organo legislativo del Regno di Sardegna Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La Camera dei deputati, nel Regno di Sardegna, era la camera legislativa che, insieme al Senato Subalpino, formava il Parlamento del Regno di Sardegna.
Camera dei deputati | |
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Stato | Regno di Sardegna |
Tipo | Camera bassa del Parlamento del Regno di Sardegna |
Istituito | 4 marzo 1848 |
Operativo dal | 8 maggio 1848 |
Soppresso | 17 marzo 1861 |
Successore | Camera dei deputati del Regno d'Italia |
Numero di membri | 204 |
Sede | Torino |
Indirizzo | Palazzo Carignano, Piazza Carlo Alberto |
Lo Statuto Albertino, che trasformava la monarchia sabauda da assoluta a costituzionale, istituiva con l'art. 3 il Senato (di nomina regia) e la Camera dei deputati (elettiva):
«Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: il Senato e quella dei deputati»
Negli artt. dal 39 al 47 le norme che regolavano la Camera:
«...
...»
Negli artt. dal 48 al 64 le norme comuni con il Senato:
«...
...»
Le elezioni per la Camera dei deputati si effettuavano a scrutinio uninominale a doppio turno, a suffragio ristretto secondo la legge n. 680 del 17 marzo 1848 (e successive modifiche). Questo sistema elettorale portava al voto circa il 2,00% della popolazione residente. Il Regno era diviso in collegi e per ogni collegio veniva eletto un solo deputato. Il numero dei membri della Camera (e quindi dei collegi elettorali), tra il 1848 e il 1861, varierà più volte visto che la legge elettorale prevedeva un numero di deputati variabile in base alla popolazione. Le varie annessioni che porteranno all'unità d'Italia modificheranno anche il numero degli scranni: dai 204 dell'8 maggio 1848 ai 443 del 18 febbraio 1861.
Le legislature del Regno di Sardegna furono sette. L'VIII, è riconosciuta dagli storici come la prima del Regno d'Italia anche se fu aperta ufficialmente il 18 febbraio 1861, un mese prima della proclamazione del 17 marzo.
Il bicameralismo, previsto perfetto, si sviluppò in realtà come "zoppo", con prevalenza politica della camera bassa. I progetti di legge potevano essere promossi dai ministri, dal governo, dai parlamentari, oltre che dal Re. Per diventare legge dovevano essere approvati nello stesso testo da entrambe le Camere, senza ordine di precedenza (a parte quelle tributarie e di bilancio che dovevano passare prima per la Camera dei deputati) e dovevano essere munite di sanzione regia. Le due Camere ed il Re rappresentavano perciò per lo Statuto i “tre poteri legislativi”: bastava che uno di essi fosse contrario e per quella sessione il progetto non poteva più essere riprodotto. L'art. 9 dello Statuto prevedeva l'istituto della proroga delle sessioni.
Se Carlo Alberto con lo Statuto istituiva una monarchia costituzionale pura, nella quale, cioè, il Governo era nominato dal Re e rispondeva solo a lui, con Cavour il Governo fu indotto a cercare il sostegno politico della Camera dei deputati. Tale processo evolutivo segnò il passaggio ad una monarchia costituzionale di tipo parlamentare, fondata sull'istituto della fiducia. Il delicato gioco di equilibri tra il Re, il Governo e il Parlamento dette luogo anche a episodi di forte contrasto tra la Camera e il Senato, visto che quest'ultimo assunse un ruolo decisamente conservatore, in difesa delle prerogative reali[1].
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