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chiesa di Pignola Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La Chiesa Matrice di Santa Maria Maggiore, comunemente nota come Chiesa Madre, è il principale luogo di culto cattolico del comune di Pignola, in Basilicata.
È una delle chiese più grandi e antiche della Basilicata: la prima pietra dell'edificio venne posta nel 1390.
Chiesa di Santa Maria Maggiore | |
---|---|
Stato | Italia |
Regione | Basilicata |
Località | Terra Vecchia (Pignola) |
Indirizzo | Via Vittorio Emanuele |
Coordinate | 40°34′34.62″N 15°47′15.67″E |
Religione | cattolica |
Titolare | Maria Santissima degli Angeli |
Ordine |
|
Diocesi | Diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo |
Consacrazione | XIII circa |
Fondatore | Congregazione Romana |
Architetto | Sconosciuto |
Stile architettonico | Architettura romanica |
Completamento | XIII circa |
Demolizione | Demolita in parte nel 1980 con il terremoto dell'Irpinia. |
Sito web | www.parrocchiadipignola.com |
La prima struttura risale al XIII secolo. Nel 1390 il lapicida Trifoggio da Stigliano terminò il campanile.[1]
La chiesa sorge nella parte più alta del paese, nel borgo detto "Terra Vecchia", dove si insediarono i primi abitanti provenienti da Castelglorioso, una località poco distante da Pignola, oggi chiamata Arioso; è affiancata da un maestoso campanile a base quadrata con cinque piani di apertura.
Il terremoto del 1561 danneggiò seriamente la chiesa: la torre campanaria pericolante costituiva un serio pericolo per gli abitanti. Tre anni dopo i danni furono riparati, grazie all’intervento della Congregazione Romana. Nei secoli la chiesa è stata continuamente minacciata da eventi naturali di diverso tipo, non solo terremoti, ma anche fulmini. Nel 1701 e poi nel 1752 fu danneggiata da "potenti folgori cadute dal cielo" che provocarono il crollo di parte del campanile.
Anche nel 1857 una violenta scossa tellurica colpì la Basilicata e provocò gravi danni alla chiesa e al suo campanile che vide in quel momento l’abbattimento della cuspide che lo sovrastava.
Il terremoto del 23 novembre 1980 danneggiò seriamente l’edificio, che rimase chiuso per dieci anni fino alla riapertura al culto avvenuta nel 1990.[1]
Alla chiesa, che si articola su due ordini sovrapposti, si accede da una scalinata ampia attraverso due diversi portali: uno centrale sulla facciata principale e l’altro sul lato destro della chiesa. Entrambi i portali sono decorati e recano al di sopra dei cartigli con iscrizioni contenenti la data del 1784, anno in cui terminarono i lavori di riedificazione dell’edificio.
La pianta è a croce latina, con otto cappelle laterali, presbiterio e coro, con transetto destro caratterizzato da tre altari e con transetto sinistro appena accennato.[2] La navata misura 55 per 27metri. L’ambiente risulta luminoso e proporzionato: i colori prevalenti sono il grigio e l’ocra sulle pareti su cui si appoggiano semicolonne dipinte ad imitazione del marmo. Il pavimento è in marmo bianco con fasce dipinte. La cupola, poggiata su quattro pilastri, è decorata ai quattro angoli con immagini raffiguranti gli Evangelisti. Sulla volta a botte, tra rosoni e ghirlande dorate, sono rappresentati in stucco dipinto: Il sacrificio di Abramo, la Creazione, Il Figliol prodigo, Sant'Emidio, protettore dei terremoti e Sant'Ireneo, protettore della pace.
Il transetto termina a destra con un cappellone dedicato alla Madonna del Carmine, dove ci sono tre altari in marmo policromo. Su quello centrale è posta un’urna lignea contenente le ossa di San Felice. L’altare di destra è dedicato a Santo Stefano e quello di sinistra a San Giuseppe. Al di sopra dell’altare centrale è posta una tela raffigurante la Madonna del Carmelo e le anime purganti. Ai lati della tela due nicchie contenenti due statue: una raffigurante l’Arcangelo Michele che calpesta il maligno, l’altra l’Arcangelo Raffaele che volge lo sguardo verso Tobiolo seduto ai suoi piedi e gli indica il cielo. Sopra gli altari laterali altre due tele: a sinistra la Crocifissione con San Giuseppe piangente e San Carlo Borromeo, a destra una Madonna con Bambino e Santi.
Il pulpito, addossato al pilastro sinistro della cupola, è realizzato in legno policromo e si compone di una scala rettilinea con una balaustra intagliata e di un podio con una balaustra decorata da lesene e pannelli marmorizzati.[3]
Il presbiterio sopraelevato è circoscritto da una balaustra di marmo. Al centro l’altare maggiore sopraelevato a sua volta e staccato dalla parete di fondo. Fu realizzato nel 1795 ed esprime un carattere barocco, con girali vegetali, vasi di fiori e altri ornati resi con marmi di vario colore.
Il tabernacolo è ornato con volute e teste di putti. L'altare delimita la zona retrostante del coro, isolandolo dal presbiterio. A ridosso dell'altare maggiore nel 1954 venne eretto il trono per la Madonna, una robusta nicchia in marmo di Carrara che ospita la statua nei mesi da Maggio a Settembre.
Il coro risale al XIX secolo. Fu costruito nel 1805 da maestranze artigiane di Pignola residenti a Grassano. È caratterizzato da un gusto sobrio e classicheggiante e segue l’andamento curvilineo della parete absidale a cui si appoggia ed è composto da due file di seggi.[4]
La chiesa conta sette cappelle, ognuna dedicata ad un santo differente. Queste le cappelle presenti nella chiesa:
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