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Il carnevale di Bagolino per il suo folklore tipico, conservatosi tale in virtù della posizione isolata del paese, ha acquisito notorietà crescente, attirando anche l'attenzione di studiosi di etnologia. La festa si articola in due manifestazioni distinte, animate rispettivamente dalle eleganti figure dei Bälärì (ballerini e suonatori) e dalle figure grottesche dei Màscär (maschere).
Carnevale di Bagolino | |
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Ballerini con i tipici costumi | |
Periodo | lunedì ed il martedì di carnevale |
Celebrata in | Bagolino |
Oggetto della ricorrenza | esibizioni in costume |
Data d'istituzione | XVI secolo |
Altri nomi | Carnevale Bagosso |
Il carnevale di Bagolino (o carnevale Bagosso) risale almeno al XVI secolo, come documentato da scritti conservati nell'archivio comunale. Una deliberazione comunale del 1518 disponeva di ricompensare con una forma di formaggio la Compagnia di Laveno che era intervenuta a rallegrare la festa di carnevale.
La tradizione dei Balarì, che si esibiscono esclusivamente il lunedì ed il martedì di carnevale, rappresenta l'aspetto più spettacolare del Carnevale Bagosso; essa si è imposta alla attenzione degli studi etnografici per la originalità delle musiche e per la elegante complessità delle danze che vengono eseguite nelle strade e nelle piazze del paese. Leggiamo in uno studio dedicato a tale tradizione folklorica:
«[Le musiche e le danze costituiscono] un fenomeno unico in Italia e con pochi equivalenti in tutta Europa e fornisce un esempio impressionante del livello di complessità cui può giungere una civiltà musicale popolare...»
Il violino è lo strumento che detta la melodia conduttrice dei vari brani che compongono l'ampio repertorio musicale che accompagna i balli. Molto caratteristici sono i costumi dei ballerini, a cominciare dal cappello in feltro interamente ricoperto da un lungo nastro rosso sapientemente ripiegato, ornato di ricami, di monili e di fettucce multicolori che formano un grande fiocco. Sulla fettuccia rossa sono cuciti accuratamente monili d'oro (catene, spille, orecchini, anelli etc...) di famiglia o presi in prestito. Per questo motivo, i "balarì" non si sibiscono all'aperto in caso di pioggia. Il filo bagnato, sollecitato dai salti e dai movimenti dei ballerini, rischierebbe di cedere, con grave rischio di perdere l'oro prestato. Il volto è nascosto da una maschera priva di espressione di color avorio, un tempo di tela e spalmata all'interno di cera (perché il sudore del ballerino non la bagnasse). Formano inoltre il costume un'ampia fascia di seta, posta a tracolla sulla spalla sinistra, che reca sontuosi ricami di fiori, passamanerie o inserti di pizzo all'uncinetto. Essa scende sul vestito scuro, con giacca e pantaloni alle ginocchia; sulle spalle è posto un grande scialle a frange che cade lungo la schiena e viene fissato sotto le spalline (questo particolare è apparso dopo il 1915). Completano il costume i guanti bianchi, le calze (anch'esse bianche, lavorate a mano con i 4 ferri, con motivi tutti differenti di trafori, nocciole, trecce e fermate al polpaccio da una passamaneria tessuta al telaio in loco) e le scarpe nere.
La tradizione delle maschere ha carattere più popolano, riferendosi alla tradizione della burla carnevalesca consumata sempre mantenendo incognita la propria identità[1]. I personaggi si muovono disordinatamente tra la folla, con maschere grottesche o paurose e zoccoli di legno che producono frastuono sul selciato delle vie; prendono di mira le persone che vogliono canzonare toccandole nei genitali, usanza che ricorda antichi rituali di fertilità. Indossano i costumi, sia maschili che femminili, tipici della tradizione bagossa: di solito si muovono in coppia travestiti da vecio e vecia. A nascondere la identità dei Maschér deve contribuire anche la goffa postura, la camminata strascicata e l'uso di una voce in falsetto.
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