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Il carboncino è un materiale molto tenero che si prepara carbonizzando pezzi di legno (essenzialmente fusaggine[1], ma anche vite, salice ed altri legni[2]). L'uso di questa tecnica era in atto già nella preistoria[1], come ad esempio nella Grotta di Altamira. Attualmente il carboncino ha varie forme, dalla matita ai gessetti e ai bastoncini[1].
L'impiego del carboncino è rinvenibile fin dalle prime pitture rupestri, dove ai graffiti realizzati con selce si aggiungevano tracce di strofinamento di tizzoni carbonizzati[3]. Le prime documentazioni storiche risalgono invece alla fine del I millennio dopo Cristo, quando la tecnica dell'affresco si diffuse in Europa, e con essa la pratica di utilizzare in alcuni casi il carboncino per realizzare l'abbozzo, in alternativa alla sinopia. Solo in seguito il carboncino assunse una dignità artistica autonoma, grazie a una materia povera che permetteva comunque di riprodurre una buona varietà di gamme nere e grigie, morbide e sgranate. I lavori eseguiti con questa tecnica necessitano un fissaggio finale; a tale scopo si usano soluzioni acquose di gomma arabica o alcoliche, stese mediante apparecchi a spruzzo, mai a pennello[4][5].
I diversi gradi di durezza del carboncino sono dovuti alla durata complessiva della carbonizzazione. Il carboncino naturale lascia un tratto grigio-nero e si trova in commercio in diversi tagli. Sono usati dagli artisti per disegni di grandi dimensioni e sono preferibili perché non lasciano un tratto sottile che inviterebbe l'artista a dedicarsi prima del dovuto ai particolari. Il carboncino viene anche usato nella tecnica dello spolvero[6].
Composto da antracite e colla di farina modellate sotto pressione fino ad ottenere un bastoncino lungo mediamente 12 cm, il carboncino compresso è molto fragile. Lascia un segno nero, molto profondo e regolare, ma a differenza del carboncino naturale non offre una così ampia gamma di sfumature. Esso è usato soprattutto per i disegni grafici, molto tecnici e regolari[7].
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