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malattia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La colite linfocitica è un sottotipo di colite microscopica, una condizione caratterizzata da diarrea acquosa cronica non sanguinolenta.[1][2]
Colite linfocitica | |
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Micrografia di una colite linfocitica | |
Specialità | gastroenterologia |
Eziologia | incerta |
Sede colpita | intestino |
Classificazione e risorse esterne (EN) | |
MeSH | D046730 |
eMedicine | 180664 |
Nessuna causa specifica è stata indicata. Il picco di incidenza della colite linfocitica è nelle persone di età superiore ai 50 anni; la malattia colpisce allo stesso modo donne e uomini. Alcuni rapporti hanno implicato l'uso a lungo termine di FANS, inibitori della pompa protonica e inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina e altri farmaci. Associazioni con altri disturbi autoimmuni suggeriscono che si verificano risposte immunitarie iperattive.[3]
La colonscopia è normale, ma l'istologia della biopsia mucosa rivela un accumulo di linfociti nell'epitelio del colon e nel tessuto connettivo (lamina propria). La colite collagenosa condivide questa caratteristica, ma mostra anche un ispessimento caratteristico della tavola di collagene sottoepiteliale.[1][2]
Budesonide, nei preparati a rilascio del colon, ha dimostrato in studi randomizzati controllati di essere efficace nel trattamento di questo disturbo.[4][5] Aiuta a controllare i sintomi della diarrea e il trattamento viene solitamente somministrato per diverse settimane. A volte viene utilizzato per prevenire frequenti ricadute.
I farmaci antidiarroici da banco possono essere efficaci per alcune persone con colite linfocitica. Farmaci antinfiammatori, come salicilati, mesalazina e corticosteroidi sistemici possono essere prescritti per le persone che non rispondono ad altri trattamenti farmacologici. La prognosi a lungo termine per questa malattia è buona con una percentuale di persone che soffrono di ricadute che rispondono al trattamento.[1]
La colite linfocitica è stata descritta per la prima volta nel 1989.[6]
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