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architetto italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Cecilio Arpesani (Casale Monferrato, 1853 – Milano, 1924) è stato un architetto italiano, esponente del movimento architettonico dell'eclettismo e dello stile lombardo.
Nato da una famiglia di antiche tradizioni liberali piemontese trapiantata a Milano e che aveva vincoli di sangue con i De Agostini,[1] dopo avere frequentata l'Università di Pavia si iscrive alla Scuola Speciale di Architettura presso il Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano (successivamente Politecnico) dove ottiene la laurea in ingegneria e architettura nel 1875. Terminato il periodo di praticantato presso lo studio del cugino Ercole, si dà all'attività professionale aprendo uno studio con il fratello Camillo; l'Arpesani tesse relazioni strette con la Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo, successivamente confluite nelle Ferrovie dello Stato, e progetta in Toscana la linea ferroviaria Poggibonsi-Colle Val d'Elsa (1884-1885).[2] Ancora in Toscana progetta a Marina di Pisa la villa dello zio Marcello Galli Dunn, ricco antiquario fiorentino, e la Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice di Marina (1912) in stile romanico-pisano.[3]
A Samarate, in provincia di Varese, nel 1898 progetta la Villa Ricci al Montevecchio per il ricco imprenditore locale Carlo Ricci[4] Contemporaneamente si occupa di curare l'amministrazione dei fondi del nobile lombardo Rodolfo Sessa per il quale realizza in stile eclettico fra il 1890 e il 1894 la villa di Cremella (oggi Villa del Bono)[5] e la palazzina di città di via Ariosto, 1 a Milano fra il 1900 e il 1906[6]; del 1897 è l'inizio della costruzione del Palazzo Gonzaga di Vescovado di via Carducci per conto dei principi Gonzaga, marchesi di Vescovado. Contemporaneamente l'Arpesani si dedica alla progettazione di chiese, istituti religiosi e scuole: in particolare vanno ricordati la Basilica di Sant'Agostino di via Copernico (1900-1926), la chiesa di Santa Maria di Caravaggio (1906-1911), la chiesa di Santa Croce (1913-1917), la sede dell'Istituto delle Marcelline di piazza Tommaseo a Milano (1906), la chiesa di Legnanello (1901-1905) e l'asilo Ratti Welcker a Trenno (1903-1908).
Parallelamente alla sua attività di progettista di nuovi edifici, l'Arpesani si dedica all'attività di restauro di antichi edifici fra i quali la cripta dell'Abbazia di San Colombano di Bobbio (1910), con la scoperta ed il restauro dell'antico pavimento a mosaico del XII secolo, il Duomo di Crema (1911-1915), di Cremona (1915-1921) e le chiese di Melegnano e di Ponte Vecchio presso Magenta (1922-23).[7]
Partecipò lungamente alla Commissione igienico-edilizia del Comune di Milano fra il 1910 e il 1920, diede impulso alla Scuola professionale di Monza e fu socio onorario dell'Accademia di Belle Arti di Milano dal 1895; nel 1912 fu, insieme al Boito, al Moretti e altri, membro della giuria che dovette giudicare i progetti del secondo concorso per la facciata della nuova costruenda Stazione Centrale di Milano.[8] Fu padre di Giustino Arpesani (1896-1980), avvocato, diplomatico e politico.
L'archivio dell'architetto Cecilio Arpesani[9], non disponibile al pubblico, comprende copialettere, opuscoli e periodici, progetti di architettura e restauro, progetti di decorazione e mobilio, fotografie d'epoca, una trentina di lastre fotografiche originali, acquerelli, schizzi, bozzetti e disegni vari, nonché studi e disegni per maniglie e impugnature di chiavi. Copialettere (1885-1924): 28 volumi composti da circa 400 pagine cadauno (manca il volume corrispondente al 1888) che raccolgono una o più annate ciascuno. Progetti (1875-1923): 44 progetti di architettura e restauro riguardanti case, ville, edicole, chiese, santuari, istituti religiosi, asili; 1 progetto di tratta ferroviaria in collaborazione; 2 progetti di decorazione e mobilio. Opuscoli-periodici[9].
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