivano loro riservati dei dormitori posticci ricavati nei locali del Palazzo Apostolico, sovente angusti, poco confortevoli e privi dei più basilari servizi alla persona, quali ventilazione, acqua corrente e gabinetti privati.

Per risolvere gli inconvenienti che questo aspetto comportava, dal 2005 è prevista la sistemazione degli elettori nella Domus Sanctae Marthae, struttura costruita allo scopo negli anni ‘90.

La Missa pro eligendo Romano Pontifice e l’ingresso nella Cappella Sistina

Il giorno fissato per l'inizio dell'assemblea, tutti i cardinali si riuniscono nella basilica di San Pietro e vi celebrano la Missa pro eligendo Romano Pontifice, presieduta dal cardinale decano. Il pomeriggio stesso i cardinali elettori, in abito corale, si ritrovano presso la Cappella Paolina e, cantando le litanie dei santi e il Veni Creator Spiritus, si avviano in processione verso la Cappella Sistina, dove, nei giorni dell'interregno, si è proceduto a installare un pavimento di legno sopraelevato (in linea con il secondo gradino dell'altare) rispetto a quello effettivo, così da "distaccare" fisicamente i cardinali da ogni rapporto con il mondo esterno. Sopra di esso, nella zona corale, sono stati allestiti i banchi per la votazione; le finestre del tempio sono state sigillate e tutto l'ambiente è stato ripetutamente perquisito e bonificato da qualsiasi sistema di trasmissione sonora e visiva verso l'esterno[21]. Oltre la cancellata marmorea del presbiterio è stata montata la stufa nella quale verranno bruciati appunti e voti degli elettori per produrre i segnali di fumo previsti: una fumata nera per ogni avvenuta votazione in cui non verrà raggiunto il quorum previsto ed una fumata bianca[22] per la votazione in cui invece verrà eletto il nuovo pontefice.

Nel conclave del 2013, per garantire il "colore" delle fumate, alle carte e al combustibile (tipicamente paglia) sono stati addizionati dei fumogeni costituiti:

Il giuramento e l'extra omnes

Giunti nel coro della cappella, il cardinale decano (oppure nell'ordine seguente, il vice decano o il più anziano dei cardinali elettori secondo l'ordine cardinalizio consueto di precedenza, se uno o più dei precedenti sia assente o impedito o sia un cardinale non elettore) pronuncerà per tutti gli elettori il giuramento:

(LA)

«Nos omnes et singuli in hac electione Summi Pontificis versantes Cardinales electores promittimus, vovemus et iuramus inviolate et ad unguem Nos esse fideliter et diligenter observaturos omnia quae continentur in Constitutione Apostolica Summi Pontificis Ioannis Pauli II, quae a verbis « Universi Dominici Gregis » incipit, data die XXII mensis Februarii anno MCMXCVI. Item promittimus, vovemus et iuramus, quicumque nostrum, Deo sic disponente, Romanus Pontifex erit electus, eum munus Petrinum Pastoris Ecclesiae universae fideliter exsecuturum esse atque spiritualia et temporalia iura libertatemque Sanctae Sedis integre ac strenue asserere atque tueri numquam esse destiturum. Praecipue autem promittimus et iuramus Nos religiosissime et quoad cunctos, sive clericos sive laicos, secretum esse servaturos de iis omnibus, quae ad electionem Romani Pontificis quomodolibet pertinent, et de iis, quae in loco electionis aguntur, scrutinium directe vel indirecte respicientibus; neque idem secretum quoquo modo violaturos sive perdurante novi Pontificis electione, sive etiam post, nisi expressa facultas ab eodem Pontifice tributa sit, itemque nulli consensioni, dissensioni, aliique cuilibet intercessioni, quibus auctoritates saeculares cuiuslibet ordinis et gradus, vel quivis hominum coetus vel personae singulae voluerint sese Pontificis electioni immiscere, auxilium vel favorem praestaturos.»

(IT)

«Noi tutti e singoli Cardinali elettori presenti in questa elezione del Sommo Pontefice promettiamo, ci obblighiamo e giuriamo di osservare fedelmente e scrupolosamente tutte le prescrizioni contenute nella Costituzione apostolica del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, Universi Dominici Gregis, emanata il 22 febbraio 1996. Parimenti, promettiamo, ci obblighiamo e giuriamo che chiunque di noi, per divina disposizione, sia eletto Romano Pontefice, si impegnerà a svolgere fedelmente il munus Petrinum di Pastore della Chiesa universale e non mancherà di affermare e difendere strenuamente i diritti spirituali e temporali, nonché la libertà della Santa Sede. Soprattutto, promettiamo e giuriamo di osservare con la massima fedeltà e con tutti, sia chierici che laici, il segreto su tutto ciò che in qualsiasi modo riguarda l'elezione del Romano Pontefice e su ciò che avviene nel luogo dell'elezione, concernente direttamente o indirettamente lo scrutinio; di non violare in alcun modo questo segreto sia durante sia dopo l'elezione del nuovo Pontefice, a meno che non ne sia stata concessa esplicita autorizzazione dallo stesso Pontefice; di non prestare mai appoggio o favore a qualsiasi interferenza, opposizione o altra qualsiasi forma di intervento con cui autorità secolari di qualunque ordine e grado, o qualunque gruppo di persone o singoli volessero ingerirsi nell'elezione del Romano Pontefice.»

Poi ciascun cardinale si reca singolarmente all'Evangeliario e pronuncia l'ultima parte del giuramento:

(LA)

«Et ego N. Cardinalis N. spondeo, voveo ac iuro.»

(IT)

«Ed io N. Cardinale N. prometto, mi obbligo e giuro.»

Posta la mano sul Vangelo, prosegue:

(LA)

«Sic me Deus adiuvet et haec Sancta Dei Evangelia, quae manu mea tango.»

(IT)

«Così Dio mi aiuti e questi Santi Evangeli che tocco con la mia mano.»

Quando tutti i cardinali hanno pronunciato il giuramento, il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie pronuncia la formula:

(LA)

«Extra omnes.»

(IT)

«Fuori tutti.»

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Interno della Cappella Sistina

Questo ordine impone a tutti gli astanti che non siano lo stesso maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, l'ecclesiastico incaricato di tenere l'ultima meditazione e i cardinali elettori di uscire dalla Cappella Sistina. Usciti gli altri, il maestro chiude la porta di accesso a chiave. Subito dopo l’ecclesiastico conduce la sua meditazione riguardo ai problemi della Chiesa ed alle qualità che il nuovo eletto dovrà possedere. Dopo la sua meditazione, anche questi lascia la cappella insieme al maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie. Seguono le preghiere, dopo le quali il cardinale decano chiede se vi sono ancora dubbi relativi alle procedure. Dopo la chiarificazione degli eventuali dubbi, le operazioni di voto possono cominciare[24]. I cardinali arrivati dopo l'inizio del conclave sono comunque ammessi. Un cardinale che lascia il conclave può essere riammesso solo se si è assentato per malattia.

In passato i cardinali elettori potevano essere accompagnati da assistenti ("conclavisti"); le normative hanno successivamente disciplinato il punto, imponendo che gli unici accompagnatori presenti possono essere gli infermieri che seguono i cardinali che necessitano di assistenza per motivi di salute.[25]

Per assolvere alle incombenze dell'elezione, alcune figure esterne al conclave possono momentaneamente entrarvi: il segretario del collegio dei cardinali, il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, due cerimonieri, due religiosi addetti alla sacrestia pontificia e un ecclesiastico assistente del decano del collegio dei cardinali, tutti preventivamente approvati dal camerlengo di Santa Romana Chiesa e dai suoi tre cardinali assistenti pro tempore.[26] Il camerlengo e i tre cardinali assistenti pro tempore sono obbligati a vigilare che non venga mai violata la riservatezza, sia prima sia durante sia dopo le operazioni di voto e di spoglio. Per tutta la durata del conclave è imposta la più assoluta segretezza: ai cardinali, ai conclavisti e a tutto il personale presente è fatto divieto di rivelare in qualsiasi modo qualsiasi informazione anche minima in merito all'elezione, di conversare con persone fuori dal conclave o di comunicare con qualsiasi mezzo; agli elettori non sono inoltre permessi l'uso della televisione e la lettura di giornali. La violazione anche minima del segreto da parte del personale ammesso ad assolvere alle incombenze del conclave è un gravissimo reato, punibile con la scomunica latae sententiae. Ai cardinali inoltre è fatto ordine, graviter onerata ipsorum conscientia, di tenere segreta per sempre qualunque informazione riguardante il conclave, anche dopo che esso si è concluso.

Prendendo atto del fatto che il progresso tecnologico nel campo delle telecomunicazioni esponeva la segretezza del conclave a nuove possibili violazioni, la Universi Dominici Gregis ha vietato espressamente le intromissioni di giornali, radio e televisione. Il conclave del 2005 ha visto, in fase preparatoria, l'introduzione di sofisticate tecnologie per rilevare la presenza di dispositivi di intercettazione nei locali soggetti a clausura.

Sempre dal 2005, dovendo i cardinali essere trasferiti dalla Domus Sanctae Marthae alla Cappella Sistina per partecipare alle votazioni (e quindi essere riaccompagnati agli alloggi al termine delle sessioni), la costituzione gianpaolina ha introdotto provvedimenti volti a impedire qualsiasi tentativo di avvicinare gli elettori durante i tragitti.

Gli scrutini

Posto che la Universi Dominici Gregis abolisce le forme di elezione dette per acclamationem seu inspirationem (accordo unanime per ispirazione dello Spirito Santo) e per compromissum (i cardinali elettori affidano il compito dell'elezione del Papa a un comitato ristretto scelto fra gli stessi cardinali), precedentemente valide ma assai poco comuni, l'unica forma di elezione del Romano Pontefice ammessa è per scrutinium, cioè tramite il voto. Per la validità dell'elezione sono richiesti i due terzi dei suffragi, conteggiati sul numero degli elettori presenti. Nel caso in cui tale numero non sia divisibile per tre viene necessariamente immesso un voto in più.[27].

Agli scrutini si accede subito dopo la chiarificazione degli ultimi eventuali dubbi di voto. Nel caso in cui le elezioni inizino il pomeriggio del primo giorno di conclave, vi sarà un solo scrutinio. I giorni seguenti vi saranno due scrutini al mattino e due al pomeriggio, fino all'elezione del nuovo papa. Ogni scrutinio si divide in tre fasi:

  1. Antescrutinium;
  2. Scrutinium vere proprieque;
  3. Post-scrutinium.

Antescrutinium

Questa prima fase prevede che i cerimonieri preparino e distribuiscano due o tre schede a ciascun cardinale elettore; che l'ultimo cardinale diacono estragga a sorte, fra tutti i cardinali elettori, tre scrutatori, tre incaricati detti infirmarii che raccolgano i voti dei cardinali infermi presso la Domus Sanctae Marthae e tre revisori; che i cardinali elettori, durante le votazioni, rimangano soli. Subito dopo la distribuzione delle schede, prima che gli elettori scrivano sulla propria scheda, il segretario del collegio dei cardinali, il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie ed i cerimonieri escono. L'ultimo cardinale diacono chiude e apre la porta ogni volta si renda necessario (ad esempio quando gli infirmarii escono con una cassetta per raccogliere i voti dei cardinali infermi presso la Domus Sanctae Marthae, e poi ritornano).

A ciascun cardinale elettore viene consegnata una scheda di forma rettangolare con riportata la scritta Eligo in Summum Pontificem ("Eleggo a Sommo Pontefice"), sotto la quale ognuno deve scrivere con grafia non riconoscibile il nome di colui (tipicamente un cardinale) al quale intende dare il suo consenso per l'elezione a Romano Pontefice.

Scrutinium vere proprieque

Quindi un cardinale alla volta si reca, tenendo in mano la scheda piegata in due e ben visibile[28], presso l'altare della Sistina dove sono presenti i tre scrutatori e un'urna con un piatto appoggiatovi sopra. Arrivato dinanzi all'affresco del Giudizio Universale di Michelangelo, pronuncia il giuramento:

(LA)

«Testor Christum Dominum, qui me iudicaturus est, me eum eligere, quem secundum Deum iudico eligi debere.»

(IT)

«Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto.»

e, posta la scheda sul piatto, lo alza per lasciarla scivolare all'interno dell'urna; quindi tornerà al proprio posto.

Compiute le operazioni di voto, si procede alle operazioni di spoglio. Il primo scrutatore agita le schede nell'urna per mescolarle, mentre l'ultimo le conteggia una ad una ponendole in un'altra urna vuota, più piccola. Se il numero non corrispondesse al numero dei cardinali elettori le schede andrebbero bruciate subito, senza spoglio.

Il primo e il secondo scrutatore osservano e leggono in silenzio il nome scritto su ciascuna scheda, mentre l'ultimo lo pronuncia a voce alta, in modo che anche i cardinali elettori possano calcolare quanti voti ha ricevuto ciascun candidato. Ciascuno scrutatore riporta i voti in appositi fogli[29]. L'ultimo scrutatore legge le schede e contemporaneamente le fora dalla parte interna, dove si trova la parola "Eligo", per farvi passare un filo. Una volta finito lo spoglio, l'ultimo scrutatore fa un nodo ai due capi del filo e lo pone in un contenitore.

Post-scrutinium

Quest'ultima fase comprende il conteggio dei voti e il bruciamento delle schede nella stufa dopo il secondo scrutinio, eccetto che per il pomeriggio del primo giorno o in caso di avvenuta elezione già al primo scrutinio.

Gli scrutatori assommano i voti che ciascuno ha riportato. Sia che il quorum sia stato raggiunto sia in caso di esito negativo i revisori devono controllare tutte le schede e le annotazioni degli scrutatori per vigilare sul loro operato. Se il quorum non è stato raggiunto si procede immediatamente ad una nuova votazione, eccetto che per il primo giorno di conclave. Nel secondo scrutinio i cardinali ripetono le stesse operazioni, ma senza pronunciare di nuovo il giuramento o fare altre ripetizioni. Al termine della seconda votazione, e prima che i cardinali abbandonino la Sistina, le schede del secondo e del primo scrutinio vengono bruciate nella stufa dagli scrutatori (nel caso in cui nessun candidato sia stato eletto a pontefice, occorre fare in modo che si generi la fumata nera), dal segretario del collegio e dai cerimonieri, richiamati dall'ultimo cardinale diacono. Ogni cardinale ha l'obbligo di consegnare i propri appunti al camerlengo o ai cardinali assistenti, affinché anch'essi siano bruciati. È inoltre previsto che il camerlengo e i cardinali assistenti stilino una relazione sull'esito di ciascuna sessione di voto, da consegnare al futuro nuovo pontefice in una busta sigillata ed oggetto anch'essa di assoluta segretezza.[30]

Elezione e proclamazione del nuovo pontefice

Se un candidato riceve un numero di voti pari o superiore ai due terzi del numero totale dei votanti, l'elezione di tale candidato a pontefice è canonicamente valida. L'ultimo dell'ordine dei cardinali diaconi richiama il maestro delle celebrazioni liturgiche e il segretario del collegio cardinalizio. Il decano, il vice decano oppure il primo cardinale dei cardinali vescovi si rivolge all'eletto e gli domanda:

(LA)

«Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?»

(IT)

«Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?»

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Fumata bianca che indica che è stato eletto il pontefice.

e, alla risposta affermativa (l'espressione di accettazione non è formalizzata e rimane a discrezione dell'eletto), chiede:

(LA)

«Quo nomine vis vocari?»

(IT)

«Come vuoi essere chiamato?»

Il nuovo pontefice risponde:

(LA)

«Vocabor [...]»

(IT)

«Sarò chiamato [...]»

seguito dal nome pontificale e relativo numerale (che viene omesso nel caso il nome non abbia precedenti), entrambi al caso nominativo. Dopo l'accettazione si procede alla bruciatura delle schede, facendo in modo che dal comignolo visibile da piazza San Pietro esca la fumata bianca.

L'Ordo rituum conclavis prevede che, se l'eletto non è un vescovo, venga subito consacrato; lo stesso Ordo regola le procedure da seguire nel caso in cui l'eletto risieda fuori dal Conclave.[31]

Stanza delle lacrime

Dopo la sua proclamazione, il papa neoeletto si ritira nella "Stanza delle lacrime", ovvero nella sacrestia della Cappella Sistina, per indossare per la prima volta i paramenti papali (tipicamente l'abito corale e la stola), con i quali si presenterà in pubblico dalla Loggia delle benedizioni della basilica di San Pietro. Il nome di tale luogo deriva dal fatto che, si presume, in tale stanza il neo-pontefice scoppi in lacrime per l'emozione e per il peso della responsabilità del ruolo che è chiamato a svolgere.

Tradizionalmente nella sacrestia sono presenti paramenti papali di tre diverse misure, che possano approssimativamente adattarsi alla taglia del nuovo eletto. Famosa in proposito è la vicenda di Giovanni XXIII, pontefice piccolo di statura e dal fisico particolarmente robusto: per adattare alla sua persona gli abiti della taglia più ampia fu necessario tagliarli ampiamente e poi fermarli con spille da balia.

Preghiera per il nuovo Pontefice e ossequio dei cardinali

Dopo la vestizione con i paramenti papali, il neoeletto ritorna nella Cappella Sistina e siede alla cattedra. Il cardinale decano invita il nuovo papa, «eletto alla Cattedra di Pietro», a rileggere un passo del vangelo di Matteo[32], con il quale Cristo promise a Pietro e ai suoi successori il primato del ministero apostolico.

Dopo la lettura evangelica e la preghiera per il nuovo papa, i cardinali si accostano al nuovo Sommo Pontefice per prestargli l'atto di ossequio e di obbedienza. Viene infine intonato il canto del Te Deum.[33] A questo punto il conclave è ufficialmente terminato.

Annuncio dell'elezione

Lo stesso argomento in dettaglio: Habemus papam.

Spetta al cardinale protodiacono dare l'annuncio della nuova elezione, affacciandosi dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro e pronunciando l'Habemus papam; subito dopo, sulla stessa loggia, il nuovo pontefice, preceduto dalla croce astile, fa la sua prima apparizione pubblica e impartisce la solenne benedizione Urbi et Orbi.

Fino all'elezione di papa Giovanni Paolo II non era consuetudine che il nuovo pontefice parlasse alla folla riunita in piazza San Pietro prima della benedizione; già papa Giovanni Paolo I avrebbe voluto parlare alla piazza, ma il cerimoniere glielo negò, facendogli notare che ciò non era previsto dal cerimoniale e dalla tradizione.

La normativa vigente

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Scheda elettorale del Conclave.

Le modifiche più consistenti nella normativa per il conclave sono state effettuate da Paolo VI (costituzioni apostoliche Ingravescentem aetatem del 1970 e Romano Pontifici Eligendo del 1975), che ha escluso dal conclave i cardinali ultraottantenni e fissato in 120 il numero dei componenti del collegio elettorale.

Giovanni Paolo II, con la Universi Dominici Gregis del 1996, pur confermando le modalità essenziali in vigore, ha stabilito quale alloggio per i cardinali in clausura la Domus Sanctae Marthae, sempre in Vaticano, laddove in precedenza venivano adattate allo scopo diverse sale dei palazzi apostolici, spesso poco funzionali e confortevoli. Il trasferimento degli elettori dall'alloggio alla Sistina e viceversa viene effettuato su automezzi, ma chi lo desidera può anche compiere il percorso a piedi, fermo restando il divieto di interagire con persone esterne al conclave. Lo stesso Wojtyła ha inoltre proibito l'elezione per acclamazione e per compromesso (forme ormai comunque in disuso da alcuni secoli), recuperando infine il ruolo dei cardinali che hanno già compiuto ottant'anni: la loro funzione, però, è semplicemente spirituale. Partecipano, infatti, solo alle fasi preliminari dell'elezione e guidano le preghiere della Chiesa Universale.

Benedetto XVI, con il motu proprio De Aliquibus Mutationibus dell'11 giugno 2007 e con il motu proprio Normas Nonnullas del 22 febbraio 2013, ha apportato alcune modifiche alla costituzione del 1996: una di queste sancisce che la maggioranza dei voti per l'elezione del papa deve essere pari ai due terzi dei cardinali votanti per tutti gli scrutini. A partire dal 34º scrutinio (o 35º se si era votato anche il giorno di apertura del conclave) si deve procedere al ballottaggio tra i due nomi che nell'ultimo scrutinio hanno ottenuto la maggioranza dei voti: l'elezione avviene sempre con maggioranza di almeno i due terzi dei cardinali con voce attiva, dai quali vanno esclusi i due cardinali che sono al ballottaggio. Si è così rettificata la norma sancita da Giovanni Paolo II[34], ma già paventata da papa Paolo VI[35], che prevedeva una riduzione del quorum alla maggioranza assoluta a partire dal 34º o 35º scrutinio, previo esplicito consenso dei Cardinali elettori. Tale eventualità non si è comunque mai verificata, poiché il conclave del 2005 (l'unico celebrato secondo l'originaria costituzione gianpaolina) portò all'elezione del papa già al quarto scrutinio.

Elenco dei conclavi degli ultimi 150 anni

Lo stesso argomento in dettaglio: Lista delle elezioni papali.
Ulteriori informazioni Cardinali elettori, Cardinali in conclave ...
Conclave Cardinali
elettori
Cardinali
in conclave
Inizio del conclave Habemus Papam Scrutini Ritratto Nome secolare dell'eletto Nome pontificale dell'eletto Stemma
Conclave del 1878646119 febbraio 187820 febbraio 18783Vincenzo Gioacchino PecciLeone XIII
Conclave del 1903646231 luglio 19034 agosto 19037Giuseppe SartoPio X
Conclave del 1914655731 agosto 19143 settembre 191410Giacomo della ChiesaBenedetto XV
Conclave del 192260532 febbraio 19226 febbraio 192214Achille RattiPio XI
Conclave del 193962621º marzo 19392 marzo 19393Eugenio PacelliPio XII
Conclave del 1958535125 ottobre 195828 ottobre 195811Angelo Giuseppe RoncalliGiovanni XXIII
Conclave del 1963828019 giugno 196321 giugno 19636Giovanni Battista MontiniPaolo VI
Conclave dell'agosto 197811411125 agosto 197826 agosto 19784Albino LucianiGiovanni Paolo I
Conclave dell'ottobre 197811111114 ottobre 197816 ottobre 19788Karol WojtyłaGiovanni Paolo II
Conclave del 200511711518 aprile 200519 aprile 20054Joseph RatzingerBenedetto XVI
Conclave del 201311711512 marzo 201313 marzo 20135Jorge Mario BergoglioFrancesco
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Statistiche

Da papa Pio IX (1846) a papa Giovanni Paolo I (1978), tutti i papi eletti erano al loro primo conclave, essendo stati elevati alla porpora cardinalizia dal loro immediato predecessore.

Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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